Cava de’ Tirreni: l’identità perduta

Aldo Bianchini

Da anni la comunità di Cava de’ Tirreni non trova più la pace politica

All’indomani della fumata grigia fuoriuscita dal “conclave” di Marco Galdi e soprattutto dopo il clamoroso strappo di Giovanni Del Vecchio che fino a qualche mese fa appariva come uno degli uomini più fedeli al presidente Cirielli, qualche riflessione (anche se solo di carattere giornalistico) mi pare doveroso dover fare nei confronti dei lettori che, numerosi, incominciano a seguire questo quotidiano online anche da Cava de’ Tirreni. Va subito detto che i tempi del mitico professor Eugenio Abbro appaiono lontanissimi; in questi ultimi anni Cava de’ Tirreni ha perso anche il suo appellativo più famoso di “piccola Svizzera” costruito ad arte ed appiccicatole addosso dal sempre mai sufficientemente compianto professore. Sembrano anche molto lontani i tempi delle due consiliature di centro-sinistra guidate da Raffaele Fiorillo con sufficiente padronanza gestionale nonostante le prime insidie e le prime trappole ordite dal suo stesso partito. Poi è arrivato il centro-destra dell’avvocato Alfredo Messina, profondo conoscitore della macchina comunale, letteralmente trascinato sulla sedia di primo cittadino da una campagna mediatica ottimamente organizzata dall’onnipresente Pasquale Petrillo che da un lato lanciava il conoscitore del comune e dall’altro faceva sprofondare nel baratro quello che rimaneva della gestione Fiorillo. Sembrava a quel punto che Cava de’ Tirreni potesse continuare la sua crescita amministrativa e politica ridando risalto e slancio alle attività ed alle iniziative che l’avevano fatta conoscere nell’intero Paese come cittadina modello. Ed invece proprio da quel carro armato Messina-Petrillo è cominciata, forse, la decadenza di tutti i valori di cui i cavesi andavano fieri negli ultimi decenni. Con la caduta in rapida successione di Pasquale Petrillo prima e di Alfredo Messina poi è come se la città di Cava de’ Tirreni avesse perso la sua identità politica, economica, sociale ed amministrativa. L’avvento sulla poltrona di sindaco del professor Luigi Gravagnuolo (pro console di Vincenzo De Luca e profondo conoscitore della macchina mediatica) sembrava dover dare alla cittadina metelliana quella stabilità bruscamente perduta. Ma anche in questo caso tutte le previsioni sono saltate e sono ritornate di grande attualità le micidiali lotte intestine fino al punto di costringere Gravagnuolo alle dimissioni ed alla sconfitta elettorale del 2010. Il centro-destra si mostrava nuovamente compatto (anche se sulla stessa scelta di Galdi ci fu una prima spaccatura e poi l’imposizione di Cirielli) e l’elettore medio decise di ridargli quella fiducia bruscamente sottratta a causa delle faide interne promuovendo con largo consenso Marco Galdi. Macchè, neppure l’elezione di Giovanni Baldi al consiglio regionale e la definitiva estromissione di Alfredo Messina da qualsiasi ganglo del cosiddetto partito sono serviti alla completa pacificazione. Gli attriti interni sono subito riemersi e senza fare nomi è sotto gli occhi di tutti la reciproca intollerante presenza in giunta, nelle commissioni e nelle società miste tra gli assessori, i consiglieri delegati e i presidenti. E piano piano le faide intestine hanno raggiunto un pericoloso livello di intolleranza fino a scoppiare pubblicamente. La cogestione, insomma, ha dimostrato la sua incapacità di governo e il decisionismo verticistico ha fatto il resto. E’ scoppiato anche l’avvocato Giovanni Del Vecchio che, probabilmente, è caduto in qualche provocazione e subito i suoi “amici” non hanno perso neanche un secondo per crocifiggerlo e dichiararlo “fuori dalla maggioranza”. Il conclave voluto dal sindaco Galdi ha prodotto soltanto una fumata grigia, nel segno che ormai nessuno ha più paura dell’altro e che lo sfascio generale si fa sempre più vicino. E’ triste ma è cosi, Cava de’ Tirreni stenta a ritrovare la sua antica identità e si spacca sempre di più dilaniata da antichi rancori e da recenti vendette. Quell’unità che il centro-destra sembrava aver recuperato dopo la cacciata di Messina forse è stata definitivamente persa dallo stesso centro-destra che non ha avuto il coraggio di recuperare alla causa comune colui il quale conosce più di tutti la macchina comunale: Alfredo Messina.

One thought on “Cava de’ Tirreni: l’identità perduta

  1. diciamolo una volta per tutte:è soltanto l’icapacità del centrodestra, che non è un partito e quindi impossibilitato ad evolversi ed a far crescere persone ce non siano se stesse o affiliati. Comunque complimenti per la testata e spero che non venga anche questa infestata da soloni e profeti.Ad maiora.

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