Quel giornale di Jole Zangari.

da Bianca Fasano

Può sembrare strano che, a distanza di oltre cinque anni dalla fine di Jole Zangari (5/11/2007), e dalla fine potremmo dire del “suo” giornale, Tribuna Stampa, uno dei giornalisti che aveva l’onore di apparire su quelle pagine rimpianga e ricordi, non tanto e non solo lei, ma anche il giornale, che rappresentava uno spaccato pulito e lucido del vivere giornalistico in Italia e nel mondo. Si parla oggi anche troppo spesso ed a sproposito, di “comunicazione”. I più attenti, per ottenerla limpida, la cercano e la fondono da vari autori, diverse emittenti radiotelevisive e varie testate giornalistiche, cartacee e non, perché non sempre è libera da vincoli, più spesso vicina al potere ed all’economia che alle ideologie, ammesso il sopravvivere della ideologia, questa rara specie in via di estinzione. In realtà, parlando di comunicazione occorre non dimenticare che esiste a patto che sia concessa una “determinata” libertà dei contatti. Difatti, perché chi si occupa di comunicazione possa spaziare all’interno della società, occorre vengano rispettati alcuni diritti fondamentali sanciti anche dalla nostra Costituzione. Parliamo di quelli vincolati alla libertà di fede e alla libertà di opinione, da un lato, alla libertà di associazione ed alla libertà di riunione dall’altra, a cui si associano  forme particolari come la libertà di stampa, il libero esercizio dell’arte, della scienza, della ricerca, dell’insegnamento, la libera educazione familiare, la libera costituzione di partiti politici, ecc. Basti ricordare che l’’espressione “articolo 21” nasce dal fatto che la Costituzione italiana dedica appunto l’articolo 21 (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.”) alla libertà di stampa, ed è a ragione di ciò che nella lingua italiana -principalmente nel linguaggio giornalistico- ha assunto per antonomasia il significato di libertà di espressione e di informazione. Questi diritti erano tenuti in gran conto e portati a livello giornalistico molto determinatamente da Jole Zangari e trasparivano dalle pagine del suo giornale, attraverso gli articoli di chi era da lei approvato a pubblicare. Nata a Mammola (Reggio Calabria) il 20 ottobre 1938, Jole Zangari, tra le tante attività, diresse, appunto, l’organo d’informazione dei giornalisti italiani «Tribuna Stampa», da lei fondato circa 42 anni fa (con Giovanni e Corso Bovio, Brunello Tanzi). Tante le battaglie, tra cui, una delle ultime testimoniata proprio da un articolo apparso su Tribuna Stampa, sul numero di gennaio /febbraio 1997, titolato: “Giornalismo senza regole. Di Jole Zangari” Leggiamo tra le prime righe: “Fra gli undici referendum (sui 30 proposti) ammessi dalla Corte Costituzionale, figura quello relativo all’abolizione dell’ordine dei Giornalisti. Senza entrare nel merito delle motivazioni che hanno spinto i membri dell’alta Corte a decidere in tal senso, non possiamo non preoccuparci delle conseguenze: abusivato, mancanza di un ordine che vigili sulla deontologia professionale dei propri iscritti, giornalismo selvaggio lasciato nelle mani dell’editore, un mercato editoriale monopolista, un accesso alla professione fondato più sul favore che sul merito. Un’informazione in gabbia, quindi, senza tutela e controllo, tenuto conto che l’Ordine è l’organo che permette ai giornalisti di essere imparziali, vigilando sulla deontologia dei propri iscritti. (…)” Scritto allo scopo di preservare l’Ordine dei giornalisti dalla abolizione. Debbo al suo giornale, tra i tanti servizi giornalistici da me pubblicati,  lo spazio che mi permise, proprio sull’ultimo numero del 2007, di scrivere una lettera aperta (poi inviata anche per posta), all’allora Ministro della Pubblica Istruzione (dal 2006 al 2008), Giuseppe Fioroni, in cui chiedevo che, per il corso di Liceo Scientifico, gli allievi potessero fruire dell’insegnamento di disegno e storia dell’arte, sin dal primo anno, per due ore settimanali e non soltanto per una. Il motivo era chiaro: i programmi di storia dell’arte, iniziati al secondo anno, si sarebbero trovati “in arretrato di un anno”, rispetto alle altre discipline. Il Ministro, gentilmente, mi rispose per lettera ammettendo le ragioni. A distanza di qualche anno noi insegnanti siamo stati accontentati in merito. Quel “Tribuna Stampa”, che si curava anche di farci ricevere il “bollino” annuale da applicare sul vetro dell’auto, ci faceva sentire più uniti e lei, avvocato civilista, pubblicista, iscritta all’Ordine dal 1966 e per ventiquattro anni (dal 1983 al 2007) consigliere dell’Ordine Nazionale, rispondeva personalmente alle nostre richieste. Conservo ancora uno dei suoi biglietti di riscontro, con la sua firma in calce. Ma tutto finì con lei. A giugno dello ‘07 ricevemmo, noi tutti collaboratori, un’accorata lettera dalla redazione in cui, annunciandoci la fine di lei, si chiariva anche l’impossibilità, economica e pratica, di mantenere vivo quel giornale che per tanti anni era passato sulle scrivanie dei politici e di ogni persona rappresentativa dell’Italia. Jole visse tutta la sua esistenza in Lombardia, pur confessando un giorno:- «Vivo lontana dalla mia regione e dal mio paese solo fisicamente, ma la mia testa e il cuore sono sempre rimasti lì, nella mia Calabria».                                                                                                                                                             il giornalista Vincenzo Pitaro, amico, collega e facente parte della sua redazione, nel descriverla tra l’altro come “una figura di giornalista esemplare, maestra per tanti giovani praticanti lombardi (…) fautrice di numerose battaglie sindacali, vinte proprio grazie all’impegno e alla tenacia con cui ha sempre affrontato i problemi della categoria, durante i suoi prestigiosi incarichi ricoperti sia all’interno dell’Ordine nazionale dei Giornalisti che in seno alla giunta esecutiva della Fnsi, Federazione Nazionale Stampa Italiana.” e “Una intellettuale, con una cultura non limitata a specifici argomenti ma che le permetteva di spaziare – con acume e competenza – dal giornalismo sindacale alla critica teatrale, dalla divulgazione scientifica alla disquisizione filosofica, fino alla nota di costume”, proponeva, anni fa, un premio letterario in sua memoria. Io, invece, mi auguro che qualcuno possa riprendere “il testimone”, anche se dopo anni di silenzio, riconsegnando a noi giornalisti, pubblicisti e professionisti, quel giornale titolato “Tribuna Stampa”, organo nazionale d’informazione dei giornalisti, che ci faceva sentire, da nord a sud, come appartenenti ad una sola categoria: quella della libera, chiara e produttiva informazione, appunto.

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