Super-INPS: un’altra grande boutade

Questo Governo, ormai alla frutta, non finisce più di stupire e ne inventa una al giorno

Aldo Bianchini

L’idea di creare un mega ente previdenziale, da denominare SuperInps, mi sembra davvero la più grande boutade di queste ultimi anni. Quella del Governo Berlusconi è l’ultima in ordine di tempo ed è perfettamente in linea con il nostro essere italiani e con la nostra risorsa più importante: le chiacchiere da marciapiedi. Ovviamente il problema di riunire in un solo Ente tutta la miriade di grandi, medi e piccoli enti e istituti o fondazioni, è un problema che ci accompagna fin dalla proclamazione della repubblica. Ci tengo a riferire un dato sui tanti disponibili. Io, vincitore di concorso pubblico, entrai all’INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) il 12 settembre del 1964. Una delle prime cose che appresi nelle riunioni del sindacato fu che il Governo dell’epoca stava studiando per riunire medi e piccoli enti in un unico “super ente” per l’assicurazione infortuni (Inail), per il versamento dei contributi lavorativo-pensionistici (Inps), per la prevenzione infortuni (Enpi), per l’assicurazione della malattie (Inam), per le malattie dei parastatali (Enpdep), e tanti altri ancora. Non passava occasione sindacale per non discuterne, anche la stampa si interessava al progetto almeno settimanalmente. Passarono gli anni e all’inizio del 1972 sotto il governo Andreotti/I sembrò che il progetto dovesse davvero decollare. Fu costituita una “commissione bicamerale del lavoro e previdenza sociale” per lo studio di fattibilità dell’unificazione. In detta commissione entrò il neo senatore salernitano, Aniello Giuliano, eletto nel collegio del Cilento nelle liste del PSDI. Giuliano aveva tutti i titoli in quanto era, fino al momento della sua elezione in Senato, direttore dell’Inail di Salerno. Sembrava, quindi, l’uomo giusto al posto giusto. Cadde il governo Andreotti e gli subentrò il governo Rumor/IV con ministro del lavoro (se non vado errato) un certo Bertoldo (PSI), sindacalista di lungo corso. Il senatore Giuliano cercava in commissione di affermare le proprie tesi, certamente tecniche, su come i vari enti dovevano essere accorpati. Un giorno, mentre stava in albergo a Roma, venne raggiunto da un individuo che si qualificò come “segretario del ministro”. Gli suggerì di attutire i toni delle sue tesi in commissione, tanto le decisioni venivano prese altrove. Il senatore Giuliano non raccolse il suggerimento e, poco dopo, venne escluso dalla commissione. Fine. Ho raccontato questo episodio inedito per significare come vanno le cose in questo Paese, da sempre. La commissione durò ancora per poco e poi fu soppressa. Bisognerà aspettare la  legge 833 del 1978 (prima riforma sanitaria) per chiudere soltanto l’Inam e l’Enpi ed accorparli nel carrozzone della sanità pubblica. Spuntarono dal nulla, però, subito la Sezione Prevenzione USL (poi Asl) e l’Ispesl. Insomma ne soppressero due ma ne fecero nascere tre. Un po’ come quando soppressero il Ministero dell’Agricoltura per sostituirlo con le Politiche Agricole. A mia memoria, quindi, questo Paese si dibatte se unificare alcuni enti almeno da ben 47 anni senza riuscire a cavare un ragno dal buco. Anzi le cose si sono sempre più complicate perché per tutti noi è più facile creare che abolire. Pensate a quello che è successo per i Piccoli Comuni e per tutte le iniziative che tendono a riformare qualcosa. Il nostro, purtroppo, è un Paese che non può essere riformato democraticamente, non ci sono più i presupposti. Meglio dunque non toccare nulla e sperare nella buona sorte che ci ha assistito in questi ultimi sessant’anni. Qui non si riesce nemmeno a spostare di ruolo o di sede uno qualsiasi dei dirigenti pubblici, figurarsi se qualcuno decide di abolire addirittura gli Enti. Per il momento meglio accontentarci di quello che abbiamo.

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