Opere d’arte sparite e un pensionato furibondo

 

di Carmelo Currò

SALERNO – Molto parlare e molta folla, per le grandi giornate estive della nostra cultura, specialmente in occasione degli appuntamenti che hanno visto musei aperti e visite notturne. Poco, invece, il parlare sulla difesa del nostro patrimonio, sulle sparizioni, sui crolli, sul disfacimento, sulla mancanza di conoscenza e di approfondimento. Specialmente quando si ha a che fare su un patrimonio immaginato minore ma che è proprio quello che forma un humus di estrema importanza per l’Italia e per le singole località ma che è il più esposto ai pericoli: quello destinato ad evaporare senza che, a volte, nessuno se ne accorga. E se qualcuno, come me, scopre quanto è avvenuto, lancia segnali d’allarme, si mette alla caccia di responsabili e di disattenti, corre anche il rischio di

passare per guastafeste e ineducato, se non di essere insultato e minacciato. Tutti ormai sanno, nonostante numerosi tentativi di impormi un cortese silenzio, che da anni denuncio (anche con veri esposti alle Forze dell’Ordine e al Ministero, oltre ad articoli e numerosi servizi televisivi) come io abbia scoperto sparizioni misteriose da enti pubblici della mia provincia. La Soprintendenza, dopo molto tempo di silenzio, ha dovuto ammettere che dai depositi del museo diocesano sono scomparsi dipinti di grandi dimensioni. Ho personalmente scoperto che materiale archivistico era sparito dagli archivi parrocchiali di Ricigliano (il più importante), Perito, Cava dei Tirreni, dall’Archivio di Stato di Salerno, mentre nuove segnalazioni mi vengono sottoposte da persone che periodicamente leggono le vicende della mia battaglia. Da alcuni mesi un nuovo nume tutelare della cultura e dei ricordi, si è tuttavia levato contro di me, accusandomi, udite udite, di aver sminuito l’opera e la vita non di Ludovico Muratori, padre della Scienza storica, ma nientedimeno di suo zio il canonico Carucci, già direttore del museo diocesano di Salerno, di cui il vecchio cardiologo in pensione che scrive da Milano si definisce “nipote erede”. Costui il quale inveisce in ogni modo possibile nei miei confronti, mi accusa di aver vilipeso la memoria e le opere dello zio. A sentire questo pensionato, io avrei scritto ovunque che lo zio è responsabile dei furti, e che ho dileggiato i suoi saggi di storia. Sui saggi di storia del Carucci (per non parlare di quel che ha scritto il suo prozio Giacinto), c’è poco da aggiungere; ed io vorrei tanto che l’arzillo pensionato leggesse anche tutto quello che ho scritto su altri saggi storici di cui mi si inviano copie perché vengano da me recensite, e di cui scrivo quel che mi pare, senza mai scadere nell’ingiuria. E’ chiaro che se uno scrive un

diario, non si ha il diritto di parlarne o scriverne. Ma che se qualcuno pubblica un saggio o un libro, allora lo espone al giudizio del pubblico e degli esperti, e allora deve attendersi critiche favorevoli o sfavorevoli. Ma che io abbia mai detto che Carucci sia stato responsabile dei furti, certo, è una ipotesi divertente, e sarebbe sufficiente una lettura anche superficiale per accorgersene. Piuttosto, e lo ribadisco, chi si trova a capo di una istituzione che subisce un oltraggio come un furto grave, dovrebbe essere giudicato responsabile di quanto è avvenuto. A mio avviso, il direttore del museo diocesano o quello dell’archivio di Stato andavano quanto meno dimissionati a causa delle sparizioni. O almeno avrebbero dovuto fornire notizie su chi aveva frequentato i locali affidati alla loro custodia e alla loro direzione. Insomma, chi si aggirava per i depositi del museo diocesano, per i locali dell’archivio di Stato o dell’archivio diocesano, e ha potuto far sparire indisturbato materiale di dimensioni anche notevole? Se il nipote ed erede di Carucci si ritiene offeso per questo, può stare con l’animo tranquillo perché io continuerò a pubblicare sulla stampa, in televisione o su internet quante più notizie e inviti possibili, senza lasciar nessun sito libero, per mantenere viva l’attenzione sulla notizia delle sparizioni, e per tentare un recupero dei nostri beni, così come è avvenuto per il materiale di Ricigliano, rinvenuto dopo anni in casa di un defunto “studioso” che aveva dimenticato di riconsegnarlo. Quel che però nausea e di cui voglio dare notizia, è quanto scrive a chi può  il nipote ed erede e pensionato del Carucci. In una girandola di offese, egli mi accusa di essere un bugiardo, un ignorante, di aver comprato le mie lauree come il figlio di Bossi, di essermi laureato a Fiesole (c’è una Università in quella città?), di venire dalla Sicilia terra di mafiosi, di non essere ispettore del Ministero dei beni culturali, di essere gay, di essere connivente con i ladri delle tele, e chi più ne ha più ne metta. Queste incredibili ingiurie sono state ripetute in numerose lettere (si è procurate persino alcune buste col logo del Teatro alla Scala) inviate a me, all’Arcivescovo, a siti, e a giornali (anche a giornali cui collaboro), in genere suscitando grande ilarità. Ma sono culminate in invio di materiale pornografico e persino nella mail con la descrizione di una violenza sessuale cui lo stesso pensionato erede sarebbe stato sottoposto da parte di un custode del duomo di Salerno. E’ chiaro che io non ho niente contro i gay ed altre categorie. Ma certi particolari scabrosi e disgustosi nauseano il prossimo, sia che vengano scritti da un gay, sia che vengano inviati da un eterosessuale. Queste frasi dimostrano piuttosto un’estrazione culturale degradata contro cui non si può proprio combattere. Infine, il pensionato nipote ed erede sbandiera di avermi denunciato. Non è la prima volta che viene annunciata una simile iniziativa. Già anni fa, dopo che io scrissi come una certa famiglia discendesse da un contadino di Capri e non da un martire romano, un’aspirante dama locale minacciò di denunciarmi per sottrazione di antenato. Buon divertimento.

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