D’Andrea/19: da Ligresti agli Armellini, la storia non cambia

 

Aldo Bianchini

SALERNO – La storia di Cosimo D’Andrea e delle sue stellari conoscenze si fa sempre più interessante. Il compianto Cosimo era ritenuto dai magistrati salernitani uno dei capi indiscussi della camorra campana e non solo, per questa ragione è stato in alcuni momenti considerato un “collaboratore di giustizia” credibile ed in altri momenti un elemento da eliminare ad ogni costo. Forse perché sapeva troppo o perché avrebbe potuto abbattere dalle fondamenta alcuni castelli imprenditoriali di grande livello ? Sulla base di questi interrogativi mi sono sempre posto la domanda sul perché i giudici salernitani che lo hanno “avuto in cura” nelle patrie galere ed anche fuori non hanno voluto (o potuto !!) andare alla scoperta dei veri rapporti “imprenditoriali” che il cosiddetto “don Cosimo” aveva intrecciato con l’altra parte dell’Italia che conta, quella che andava dai Ligresti ai Gelli passando dagli Armellini per finire ai Berlusconi ed agli Armellini. Di questi rapporti ho già parlato nelle precedenti puntate di questa storia; oggi è importante ritornarci alla luce di quanto sta accadendo alla “nobile casata capitolina” degli Armellini capeggiata dalla vincente e aggressiva imprenditrice Angiola finita in uno scandalo mediatico senza precedenti per via delle oltre mille unità abitative che avrebbe nascosto al fisco soltanto nella città degli “imperatori romani”. Prima di arrivare ad Angiola Armellini, però, è bene rivisitare l’intricata rete di rapporti intessuti da D’Andrea in un “sistema di amicizie trasversali” tra grandi colossi imprenditoriali e, probabilmente, la malavita organizzata che spesso vive e vegeta su questo labirinto di amicizie dorate e favolosi guadagni. Qui parliamo di milioni e milioni di euro, non certamente di bruscolini.  Per Cosimo D’Andrea il primo fu, forse, Salvatore Ligresti, imprenditore calabro-milanese con la propensione verso le grandi amicizie collegate ed intrecciate tra loro. Ma andiamo avanti ed analizziamo il rapporto di amicizia tra Cosimo D’Andrea e Salvatore Ligresti (capostipite della potentissima famiglia calabrese emigrata a Milano). Il primo incontro sarebbe avvenuto nella “contea di Mealla” ad Orvieto. Lì Cosimo possedeva un castello a Castelgiorgio (100 stanze) che sarebbe stato acquistato grazie all’interessamento della famiglia Ligresti che avrebbe agito da “mediatore” nell’operazione immobiliare coordinata dal potentissimo e famosissimo capo della Loggia P2 “Licio Gelli”. Ma torniamo al primo incontro con Ligresti; sarebbe avvenuto alla presenza dell’ing. Alessandro Mei (marito di Angiola Armellini una delle componenti della potentissima famiglia capitolina). All’epoca Mei era titolare della Fincom, uno dei più forti istituti finanziari d’Italia, che aveva la sua prestigiosa sede in un intero palazzo di otto piani al centro di Roma. Su quell’Istituto, negli anni, sono state scritte pagine e pagine di cronaca con accuse ed assoluzioni di tutti i tipi. In quel palazzo Cosimo D’Andrea si muoveva come uno di casa ed aveva addirittura un ufficio in cui ricevere personaggi della politica e dell’imprenditoria. Si racconta che il rampante “don Cosimo” da quegli uffici muoveva affari per mezzo mondo ed era solito accompagnare la conclusione degli stessi con regali di un certo prestigio. Ad un personaggio molto vicino a lui, per via delle sue entrature nel mondo dell’alta finanza, sembra che avesse regalato addirittura una fiammante Ferrari Testarossa. Possibile mi sono chiesto che gli inquirenti salernitani si siano, a turno, fermati davanti alle porte del tempio nel quale esercitava le sue relazioni ad ampio raggio il mitico o famigerato Cosimo che possedeva un castello di 100 stanze e regalava fiammanti Ferrari. Davvero non so darmi una risposta comprensibile. Se solo avessero creduto alle dichiarazioni già fatte o a quelle che prometteva di fare D’Andrea, i nostri inquirenti avrebbero messo le mani su “tesori impensabili” di notizie, di amicizie, di collusioni e di relazioni pericolose. Probabilmente già una decina di anni fa il giudice Antonio Centore (l’ultimo in ordine di tempo ad interrogare D’Andrea nel carcere di Opera a Milano il 19 luglio 2001) se si fosse spinto un poco più in là avrebbe messo le mani sugli stessi Armellini che oggi sono al centro di uno degli scandali di evasione fiscale tra i più incredibili della storia italiana. Purtroppo così non è stato e tutto è stato scaraventato nell’oblio del tempo. Cosimo D’Andrea è stato dovunque, nel palazzo del potere romano degli Armellini, nella Villa Wanda ad Arezzo che era il tempio della P/2 di Gelli, nel castello di Orvieto con 100 stanze, nel covo milanese dei Ligresti, così come aveva conosciuto Virgiluio Colangelo (gelido killer della camorra) 

 

 

Ma D’Andrea si era fermato a Ligresti e Gelli  era riuscito a varcare il cancello di Arcore ? Cercherò di svelarlo nelle prossime puntate.

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