Giappone: ripresa duratura o momentanea?

 Filippo Ispirato

I dati parlano chiaro: l’economia del Giappone sta vivendo una nuova rinascita nel 2013, grazie alla politica monetaria espansiva della Boj, la banca centrale giapponese, e alle misure prese dal Governo del primo ministro Shinzo Abe. Il Pil nipponico è cresciuto nel primo trimestre di quest’anno al tasso del 3,5% su base annua ed i consumi sono cresciuti dello 0,9% rispetto allo scorso trimestre. Come è stato possibile tutto questo? Vediamo innanzitutto quali sono, da oltre dieci anni, i principali punti di debolezza dell’economia giapponese.

Il paese del sol levante, la seconda economia mondiale insieme alla Cina, a partire dai primi anni novanta ha subito una forte crisi economica che ha comportato una forte deflazione che ha minato per quasi vent’anni la sua solidità economica. Per deflazione si intende il calo dei prezzi al consumo, un fenomeno pericoloso, in quanto, generalmente, il consumatore è spesso portato ad attendere prima di effettuare una spesa: semplificando il concetto, se devo acquistare un’automobile o un appartamento, sono più invogliato a prendere tempo per le mie scelte e a rimandare l’acquisto, dato che il prezzo nel tempo diminuirà.

Un altro punto di debolezza è rappresentato dall’enorme indebitamento pubblico del paese ed il forte invecchiamento della popolazione, simile a quello italiano, che ha comportato problemi di sostenibilità dei sistemi previdenziale e sanitario.

L’incidente nucleare di Fukushima, nel 2011, sembra essere stato l’emblema del declino di Tokyo, e della sua egemonia nel continente asiatico a favore della Cina, nuovo gigante emergente, e destinato ormai a soppiantare Tokyo nello scacchiere internazionale.

A inizio Gennaio di quest’anno, però, poco dopo la sua elezione, il premier giapponese Shinzo Abe ha varato una serie di manovre espansive e di stimolo all’economia di ben oltre 100 miliardi di dollari con l’obiettivo di creare 600.000 posti di lavoro e di far crescere il Pil di almeno due punti percentuali, con conseguente aumento del livello dei prezzi ed uscita dalla deflazione.

Le sue manovre sono state accompagnate e rese possibili anche dall’azione della BOJ, che ha avviato:

– una politica monetaria aggressiva espansiva, che ha fatto aumentare il livello dei prezzi e quindi creare una lieve inflazione necessaria alla ripresa dei consumi

– una progressiva svalutazione dello yen, la moneta nazionale, nei confronti del dollaro e dell’euro, favorendo le esportazioni dei prodotti giapponesi, che sono aumentate su base annua del 3,8%, specie nei settori auto e dell’alta tecnologia, che negli ultimi anni hanno subito una forte concorrenza di Corea del Sud, Cina, Vietnam ed Indonesia.

Il punto di attenzione principale è che il Giappone sta vivendo una nuova primavera della sua economia grazie ad un’intesa ed un buon coordinamento tra le azioni di politica fiscale del suo Governo e quelle di politica monetaria della sua banca centrale, cosa che è ancora al centro del dibattito a Bruxelles per l’Unione Europea che vede contrapposte esigenze completamente diverse tra le politiche fiscali e gli obiettivi dei singoli governi e le politiche monetarie della Banca Centrale Europea a Francoforte.

Su quanto possa essere duratura questa rinascita nipponica è difficile dirlo e segni di rallentamento al momento non sembra ce ne siano, neanche sui mercati finanziari con l’indice Nikkei 225, il principale della borsa di Tokyo, che guadagnato ben oltre il 45% da inizio anno. Rimangono due nodi fondamentali da risolvere che il Primo Ministro Abe nei prossimi mesi dovrà necessariamente prendere in considerazione per evitare che queste manovre, messe in piedi da inizio anno, perdano di efficacia:

–          avviare delle reali e durature riforme strutturali nel paese, in particolare mirate a ridurre gli effetti del forte invecchiamento della sua popolazione e le ingenti spese per il sistema previdenziale e quello sanitario

–          monitorare lo yen debole che, accompagnato alla mancata crescita dei salari medi, potrebbe frenare la crescita dei consumi se i prodotti importati dovessero diventare troppo cari per i giapponesi

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