GRIDARE NEL DESERTO

Alfonso D’Alessio

San Giovanni Battista, voce di uno che grida nel deserto! Mi piace particolarmente questa definizione del santo precursore di Gesù. La trovo attualissima e aderente all’esperienza che fanno quanti remano contro il conformismo del vuoto che cerca di prendere il sopravvento su tutto. E’ vero che a volte tappare la bocca, anche fisicamente e amichevolmente com’è avvenuto da parte dei giocatori della nazionale per Balotelli, è una fortuna per lui e per noi. Siamo così risparmiati dall’ascoltare la tracotanza di un ragazzo, per i più considerato fortunato, che tuttavia non perde occasione di dimostrare come le fortuna non sia solo saper tirare calci ad un pallone, ma anche camminare verso la maturità umana. Ma Benedetto XVI che indica strenuamente, con diligenza e lucidità impressionante, la tragedia dell’uomo contemporaneo che anela alla libertà e si consegna volontariamente alla schiavitù del mercato senza Dio, non è forse voce di uno che grida nel deserto culturale di oggi? Anzi Giovanni Battista era fortunato rispetto al Papa. Aveva trovato la pietà di Erode Antipa, sebbene fece una tragica fine per la voluttà e il lassismo del costume morale del tempo. Oggi il Pontefice non trova comprensione nemmeno per l’amarezza nel vedere come i cattolici, laici ed ecclesiastici, sovente tradiscono la missione consegnata loro da Gesù. Ogni occasione per travisare le sue parole, strumentalizzarle con l’arma del gossip è buona. Ma è in ottima compagnia, come a dire mal comune mezzo gaudio.  Di recente il vescovo di Nola, Mons. Beniamino Depalma, tirato per la talare in una sterile e per nulla costruttiva diatriba, vecchia come il cucco a dimostrare che le polemiche condotte in siffatta maniera non hanno alcun fine se non quello esclusivo di far proferire parole, versare fiumi d’inchiostro e fungere da cicala per l’attenzione, ha fatto delle affermazioni teologicamente e oggettivamente corrette. Asserzioni riferibili alla misericordia di Dio, disponibile per ogni uomo pentito, alla Chiesa che non si divide in anti camorra e pro camorra ma è interamente e totalmente contro ogni forma di malavita, ed ha, questo si costruttivamente, indicato quanti cristiani vivono, lottano e ci rimettono le penne per il bene. Risultato? Ci si è presa la briga di contare gli incisi del discorso del vescovo per poter dire che, affermare con più periodi un pensiero, non è segno di quanto stia a cuore lo stesso, bensì indice di “debolezza”. A voi il giudizio sull’onestà culturale di queste osservazioni. E allora? Rassegniamoci, oggi più che mai siamo accomunati alla sorte del Battista, ma allo stesso tempo andiamone fieri, significa che siamo sulla buona strada e che quanto meno non potranno dirci di essere stati complici dello sfascio che è sotto i nostri occhi. E poi cari amici come dimenticare che il bene trionfa sempre e il male è già sconfitto? Forza, urliamo nel deserto, prima o poi fiorirà!

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