PANCREAS: a Potenza si cura

Da Ugo Maria Tassinari

POTENZA – “L’apprezzamento espresso dal professor Bassi per la nostra qualità logistica e tecnologica conferma quello che vado sostenendo da tempo: che la strada giusta per il San Carlo è quella di poche, qualificate collaborazioni con aziende al vertice del sistema sanitario nazionale, che è la seconda sanità pubblica al mondo. Ospedali di eccellenza che ci riconoscono all’altezza di una collaborazione paritaria”. Nel presentare ai giornalisti il rinnovo del partenariato con l’Istituto del Pancreas di Verona Giampiero Maruggi, direttore generale ribadisce i punti di forza del suo ragionamento e del suo progetto. “Della consistente quota di migrazione sanitaria passiva – spiega il dg del San Carlo – che è in calo ma pesa ancora per 40 milioni di euro (circa il 4% dei trasferimenti statali) soltanto il 10% è incomprimibile. Ma in molti casi noi, sistema lucano e noi, in particolare il San Carlo, siamo in grado di dare risposte. E la scelta di queste grandi collaborazioni, con il Regina Elena, con Verona, punta non solo a offrire il meglio ai lucani ma anche ad attrarre pazienti da fuori regione”. “Noi ci candidiamo – ha proseguito Maruggi – come hub delle complessità, forti anche del fatto che essendo l’unica sanità meridionale con i conti in ordine, stiamo continuando a investire in uomini e mezzi, mentre intorno a noi avanzano devastanti i tagli orizzontali. E credo che, anche se suona brutto, dato le logiche affermate oramai da un ventennio sull’aziendalizzazione, non dobbiamo più avere paura di parlare e di praticare il marketing territoriale anche nella sanità”. “Tutto è migliorabile –conclude il dg Maruggi – e ci sforziamo di farlo ma è evidente che stiamo seguendo un percorso di azione che ha una direttrice precisa, una priorità chiara: il paziente al primo posto. E in questa direzione vanno certo l’offerta di eccellenza, l’incremento delle prestazioni, la crescente attenzione a quella che si chiama “umanizzazione” ma anche tanti piccoli miglioramenti organizzativi che dimostrano tutta la nostra cura per i bisogni dei pazienti. Ultimo caso: la questione dei parcheggi, una tempesta in un bicchier d’acqua ma una scelta semplice nel momento in cui abbiamo individuato la rotta. A supporto di questa azione avvertiamo quindi l’esigenza di sviluppare adeguate attività di comunicazione e confidiamo in un supporto del sistema dell’informazione che sappia non soltanto ascoltare il rumore del tronco che cade ma anche cogliere il movimento della foresta che cresce”. Prendendo spunto dai dati citati dal direttore Maruggi, il primario di Chirurgia generale del San Carlo Nicola D’Alessandro, ha precisato che i sedici interventi effettuati l’anno scorso di resezione del pancreas costituiscono la soglia minima per l’eccellenza nel campo. Un recente studio inglese – ha ricordato il primario chirurgo – ha calcolato che una casistica elevata moltiplica per cinque le possibilità di sopravvivenza. In Italia sono soltanto venti gli ospedali che superano questa soglia, compreso il San Carlo. E quest’anno aumenteremo ancora l’attività”. Grande attenzione è stata poi dedicata al tema della multidisciplinarietà, alla grande articolazione delle tante professionalità coinvolte: chirurgi, oncologi, radiologi, gastroenterologi, anatomopatologi e ricercatori di base. Risorse tutte che il San Carlo può e sa mettere in campo e in rete. All’inizio della conferenza stampa il direttore Maruggi ha informato i giornalisti degli ottimi risultati raggiunti in meno di una settimana dal lancio del progetto Cosmos: già trecento lucani si sono prenotati per i controlli per il tumore al polmone. Risultato migliore di quello raggiunto dallo stesso Istituto europeo oncologico promotore della campagna. “E quindi è impossibile arrivare a conclusioni affrettate sul rapporto tra ambiente e tumori come un nesso di causa effetto”. A tirare le conclusioni del ragionamento del professor Claudio Bassi, primario di chirurgia generale all’Istituto del Pancreas di Verona, è lo stesso giornalista che ha posto la domanda. L’occasione è la conferenza stampa in cui il direttore generale del San Carlo presenta la convenzione rinnovata con il Policlinico di Verona per le attività sul pancreas, al termine della due giorni in cui il luminare veronese e il suo primo aiuto, Roberto Salvia, hanno lavorato insieme al nostro team pancreas, in sala operatoria e in reparto, per affrontare quei casi più urgenti su cui si erano già confrontati a distanza, in teleconferenza. “La disponibilità di tecnologie avanzate – precisa il professor Bassi – migliora la nostra qualità della vita e la sicurezza del paziente. Qui al San Carlo non avete solo un ottimo gruppo operatorio, forse al momento anche migliore del nostro, ma l ricorso alle cartelle cliniche elettroniche rende possibile una collaborazione di alto profilo. Sfatiamo quindi la leggenda di una sanità del Sud che non ha. Il San Carlo ha”. Il professore Bassi è un entusiasta sostenitore dell’accordo San Carlo-Verona: “Qui non si tratta né di colonizzare né di essere colonizzati. E vi spiego perché noi abbiamo tutto l’interesse a questa collaborazione. Perché noi mettiamo al primo posto la persona del paziente. E siccome stiamo continuando a crescere e oramai i pazienti arrivano dall’estero, avere una lista d’attesa di quattro settimane non mi fa, non ci fa dormire sonni tranquilli. E quindi ben venga la collaborazione”. Ma c’è anche una ragione strettamente scientifica a supporto della decisione: “La scienza – spiega il professore – è riproducibile. Noi abbiamo bisogno di vedere se i progressi conseguiti a Verona, di tecniche operatorie, di farmaci sperimentali, di nuovi protocolli funzionano anche in altri contesti. La vera sfida della scienza è la ripetibilità. Questo è il metodo scientifico che conosciamo ed è il migliore: confronto, percorsi condivisi, verifica”. Un apporto specifico alla ricerca proverrà dalla disponibilità dei materiali biologici dei pazienti. Lo studio del genoma è la nuova frontiera della cancrogenesi. E proprio su questo aspetto si è concentrata l’attenzione del giornalista che ha appunto sollevato il tema del rapporto tra cancro e ambiente.Bassi non si è tirato indietro ma ha spiegato che siamo in un ambito di competenze diverso: “Molti casi arrivano a Verona – ha detto –  in ultima istanza. Medici di grandi ospedali coscienziosamente mandano i pazienti da noi per assicurare loro la migliore chance ma a diagnosi già effettuata mancano elementi fondamentali per un’analisi epidemiologica che poi deve essere svolta su campioni consistenti ed omogenei”. “Dobbiamo ricordarci – si è inserito nella discussione l’aiuto Salvia – che oggi parliamo di patologie techno-related, cioè di tumori che vengono diagnosticati oggi perché la diagnostica per immagini ha fatto progressi straordinari. Ma queste malattie esistevano già: solo che non potevamo individuarle e quindi oggi non disponiamo di materiali per il confronto statistico. E’ giusto parlare di patologie in corso d’opera. In questo senso va la nostra decisione di convocare un expert meeting internazionale per il prossimo mese di aprile. Abbiamo catalogato ben 1500 articoli su una specifica patologia e abbiamo invitato tutti gli autori per confrontarci. E’ un punto di partenza per tracciare la rotta, non una pretesa di arrivare a conclusioni. Le risposte ce le daranno le attività di ricerca innescate da questo confronto ai massimi livelli internazionali. Perché in fondo fare ricerca significa questo: lavorare per la salute dei nostri figli”. La presenza dei luminari veronesi sarà “serializzata” e programmata. Già da oggi le teleconferenze si alternano con frequenze da due a quattro settimane ma il momento del confronto sul campo, specie in presenza di casi di altissima complessità è indispensabile.

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