SIAMO TUTTI BLACK BLOC!

di Michele Ingenito

Non è una provocazione. E’ la verità. Se il Grande Fratello entrasse nelle case degli oltre sessanta milioni di italiani ascolterebbe, eccome, le conversazioni tra coniugi e/o figli e/o congiunti in genere, i quali scagliano quotidianamente le peggiori invettive contro il sistema economico-finanziario (e anche politico) che ha prodotto la crisi. Con tanto di dettagli di operazioni al massacro, sfascio di banche, negozi e vetrine, così come delle peggiori violenze anche fisiche da infliggere ai presunti responsabili di tale disastro nazionale ed internazionale. I problemi, però, sono due, tra i tanti molto più meticolosamente ed appropriatamente analizzati e descritti in questi giorni dalla stampa mondiale. Il primo, ahimé, è che il Grande Fratello questa visita ce la rende tutti i giorni della nostra esistenza. Chi più di lui, infatti, conosce i turbamenti, le sofferenze, i problemi delle tante, tantissime “famiglie Alessandrini” a nove figli (RAI-1 Mattina di stamane) e, se meno, la musica non cambia certo. Se tutti coloro che vivono oggi il dramma della seconda settimana del mese si incatenassero in Piazza Montecitorio (come gli Alessandrini il 22 settembre scorso), la coda sarebbe molto, ma molto più lunga di quell’aspirante assistente ginecologo londinese preposto a denudare le pazienti prima della visita vera e propria e invitato per questo a mettersi in fila. Recandosi a Manchester! Nel caso specifico l’Italia è già accerchiata da mille girotondi di essere umani in attesa di sfasciare molto di più rispetto ai Black Bloc romani dei giorni scorsi.  Ma, ed è questo il secondo problema, diversamente dai protagonisti degli sfasci romani, la classe media e proletaria italiana circoscrive tra le pareti domestiche le proprie reazioni: ‘violente’, ‘distruttive’, ‘liquidatori’ in blocco del potere e dei suoi simboli. Tutti destinati al rogo, magari. Ma nelle invettive, per quanto colorite esse siano. E, comunque, non oltre. I loro rappresentanti civili, quelli che sono sfilati nel rispetto delle regole, hanno ben rappresentato il forte dissenso generale e sociale per un cambiamento radicale del sistema del capitale, delle sue regole e dei suoi limiti. Torna, così, alla ribalta il sogno di un socialismo umano del capitale, di tipo owenita magari, ma certamente non marxista come alcuni testardi ancora vorrebbero, nonostante il fallimento su piazza decretato dalla storia. L’eco delle dittature, purtroppo, riecheggia spaventosamente nei nostri giorni. Dittature diverse, ma prepotenti e dominanti esattamente come quelle che, sul piano ideologico, le hanno precedute nel secolo scorso. Oggi sono le dittature del profitto a dominare la scena mondiale. Dittature avallate, purtroppo, dai portavoce ufficiali di quei mercati del profitto a favore dei quali gli stati sovrani dovrebbero adeguare le proprie strategie e misure economiche.

Se, allora, il debito non viene pagato dall’Europa dei mercati, chi lo farà? Anzi, chi deve farlo? Il popolo, la gente comune, gli operai, i lavoratori, i pensionati, i senza lavoro? E già! E’ quello che dicono i vari Draghi e Trichet. La violenza comunque si respinge, i figli di papà che sfasciano tutto non assurgono al ruolo dei vendicatori. Tutto al più si fanno una sana esperienza di galera perché imparino che la violenza è il miglior favore che si possa fare al sistema. Un esempio? La proposta-Maroni del giorno dopo. Volete i cortei? Pagate! Una scemenza del genere non sappiamo proprio chi possa averla suggerita al ministro dell’Interno. Perché di scemenza (pericolosa) si tratta. Un alto esponente di un sistema democratico come l’Italia va letteralmente in bufala (o in sassofono?) nel momento in cui vorrebbe obbligare una comunità di cittadini decisi a sfilare per una protesta. Alla faccia della democrazia! Di fatto, l’esempio testimonia in maniera eloquente che, quando si offre il fianco all’avversario così maldestramente e senza riflettere (anzi, no, molto riflessiva purtroppo), si fa il suo gioco.  Gli si concede l’alibi di dovere pensare ad altro, invece di utilizzare tutto il tempo di cui dispone alla soluzione sia pure parziale del dramma che ci circonda: i salari insufficienti, le pensioni da fame, il fallimento di una realtà economico-finanziaria che ci stritola a danno dello stato sociale e a favore dei mercati. La violenza dei falsi Black Bloc (quelli violenti di Roma) ha neutralizzato i bisogni dei veri Black Bloc. Cioè noi, rappresentati da quelli che, sfilando il 15 ottobre, volevano solo esprimere le vere conseguenze della attuale situazione internazionale e locale. Con rabbia certamente, ma con quella sana e civile determinazione che non può non essere presa in considerazione dalla classe politica del nostro Paese prima di ritrovarci a pancia in su come i Greci in queste ore.

 

 

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