Il 2014 anno decisivo per il futuro degli emergenti

 

Filippo Ispirato

Fino a pochi mesi fa i paesi emergenti venivano presi dall’economia e dalla finanza mondiale ad esempio, come sistemi economici in forte crescita rispetto alle vecchie e stanche economie dell’eurozona, in particolar modo dell’area mediterranea, alle prese con una crescita vicina allo zero, con problemi di debito pubblico da risanare, un sistema di Welfare troppo garantista ed un mercato del lavoro ingessato che offriva poche opportunità di sviluppo e occupazione per le giovani generazioni.

Il mondo della finanza, che ama creare delle sigle, aveva coniato il termine PIIGS, acronimo di Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna, per indicare quel gruppo di paesi europei in forte difficoltà e recessione dopo lo scoppio della crisi legata ai mutui subprime nel 2008, in contrapposizione ai BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) o STIM (Sudafrica, Taiwan, Messico ed Indonesia), passando per le islamiche Turchia e Dubai, che al contrario rappresentavano i nuovi modelli economici vincenti che avrebbero nel giro di qualche decennio soppiantato la vecchia Europa nello scacchiere economico mondiale. 

Daqualche tempo si sente parlare di crisi anche relativamente ai paesi emergenti, alle prese da inizio anno con una forte svalutazione delle loro monete e la fuga di capitali da parte di investitori alla ricerca di paesi più stabili in cui investire (Germania, Stati Uniti e Giappone in primis).Cosa sta succedendo in questo particolare momento economico e quali sono i principali timori legati ai paesi emergenti?

Innanzitutto un fattore comune alla maggior parte i paesi presi in considerazione (Brasile, Messico, Indonesia, Sudafrica, India,Turchia, Argentina) è il forte indebitamento della loro bilancia commerciale nei confronti dei creditori esteri (banche d’affari, altre nazioni o istituzioni internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale). I paesi emergenti si finanziano quasi esclusivamente in dollari e le loro monete locali, soggette a forti  svalutazioni nei confronti del biglietto verde, vedono costantemente aumentare il loro debito.

Caso scuola l’economia argentina, la cui moneta locale, il peso argentino, ad inizio settimana si è svalutato di quasi il 10% per via della situazione di difficoltà economica che sta attraversando il paese nell’ultimo biennio.

Altro tallone d’Achille che accomuna i paesi emergenti, Russia, Cina o Brasile che siano, è l’alto livello di corruzione che rende meno efficienti i loro sistemi economici, creando grandi sacche di inefficienza e di spreco di risorse pubbliche, che mantengono elevati livelli di diseguaglianza all’interno dei loro sistemi sociali.

Ma il 2014 sarà un anno importante per alcune nazioni in quanto ci saranno le elezioni politiche che potrebbero avere conseguenze diverse per le loro economie.

Anche in questo caso la finanza si è divertita a creare la nuova sigla BIITS (Brasile, India, Indonesia, Turchia e Sudafrica) per indicare i cinque paesi emergenti vicini alle prossime tornate elettorali e, quindi, a maggior rischio vulnerabilità sulla scena mondiale.

La prossima estate in Brasile, mentre si svolgeranno i Mondiali di Calcio, i brasiliani saranno chiamati ad eleggere il nuovo presidente che li governerà nei prossimi quattro anni.

La Presidente in carica DilmaRoussef, durante il suo mandato, secondo la maggior parte degli analisti politici ed economici, non ha avuto la forza dirompente ed innovatrice del suo predecessore Lula, ma al contrario, ha spesso interferito in maniera pesante sull’economia del paese senza apportarne benefici o migliorando la condizione economica della popolazione. Dimostrazione sono state le manifestazioni di protesta scoppiate l’estate dello scorso anno nelle principali città contro l’elevata corruzione, i forti squilibri sociali, una forte svalutazione della moneta locale (il real) ed una spesa pubblica scarsa ed inefficiente.

In India, la svalutazione della rupia e l’alto tasso di inflazione hanno indebolito l’economia del gigante asiatico e ridimensionato la forza dei principali partici politici di stampo democratico, che hanno perso consensi a favore di partiti regionali di minoranza ed estremisti.

Se alle prossime elezioni politiche, che si terranno in primavera, dovessero prendere il potere delle forze estremiste, l’India, la più grande democrazia del mondo, rischierebbe di avere un governo autoritario o populista simile, ad esempio, a quello venezuelano.

Decisamente migliore è la situazione dell’Indonesia, il più grande paese di religione musulmana, con i suoi 300 milioni di abitanti.

Sebbene la sua economia abbia subito dei rallentamenti lo scorso anno, il favorito alle prossime elezioni dovrebbe essere Widodo, governatore di Jakarta, capitale del paese, che da sempre si è distinto per la sua apertura all’economia mondiale, ai sistemi democratici e al dialogo con le minoranze dei cinesi e dei cristiani presenti nel paese.

La Turchia sta vivendo un momento di forte instabilità; da sempre in attesa di entrare in unione Europea (dal lontano 1963, anno in cui furono aperti i negoziati con Bruxelles) il Governo di Ankara, guidato negli ultimi anni da Erdogan, nel corso del biennio 2012/2013 ha avuto un forte calo di popolarità per via degli scandali legati ad episodi di corruzione e alla limitazione di alcuni diritti acquisiti in nome della morale islamica.

Nelle prossime elezioni presidenziali del 2014 tra i candidati favoriti c’è il democratico Abdullah Gul, ma l’incognita dell’attuale presidente Erdogan, anch’esso candidato, è ancora molto forte, visto il costante appoggio delle frange più tradizionali dell’elettorato turco.

Infine il Sudafrica, a cui personalmente ho dedicato un articolo/intervista a fine 2012 (https://www.ilquotidianodisalerno.it/2012/11/21/sud-africa-parla-il-prof-carel-van-de-aardt/), le cui elezioni nazionali si terranno a fine anno.

L’economia più importante del continente nero è governata dal 1994, anno delle prime elezioni libere e democratiche , dall’ANC, l’African National Congress, il cui leader Nelson Mandela è stato poi sostituito da Jacob Zuma.

Il paese nel corso di questi vent’anni non ha effettuato ancora delle riforme economiche valide, il tasso di disoccupazione è ancora molto alto ed il cancro della corruzione è molto vivo, oltre all’alto livello di criminalità che mina fortemente allo sviluppo dell’economia locale.

Il Sudafrica l’anno scorso è cresciuto solo del 2%, una cifra di tutto rispetto per economie mature ed avanzate come quelle europee, ma estremamente contenuto per un paese emergente.

Il problema principale  per il futuro economico, politico e sociale del paese è la mancanza di un’opposizione che abbia una forte rappresentanza in parlamento; a questo si affianca la pericolosa bolla del credito che, come analizzato nell’intervista al Professor CarelVaanDerArdt, potrebbe gravare pesantemente sulla sua economia.

One thought on “Il 2014 anno decisivo per il futuro degli emergenti

  1. Speriamo che questi stravolgimenti politici nei paesi emergenti non condizionino negativamente la nostra economia

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