VASSALLO/10: due anni dopo è mistero fitto sul delitto

Aldo Bianchini

ACCIAROLI – Oggi cade il secondo anniversario della barbara uccisione del sindaco pescatore Angelo Vassallo. Un tristissimo anniversario, in primo luogo perché la Procura della Repubblica di Salerno e l’Arma dei Carabinieri (cui sono state affidate le indagini) non hanno cavato un ragno dal buco ed in secondo luogo perché la figura di Vassallo, dapprima scientificamente idolatrata dalla sinistra, incomincia a battere dei colpi a vuoto (per colpa di alcuni suoi ex compagni di partito!!) a seguito di alcune inchieste giudiziarie sulla Provincia di Andria e Villani. Le ragioni le ho ampiamente spiegate nei precedenti nove articoli che ho dedicato a questo enigmatico assassinio dalla difficile connotazione. Non si sa ancora, difatti, se la sua esecuzione materiale è di “stampo camorristico” oppure è da accreditare alla “malavita comune ed occasionale” o peggio ancora ad alcune “frange anarchiche deviate”. In merito io personalmente ho alcune convinzioni, le espressi già nel primo articolo pubblicato il giorno 7 settembre 2010 (anche sul quotidiano “Roma-Cronaca”), e da quelle non mi muovo. L’errore iniziale fu commesso, la notte stessa del delitto, da tutti: parenti, amici e inquirenti. Per i parenti incominciarono a venir fuori dichiarazioni contraddittorie e fuorvianti. Per gli amici della vittima si registrò il caso del colonnello dei Carabinieri (in vacanza !!) che andò a smontare la telecamera montata in piazzetta mandando in fumo probabilmente le poche speranze di successo. Per gli inquirenti giunsero sul posto due magistrati da Vallo della Lucania: Alfredo Greco (pm e grande amico personale di Vassallo) e Giancarlo Grippo (capo della procura). Insomma una folla di personaggi, troppi!! Troppi parenti che parlavano, troppi amici che si intromettevano e troppi inquirenti che subito si trovarono a seguire piste diverse. Prevalse la “linea-Greco” che privilegiava la pista della camorra napoletana, niente di più sbagliato. Subito dopo intervenne la DDA di Salerno, proprio per il fatto che era passata la linea-Greco, e l’inchiesta fu tolta sia a Greco che a Grippo. Altro grave errore, quello di scippare l’inchiesta ad Alfredo Greco che era ed è l’unico vero conoscitore di quelle zone. Si ricominciò daccapo, e si sbagliò di nuovo; si andò alla ricerca affannosa di troppi e improbabili intrecci con la camorra del napoletano e con lo spaccio di droga. Non si tenne conto, testardamente, che la camorra per quanto attiene lo spaccio si interessa a zone turistiche di grande spessore temporale e non certamente ad Acciaroli dove il vero boom turistico esiste per lo spazio di due mesi al massimo,  dagli inizi di luglio a fine agosto; tutto il resto è roba da pusher squattrinati. Si doveva probabilmente pensare all’arrivo di grosse partite di droga che potrebbero sbarcare su quel tratto di costa che è ritenuta la costa della legalità (per la presenza di tantissimi alti magistrati, come ho già scritto!!), come del resto qualche inchiesta del passato (DDA di Catanzaro, inchiesta Pietro Giordano, Mario Pepe, fino allo ‘ndranghetista Franco Muto), denominata “la mafia del pesce” che coinvolse Acciaroli  all’inizio degli anni ’80 come approdo terminale della droga dal Sud America. Si sarebbe evitato lo strano e inquietante inseguimento, fino in Venezuela, di quel ragazzo che, forse anche un po’ provocatoriamente, fumava in piazzetta qualche spinello proprio davanti agli occhi di Vassallo che addirittura (almeno così si raccconta!!) scalciò il giovanotto pubblicamente nei giorni di ferragosto 2010. Ma c’è un altro aspetto che l’inchiesta non  avrebbe proprio trattato: la costruzione di alcune villette nel greto del fiume Mortella che scarica le sue acque nel Tirreno in loc. Porto del Fico, nessuno si è chiesto di chi sono e da chi sono state autorizzate. Inquietanti anche le inchieste sulla figlia di Vassallo, sulla scrivania del comune trovata nel locale di famiglia e sulla velocità con cui il Comune rilasciò la licenza edilizia per la riattazione del bar-ristorante. La domanda di oggi, nel giorno del secondo anniversario, è quella di due anni fa: “Chi ha ucciso Angelo Vassallo?”. La risposta è avvolta dal buio assoluto. Mi fece sorridere, tempo fa, la rabbia di Franco Roberti (procuratore capo di Salerno) quando apoditticamente disse: “Troveremo killer e mandante” per rispondere ad una domanda provocatoria di Rosaria Capacchione (storica giornalista anticamorra de “Il Mattino”). Io ho le mie convinzioni, ma portano altrove e, forse, non interessano a nessuno.  Dunque anche se gli inquirenti si sono dannati l’anima non sono riusciti a cavare un ragno dal buco perchè il problema di questo Paese, parlo per linee generali, è che se non c’è un pentito non si riesce ad andare da nessuna parte.  Probabilmente, e qui il condizionale è assolutamente d’obbligo, non riescono neppure a rilevare e stampare le liste complete delle telefonate e degli sms in arrivo ed in partenza per e dall’utenza cellulare di una vittima o di un indagato. Mi riferisco ai tre sms (uno inviato e due ricevuti) sull’utenza cellulare di Vassallo della sera del 13 agosto 2010 intorno alle ore 22.00=. Ancora oggi l’interlocutore non è stato identificato e, quindi, non ancora interrogato. Per tutte queste ragioni ritengo che Marco Penza, lo zio, Sante Fragalà, Ausonia Pisani (ufficiale della Polizia Municipale di Roma) e il padre (il generale dei Carabinieri Pisani) non c’entrano proprio nulla con l’assassinio del sindaco di Pollica. Solo fumo negli occhi; Marco Penza sconta una pena strana per aver bevuto due birre (sarà vero!!), lo zio è forse un mitomane, Ausonia avrà combinato di tutto e di più ma a distanza siderale dall’omicidio Vassallo e il generale dei Carabinieri avrà brigato un po’ più del normale per salvare la figlia. Tutte congetture non soltanto giornalistiche, mentre rimane ferma nel tempo ed impietrita nel dolore dei familiari l’assurda morte del sindaco pescatore.

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