Guariglia/2: ASL- La Quiete,le malattie mentali e la guerra dei vent’anni

Aldo Bianchini

SALERNO – Diciamola subito e tutta. Da vent’anni a Salerno si combatte la guerra sulle malattie mentali tra l’ASL e la casa di cura La Quiete, con errori e strategie sbagliate da entrambe le parti in causa. Non può essere sottaciuto, però, che contro Leonardo Calabrese (patron de La Quiete) l’ASL sta portando avanti una battaglia senza esclusione di colpi e fino al punto di mettere quasi al bando l’unica struttura capace di curare le malattie mentali. Ora apprendo dalla lettura del quotidiano “Il Mattino” dell’esistenza di una relazione, quasi un dossier, sottoscritta dall’avvocato Leonardo Calabrese (patron della sanità privata salernitana con la casa di cura “La Quiete” e con il “Cedisa”) sullo stato dell’arte della “sanità mentale” nel nostro territorio. Pur facendo il mestiere del giornalista da tantissimi anni non sono mai stato così fortunato da possedere le strutture storiche de Il Mattino e per questo mi devo arrangiare per commentare, sbagliando spesso e quasi sempre assumendomi responsabilità dirette nel fare nomi e cognomi. Sarà un mio limite ma non sono mai riuscito a capire come si fa a scrivere che ci sono responsabilità dell’ASL quasi prefigurando uno scenario in cui l’ASL assume le sembianze di una persona fisica quando invece l’ASL, come dicevo, ieri, non c’è, non esiste, è impalpabile, ed è fatta di uomini che hanno nomi e cognomi; e su quelli bisogna andare dritti e, se possibile, picchiare. Non ho le strutture de Il Mattino ma conosco benissimo Leonardo Calabrese ( come forse nessuno lo conosce in questa Città e non solo per il fatto di aver amministrato la sua televisione -Quarta Rete-) da oltre venti anni. Con lui spesso ho parlato, senza mai assumere la veste di servo sciocco, della sanità pubblica salernitana e delle nefandezze che in essa si annidano, dai ricatti alla caccia agli incarichi, dalle prevaricazioni quotidiane alle strategie offensive, dalle finte legalità alle palesi illegalità. L’avvocato Calabrese a me non ha inviato la sua relazione, non ne ho bisogno, lui lo sa benissimo; questo denota anche la trasparenza del nostro rapporto che certamente non è finito con la chiusura della tv, lui mai padrone e io mai servo in una città dove il modo di fare informazione tra servi e padroni è all’ordine del giorno. Calabrese denuncia una serie di situazioni insostenibili ma non parla della “guerra dei vent’anni” (fo9rse non è giu7nto ancora il momento !!) che la ASL/Salerno ha scatenato contro di lui servendosi di servi sciocchi, alcuni dei quali neppure tanto trasparenti. Anche la Procura della Repubblica ha le sue responsabilità in questa guerra dei vent’anni, ma nessuno lo dice. All’epoca dei fatti di San Gregorio Magno, che Calabrese evoca su Il Mattino, io e l’allora direttore sanitario de La Quiete (dr. Domenico Belpedio), dopo aver verificato sul posto fatti – circostanze e luoghi sottoscrivemmo un esposto-denuncia, con perizia giurata, depositato in Procura; esposto che è rimasto seppellito negli enormi faldoni di quel processo e nessuno si è mai preoccupato di chiamarci a testimoniare. “Forse perché l’esposto è riconducibile a La Quiete” mi disse un giorno mestamente l’avvocato Calabrese, era proprio così. Ci sono medici e dirigenti dell’ASL del settore malattie mentali che negli anni si sono divertiti a prendere di mira La Quiete, passando sulle teste dei poveri ammalati, pur di contrapporsi al manager ed all’uomo Calabrese (odiato, invidiato, amato, offeso, calpestato, osannato !!) che avrà tutti i difetti di questo mondo (e certamente ne ha !!) ma che ha al suo attivo una perfetta conoscenza delle leggi e del trattamento dei malati di mente. Sono stato una volta testimone oculare di una visita ispettiva fatta da alcuni medici del’ASL su ricoverati presso La Quiete; calcolai cronometricamente che per ogni ammalato quella mattina gli ispettori non dedicarono più 2 minuti e 40 secondi per stabilire se dovessero continuare o meno il ricovero. Allucinante, semplicemente allucinante. Per quei medici il necessario fu assolvere ad un compito: quello di bloccare il ricovero pensando così di produrre un danno all’odiato magnate Calabrese. Ma la storia della sanità pubblica in questa provincia è meglio, forse, non scriverla; sperò però che almeno il direttore generale Antonio Squillante trovi la forza di leggere qualche rigo dei miei articoli per capire meglio in che mondo è stato chiamato a muoversi e ad operare. Oggi vi lascio, amici lettori, con due riflessioni. La prima riguarda lo staff medico de La Quiete; in quella casa di cura da tempo immemore hanno capito che i pazienti come Renzi, non ritenendosi malati, appena soli non si curano più; non so se tutti i medici dell’ASL questo principio fondamentale del malato mentale lo conoscono. La seconda riguarda, come vi avevo anticipato ieri, che cosa è successo presso La Quiete alla fine di maggio per il paziente Renzi (presunto assassino della mamma); nell’imminenza delle sue dimissioni avvenute il 5 giugno 2013 i sanitari de La Quiete, preoccupati per le condizioni estremamente gravi, inviarono un fax al DSM ed all’UOSM della ASL; era il 31 maggio 2013. A domani per sapere cosa c’era scritto in quel fax.

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