Cittadinanza come responsabilità

Luciano Focilli

Il 22 novembre, Giorgio Napolitano ha dichiarato: -”Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. Negarla è un’autentica follia, un’assurdità. I bambini hanno questa aspirazione”. La situazione riguardante i figli degli immigrati è diventata una questione da affrontare,  i tempi sono maturi, ignorarli sarebbe sbagliato e controproducente. Come spesso accade, a seguito della parole del Presidente della Repubblica, si sono fin da subito levati gli scudi (dei nostri capacissimi politici) tra chi è favorevole e chi invece contrario. Nel turbinio mediatico delle dichiarazioni, che flagella il nostro Paese e che ci porta in una situazione di eterno presente, senza per altro una visione armonica sul futuro, c’è chi urla a destra e chi invece sbraita a sinistra perdendo così un’occasione dietro l’altra. La questione del dare la cittadinanza a tutti i nati sul suolo italiano, dopo un giorno di fiammanti comunicati sembra svanita, sfumata, evaporata, insomma non vi è rimasta traccia. Invece, ed è il buon senso che lo suggerisce, le nascite di bambini non si sono fermate e a conti fatti la criticità non è passata. Il Paese in cui viviamo sta cambiando, la presenza dei lavoratori immigrati si è sempre più consolidata, tanto da spingere i “nuovi residenti italiani”,  a metter su famiglia. Cosa c’è di più sano e salutare che sperare in un futuro migliore per sé e per i propri figli? Dopotutto lo scopo della vita stessa non è quello di garantirsi degli eredi? I bambini nati dagli immigrati sono i loro eredi, ma rappresentano anche i nostri, in quanto: nasceranno nei nostri ospedali, impareranno la nostra lingua, frequenteranno le scuole in Italia, respireranno la stessa aria, berranno la stessa acqua, vivranno sopra lo stesso suolo e sotto lo stesso cielo ed esprimeranno il loro talento in questo Paese. In definitiva, avranno moltissime cose in comune con tutti i cittadini italiani, ma loro, a nostra differenza,  non saranno da subito cittadini come noi, con gli stessi diritti e doveri, ma saranno una via di mezzo. Questa sistema non è più accettabile: deve finire. La responsabilità di far crescere un territorio va condivisa da tutti gli attori che lo popolano. Gli immigrati sono divenuti una realtà stabile e far finta che non lo siano è tipico di chi si trova in malafede. Basta guardare i dati ISTAT 2011 per fotografare la situazione: 4.570.317 stranieri, il 7,5% della popolazione totale. Formalizzare prima per responsabilizzare subito. Le sfide dell’Italia e della sua gente passano anche dalla capacità di rispondere alle esigenze dei nuovi nati. Inoltre è importante ricordare che non si governa con la paura del diverso, questo può diventare molto pericoloso e bisogna assolutamente arginare tale deriva. Le seconde generazioni dovranno per prime sentire il forte sentimento di appartenenza al luogo che ha dato loro i natali. Questo è un compito a cui tutti sono chiamati. I bambini di oggi saranno gli uomini di domani e come tutti gli altri hanno bisogno di essere inclusi per essere partecipi responsabili.

 

13 thoughts on “Cittadinanza come responsabilità

  1. Cittadinanza come responsabilità europea.

    Superare le barriere concettuali, i pregiudizi tuttora annidati nella coscienza collettiva, che vedono negli immigrati tra i principali responsabili della crescente disoccupazione in Italia.
    Il rapporto OCSE 2010 sostiene che gli immigrati non hanno colpa dell’aumento della disoccupazione nei Paesi che li ospitano. Nessuna correlazione esiste tra l’incremento del flusso di ingresso di stranieri e l’evoluzione del tasso di disoccupazione.Svizzera e Lussemburgo sono i Paesi con la più alta percentuale di immigrati e con il più basso tasso di disoccupazione. Spagna e Finlandia hanno un tasso di disoccupazione elevato, 23% la prima e 17% la seconda, ma hanno una scarsa presenza di immigrati…

  2. credo che sia solo una questione di pregiudizi inutili e infondati.tuttavia, non mi meraviglia affatto che ci sia ancora da discutere di certe cose…si discute di argomenti già trattati da caracalla nel 212…i latini parlavano di jus loci no?

  3. Questo è un tema di fondamentale importanza che ha scatenato un polverone: come al solito per qualche giorno ha riempito le pagine dei giornali, poi è svanito nel nulla! Non si può far finta di niente, si deve trovare una soluzione , se di problema si tratta.
    Dal mio punto di vista è giusto che chi nasce in Italia sia italiano. Viviamo in un Italia multiculturale, è un dato di fatto, l’importante è che si giunga anche all’interculturalità vera, e questo è sicuramente un percorso più difficile. Ma è necessario affrontarlo, da tanti punti di vista e in tanti luoghi a partire dalla scuola. I bambini di oggi sono gli adulti di domani, iniziare fin da piccoli a capire e rispettare l’altro nella diversità e nell’uguaglianza è una ricchezza che non si può ignorare, nascondere o evitare. Speriamo che tutti se ne rendano conto!

  4. Concordo pienamente con il Dott. Mastrovita, è vergognoso negare il diritto di cittadinanza italiana ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri!!

  5. Le persone hanno sempre viaggiato e sempre viaggeranno. Nel 2011 è grottesco ed anacronistico parlare di stranieri ma dovremmo essere tutti cittadini del mondo. Dobbiamo superare anche il termine di integrazione che è legato al concetto di immettere qualcuno in un contesto che non è il suo. Dobbiamo parlare di PIENA PARTECIPAZIONE in un mondo fatto di conoscenza e reciproco rispetto per tutti. Il mondo può crescere e migliorare solo con il contributo di chi ama la società in cui vive ma l’amore per il suolo i cui si vive può crescere solo se in quel suolo ci si sente valorizzati ed apprezzati appunto considerati CITTADINI.

  6. il problema è che in Italia le cose funzionano al contrario , visto che non si è capaci di gestire seriamente gli ingressi nel nostro paese, per far tacere le proteste e illudere di fare qualcosa si fanno leggi che non hanno senso e generano ingiustizie.
    E’ l’incapacità (accompagnata all’ignoranza) a creare il pregiudizio!
    Vedo i bambini a scuola, vedo i compagni dei miei figli e mi accorgo che sono davvero italiani, a prescindere da quello che dicono le carte.

  7. Anch’io , come Milena, credo che il tema vada affrontato sotto tutti i punti di vista, il concetto di straniero non è mai stato accettato con facilità e una formalizzazione della questione forse potrebbe rappresentare un punto di partenza verso la PIENA PARTECIPAZIONE.

  8. Concordo con il Dott Mastrovita…..se alle soglie del 2012 ancora sia difronte a tali problematiche bhe che dire ……siamo proprio messi male!!!!

  9. Ci stiamo dando come al solito la zappa sui piedi e l’ipocrisia regna… fino a 60 anni fa eravamo noi che migravamo in cerca di un futuro migliore, e quante famiglie italiane hanno preso altre cittadinanze…. Si parlerà di questo argomento per anni senza mai trovare una soluzione….

  10. E se la soluzione fosse nella nostra idea di diverso?

    Quanto c’infastidisce un pakistano che vuole venderci delle rose o un nigeriano che ci chiede l’ elemosina?

    Siamo tutti come noi…

    1. Concordo assolutamente con il Dott. Mastrovita in quanto ritengo sia un’assurdità che dei bambini nati e cresciuti in Italia non diventino cittadini italiani!Dovrebbe essere un loro diritto!

  11. Qualche mese fa è uscito ‘Cose dell’altro mondo’ commedia molto attuale, e perfettamente in argomento con questo l’articolo, basata su una serie di ‘luoghi comuni’ e ‘solite paure’, condita con un pizzico di fantasia, ma efficace, per uno spunto di riflessione;
    questi bambini sono amici dei nostri bambini, e con loro parlano la stessa lingua, mentre studiano e giocano, e quindi, insieme, crescono.
    Quanto ci vorrà ancora a capirlo?

  12. Se nasciamo in un luogo è solo per puro caso!
    Fattore insufficiente per arrogarci la pretesa di avanzare diritti nei confronti di chi (solo per puro caso) non è nato nel nostro stesso luogo. La libertà di muoversi nel mondo è un diritto inalienabile, soprattutto in virtù del fatto, che chi emigra non lo fa quasi mai per divertimento, ma per fame in molti casi. Condizione che noi occidentali abbiamo contribuito a creare sfruttando i luoghi dai quali queste persone provengono. Negare poi a queste genti la cittadinanza è un’altra grande ingiustizia, dato che si chiede loro (legittimamente) di pagare le tasse.
    A doveri devono corrispondere diritti.

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