D’ANDREA/18: la morte e le relazioni eccellenti

Aldo Bianchini

SALERNO (19 dic. 2013) – Esattamente dodici anni fa moriva nel padiglione Palermo (riservato ai detenuti – sezione staccata del carcere di Secondigliano)) dell’ospedale Cardarelli di Napoli alla giovane età di 55 anni Cosimo D’Andrea. Era stato arrestato il 12 giugno 2001 e rinchiuso nel carcere di Opera a Milano dopo una lunga battaglia legale culminata con uno strano e, per certi versi, contraddittorio provvedimento dell’Autorità Giudiziaria che disponeva la “detenzione in carcere” del famoso collaboratore di giustizia che invece di essere tutelato venne mandato al massacro. Insomma, come dire che invece di tenerlo ben conservato in una sorta di bomboniera per fargli raccontare tutto quello che probabilmente sapeva, venne mandato letteralmente al massacro. Perché non sapeva niente ? Perché sapeva troppo ? Perche sapeva, forse, cose inconfessabili e deleterie per politici, amministratori e stessi investigatori ? Probabilmente non lo sapremo mai, in primo luogo perché Cosimo D’Andrea non c’è più ed in secondo luogo perché, oggi come oggi, nessuno ha più voglia di indagare e di avere delle risposte alle tantissime inchieste insolute. D’Andrea era, verosimilmente, divenuto il capro-espiatorio di tanti personaggi e di tantissime responsabilità. Come, solo per fare un esempio, quell’affare da svariati miliardi di lire risalente agli anni ‘80 ben nascosto dietro l’aggressione del cemento per gli insediamenti abitativi sulla costa cilentana da Agropoli, Acciaroli (!!!), Ascea fino a Palinuro. Un affare miliardario sul quale indagarono a turno Michelangelo Russo, Mariano De Luca e Antonio Esposito (si proprio quello che ha condannato Berlusconi in Cassazione). In quell’inchiesta si parlò di Ninuccio Marrandino (il boss della Piana del Sele) e dei suoi rapporti con Raffaele Cutolo; vennero descritte le visite che Cutolo (mentre era nascosto ad Albanella) effettuava insieme a Marrandino sui posti dove effettuare le speculazioni edilizie lungo i 230 chilometri di costa; venne spiegato ogni dettaglio su come il malaffare riusciva a superare la legge regionale D’Angelo-Porcelli (che impediva di costruire entro 500 metri dal mare) e furono addirittura elencate tutte le società o i soggetti privati (imprese e imprenditori) che nacquero, crebbero e proliferarono all’ombra del duo Cutolo-Marrandino. Ebbene alla fine di quelle clamorose inchieste appariva sempre e solo il nome di Cosimo D’Andrea come l’unico vero e demoniaco intrallazzatore di tutto su tutti; una cosa questa che poi si è trascinata per anni, dal 1987 fino al 2001. Ma di tutto questo avremo tempo e modo di parlarne. Oggi questo spazio è riservato alla commemorazione ed al ricordo di un uomo che, suo malgrado, fu costretto ad attraversare mari tempestosi; quegli stessi mari che lo trascinarono alla deriva su una zattera senza possibilità di scampo mentre tutti, politici – amministratori – magistrati – affaristi – camorristi e semplici beneficiati, lo spingevano verso una fine senza ritorno. Il nostro pensiero va alla famiglia di D’Andrea, ai suoi figli.

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