Bonadies: un anno fa !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Trecentosessantacinque, tanti sono i giorni passati dalla triste notizia della morte di Giannicola Bonadies. Un anno di silenzioso rispetto per un personaggio che ha caratterizzato la politica salernitana, quella sentita e onorata, quella praticata con sacrificio e abnegazione, quella rispettata sempre e comunque. Alla notizia della sua morte, l’anno scorso, qualcuno scrisse che <<era il più preparato tra i deluchiani>> un giudizio che faccio mio con una doverosa precisazione. Giannicola era certamente il più preparato dell’era deluchiana ma prima di essere “un deluchiano” era un coerente “uomo di sinistra”. Era nato il 9 ottobre del 1948 in una famiglia numerosa e laboriosa (dieci figli) cresciuta tra San Mango e Sessa Cilento in un periodo storico di dominio assoluto ed incontrastato della DC (Democrazia Cristiana). Due paesi, Sessa Cilento e San Mango Cilento, dove esisteva una “casta privilegiata” di tre-quattro famiglie che da tempo immemore governavano a loro piacimento i destini di intere comunità.  Il suo essere ribelle, il suo essere di sinistra lo fece presto additare come la “primula rossa” di quel lembo di territorio cilentano. Il duro lavoro dei genitori, l’impegno dei figli negli studi, la certezza di un cambiamento portarono in breve la famiglia Bonadies, con lauree e professioni, tra quelle di spicco non solo del Cilento ma anche della città capoluogo di provincia dove si era trasferita. Discreto e rispettoso, mai sottomesso, Giannicola si fece presto apprezzare per le sue indubbie qualità professionali (docente di matematica e fisica, vice preside del Da Vinci per molti anni) ma anche per la sua passione politica che lo aveva accompagnato fin da bambino. Non ha avuto molto dal partito al quale neppure aveva chiesto; insomma Giannicola rimarrà nella storia politica salernitana come un soggetto che ha dato molto di più di quanto ha ricevuto, semmai abbia ricevuto. Qualcuno lo ha anche ricordato come il “grande consigliere” di De Luca; è credibile, anche se le sue mitiche sfuriate fuori e dentro il palazzo rimarranno incastonate come perle in un ambiente, la politica, dove il compromesso è all’ordine del giorno. Tre consiliature nel suo pedigree politico, con due sindaci: Vincenzo De Luca e Mario De Biase.  Poi con un gesto inusuale ed assolutamente originale nel 2011 preferì rinunciare alla certa rielezione. “Per fare largo ai giovani” mi confidò in maniera convincente un giorno nel corso di uno dei tanti nostri incontri estemporanei nel corso dei quali si parlava di tutto, tranne che di politica. E di giovani ne aveva e come davanti a se; a cominciare dalla figlia Liliana (per lungo tempo in prima fila nei Giovani Democratici) per finire ad Enzo Maraio (da alcuni anni assessore comunale con De Luca) che da qualche tempo è sposo felice di Liliana. Un episodio su tutti mi ha colpito di più della sua vita politica ed amministrativa. Una sera del mese di gennaio del 2006, mentre infuriava la  tempesta giudiziaria sul Comune di Salerno e quando la pm Gabriella Nuzzi aveva richiesto per la terza volta l’arresto di Vincenzo De Luca, di Mario De Biase e di altri per la vicenda Sea Park, il partito organizzò nell’ancora esistente Jolly Hotel una specie di convention-conferenza stampa per analizzare la drammatica situazione del momento. Seguii con molta attenzione il suo lucidissimo intervento in presenza del sindaco De Biase e dei maggiorenti del partito; con parole serene ma precise spiegò a tutti noi la differenza dei ruoli tra il potere esecutivo (Amministrazione Comunale) e il potere giudiziario (inchiesta Sea Park) e senza falsi infingimenti parlò degli eccessi della magistratura e delle colpe della politica. Davvero eccellente il suo intervento, anche perché veniva da una posizione difficile come era la sua in quanto fratello di Ennio che all’epoca era magistrato in servizio presso la Procura Generale di Salerno dopo tanti anni trascorsi alla DDA. Non ci fu neppure una piccolissima sbavatura o un eccessivo accaloramento discorsivo; la sua serenità e la sua fermezza colpirono tutti, e tutti applaudirono a lungo e in maniera scrosciante. L’ultima volta l’avevo incontrato prima del Natale 2011 al Bar Umberto di Piazza Amendola per un caffè rilassante; intuii che un velo di tristezza appannava il suo sguardo che ricordavo sempre vivo e vigile. Non avrei mai immaginato che di lì a qualche mese avrebbe oltrepassato il confine della vita lasciando tutti nello sconcerto.  Mi resterà per sempre quella sua immagine con la tazza di caffè fumante stretta fra le dita della mano destra nel gesto di sollevarla verso la bocca.  

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