D’Andrea/9: la Procura di Napoli

Aldo Bianchini

SALERNO – Sembra, quindi, reale il fatto che il magistrato di sorveglianza invece di decidere sulla base degli atti e delle perizie scientifiche abbia chiamato al telefono un magistrato della Procura di Salerno per avere notizie più dettagliate sulle condizioni di salute di Cosimo D’Andrea e sulle sue possibilità di resistere al regime carcerario. Ho detto “sembra” perché sulla vicenda è tuttora in piedi un processo, quello contrassegnato dal n. 559/2011 – 1^ sezione penale – dr. Zunica, a carico della figlia di Cosimo per il reato di molestia su denuncia presentata dal giudice di sorveglianza (difeso dall’avv. Michele Tedesco). In pratica il giudice di sorveglianza, nella sua denuncia, ha precisato che la sig.ra D’Andrea lo telefonava per più mesi, a tutte le ore, ripetutamente, accusandolo di essere stato uno strumento del magistrato della Procura. Durante la sua deposizione dinnanzi al giudice monocratico dr. Zunica il magistrato di sorveglianza avrebbe dichiarato che quella non era la sede giusta per riferire il contenuto di quella telefonata tra lui e il PM della procura. Il presunto accanimento della sig.ra D’Andrea nella richiesta di spiegazioni era motivato dal fatto che qualche anno prima, al momento dell’arresto del padre nel 2001, il PM della Procura aveva definito Cosimo D’Andrea un soggetto “incline alla simulazione” in riferimento alla sua “finta patologia psicofisica” che lo aveva portato, anche in passato a rinunciare all’alimentazione pur di uscire dal carcere (fonte Cronache del Mezzogiorno del 2001, a firma di Mariella Anziano). Tutto il fascicolo del processo a carico della D’Andrea per il reato di molestia è stato, per competenza, trasferito alla Procura della Repubblica di Napoli dove è tuttora in fase di indagini preliminari. Va detto, per la cronaca, che un anno prima dell’arresto in carcere di Cosimo D’Andrea (avvenuto il 12.06.01 su ord. N. 937 – fasc. 390/00 RPTS) il Tribunale di Sorveglianza in udienza collegiale venne chiamato a decidere sull’istanza di proroga della detenzione domiciliare e dichiarò il D’Andrea incompatibile al regime carcerario. Ma nei mesi successivi la DDA di Salerno continuò ad insistere per l’arresto in carcere di Cosimo D’Andrea e dopo varie vicissitudini l’arresto fu eseguito, come già detto, il 12 giugno 2001. Dopo tanti anni, nel corso del processo, dinnanzi alla Cassazione a carico del medico del carcere di Poggioreale che non aveva riconosciuto l’incompatibilità al regime carcerario del D’Andrea, i tre periti del tribunale (Corretti, Messina e Cipriani) dichiararono che l’ormai defunto Cosimo non andava affatto arrestato perché le sue condizioni psico-fisiche erano tali da consigliare soltanto una detenzione domiciliare in quanto il carcere lo avrebbe portato a morte sicura. Esattamente come avvenne il giorno 19 dicembre 2001 nel padiglione Palermo dell’ospedale Cardarelli di Napoli in cui da qualche tempo era stato ricoverato per l’aggravarsi delle sue condizioni fisiche. Ed è proprio qui, nel padiglione Palermo, che il giorno prima della morte di Cosimo D’Andrea accadde una cosa incredibile a credersi; ma per questo vi do appuntamento alla prossima puntata di questa triste storia.

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