Cemento/1: alla conquista di Salerno

Aldo Bianchini

SALERNO – “Partecipate ed arricchitevi”, queste potrebbero essere le parole chiave della grande colata di cemento che sta per invadere e sommergere la Città di Salerno. Parole più volte gridate da Vincenzo De Luca all’indirizzo degli imprenditori più facoltosi dell’intera provincia, senza distinzione di ceto e colore. Dette da un comunista doc queste parole possono apparire come un’eresia, dette da uno che (avendo dimenticato velocemente le sue origini politiche e le sue radici affondate nella scuola di partito delle Frattocchie) spara palle di cannone su tutto e su tutti possono anche apparire come una sfida riformista, ammesso e non concesso che un comunista possa essere riformista. Su questo slogan, però, il sindaco De Luca ha fondato il suo impero egemonico che in fatto di longevità si sta dimostrando il più attrezzato e coriaceo di tutti i tempi, almeno per quanto riguarda la provincia di Salerno.  A dargli una mano importante è stata la non casuale e oggettivamente ben costruita “tangentopoli salernitana” pilotata dalla sinistra e violentemente utilizzata dalla magistratura in una sorta di disegno corale che, in poche battute, polverizzò gli astri nascenti della politica nostrana e più precisamente il socialista Carmelo Conte e il democristiano Paolo Del Mese. In parte, ma  soltanto in parte, contribuì a quella grande offensiva giudiziaria anche il “gran visir” di Nusco con alcuni suoi uomini  (non ultimo lo stesso Gaspare Russo con le sue ramificazioni da Vallo della Lucania a Salerno) mandati in avanscoperta nel regno contiano/delmesiano. Fu un’offensiva intelligente, non c’è che dire, che si insinuò nelle ristrettissime zone a rischio di quello che fu il mitico e storico “laboratorio laico e di sinistra” che era valso la poltrona di ministro per Conte e quella di sottosegretario (quasi ministro) per Del Mese. Una di queste zone a rischio fu senza dubbio alcuno la famigerata società “Iniziativa ‘90” (il nome dall’anno in cui fu costituita) al cui interno gravitavano personaggi di spicco, dal cav. Peppino Amato al sen. Sossio Pezzullo, sotto la guida dell’ing. Raffaele Galdi (uno dei due compassi d’oro dell’epoca; l’altro era Franco Amatucci).  “Iniziativa ‘90” , una società che vedeva tra i suoi soci persone perfettamente identificabili ed altre che si nascondevano dietro prestanomi di convenienza. Perché “Iniziativa ‘90” ebbe subito un brutto e devastante impatto nell’immaginario delle tante facoltose famiglie salernitane che erano state tenute fuori dall’affare spartitorio? Era lo scopo sociale, mai chiaramente scritto ma soltanto sussurrato tra i personaggi bene informati, a suscitare allarme tra le famiglie che qualcuno ha definito “la casta proletaria” della Città. La società si proponeva di accaparrarsi, nella zona orientale di Salerno, tutti i suoli disponibili a prezzo di terreno agricolo con pagamenti in contanti in modo da indurre i piccoli possidenti a cedere subito ogni loro diritto. Un po’ come sta accadendo adesso, proprio in questi mesi, dalla zona Picarielli all’Arechi, con irruzioni da una cooperativa all’altra per l’accaparramento di suoli e di soci; la storia si ripete, sempre. La Città degli anni ‘90, secondo la direttiva urbanistica dell’epoca, doveva espandersi tutta ad oriente nell’ambito di una politica che prevedeva ”una città diffusa”, almeno verso la parte orientale come imponeva ed impone la stessa orografia territoriale. A tal fine, secondo qualcuno ed anche secondo una filosofia di pensiero molto diffusa tra i magistrati, era stata anche artatamente studiata a tavolino, redatta ed approvata in Consiglio Comunale la famigerata delibera n. 71/89 che prevedeva la fissazione degli standard urbanistici, a mò di vincoli insormontabili, in modo da bloccare qualsiasi tipo di sviluppo urbanistico all’interno di “una città compatta”. Non a caso nella zona orientale era già  sorta, in quegli anni, la cittadella finanziaria, lo stadio Arechi e lì dovevano  sorgere la cittadella giudiziaria, il palazzetto dello sport, ed altro. Insomma da un lato c’erano i politici che programmavano gli interventi urbanistici, dall’altro lato c’erano soltanto poche e selezionate grandi famiglie che facevano incetta di terreni agricoli sui quali si sarebbe sviluppata la città del futuro. Questi due interessi furono raccolti nella “Iniziativa ‘90” e fu proprio questo avamposto di grande potere a scatenare la reazione delle tante altre “grandi famiglie” che ispirarono, spinsero e sorressero l’ondata giudiziaria nel più vasto disegno della tangentopoli. Tanto è vero che molti investimenti della società, soprattutto per l’acquisto dei terreni sui quali doveva sorgere la cittadella giudiziaria, naufragarono sotto i colpi di maglio della magistratura salernitana tutta schierata con il gran numero di famiglie tenute fuori da ‘“Iniziativa 90”. In partenza l’affare era dalle mille e una notte e, a mio avviso, benissimo fece il cavaliere Amato a prendere parte alla cordata ristretta di imprenditori che sponsorizzavano l’azione aggressiva della società; in pratica lì si decideva il futuro della Città dal punto di vista urbanistico, politico e imprenditoriale. Poi l’affare naufragò, è vero, ma naufragò per le ragioni sopra esposte che in partenza non erano assolutamente prevedibili. Quello che sto raccontando non è storia inventata, è soltanto il riassunto (semmai leggermente armonizzato e incasellato) di una lettera che fu inviata nel luglio del 1993 dal carcere di Fuorni al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro,  da  uno dei maggiori protagonisti politici di quell’epoca. Ma come erano entrate in quella società le famiglie imprenditoriali e che fine hanno fatto dopo la violenta azione di tangentopoli?   Il resto nella prossima puntata.

One thought on “Cemento/1: alla conquista di Salerno

  1. gent.mo Direttore,
    in merito alla colata di cemento che la nostra città dovrà sopportare, Vi propongo un altro argomento di riflessione. Per costruire al centro di Salerno, come per legge, a tanti metri cubi devono corrispondare le aree verdi attrezzate e per la “perequazione” queste aree verdi possono anche trovarsi non adiacenti alle costruzioni e quindi il parco urbano del Montestella con la sua superficie di oltre un milione di metri quadri (così come riportato nel PUC) è la ragione dei tanti metri cubi previsti. Queste aree verdi devono essere però attrezzate e fruibili ai cittadini . Il parco urbano del Montestella inaugurato con la solita “pompa magna” alla fine del secolo scorso ormai non è altro che una discarica a cielo aperto ( quando vuole possiamo anche farci una passeggiata ) e le tante segnalazioni fatte a chi di dovere non hanno mai sortito alcun effetto.
    Quindi se per la “perequazione” si vuole usare l’area verde del parco, almeno la si renda fruibile ed utilizzabile a tutti i cittadini. Cordialmente la saluto. gino cuoco

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