La buona stampa

S.P.

Hanno liberato i giornalisti rapiti in Libia e questo ci ha confortato tutti; ma non so quanto abbia fatto riflettere le persone di come sia serio il mestiere del giornalista. Quelli rapiti in Libia che hanno visto ammazzare l’autista sotto i loro occhi, non dimenticheranno facilmente questa esperienza come non la dimenticò un caro amico quando fu inviato speciale per la strage del treno “Italicus”. Quei cadaveri spappolati gli rimasero negli occhi tanto che ne parlava sempre. Molti anche dopo certe esperienze, continuano a partire a provare sempre una paura maggiore. Altri desistono, una rinuncia forzata, dipende dal carattere delle persone. Resta certo che non è un mestiere facile e non è un mestiere per sognatori che si ritagliano illusioni professionali inaudite. Questo è il mestiere della “Conoscenza”, del saper ascoltare ed indagare, è il mestiere che comporta studio e ricerca. Quante telefonate, quanti rapporti sociali, quante ricerche e per favore non in internet, enciclopedia utile che mi ricorda i nipotini del Paperino e il loro: “manuale delle giovani marmotte.”! Parlo di stampa seria, di quelli che vogliono almeno esprimersi in maniera chiara e dignitosa, non dei profani che se pubblicati offendono i lettori. Allora manifesto la mia solidarietà per la gente che ancora una volta, come i nostri quattro in Libia, hanno saputo rischiare e dare lustro a questa tanto amata e, da molti, invidiata professione.

 

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