LAVORO: morti bianche, sicurezza e controlli !!… il ruolo dell’Inail

 

Aldo Bianchini

 

SALERNO – Per la prima volta, forse, il problema delle morti bianche, della sicurezza sul lavoro e dei controlli è stato messo al centro di tutte le manifestazioni del 1° maggio, da Roma a Taranto, da Torino a Milano. Forse sarà stato l’effetto della sentenza della Cassazione che ha rimandato a nuovo processo la decisione sulle pene da infliggere agli uomini d’oro della Thyssen Krupp di Torino per la morte dei 7 lavoratori nel dicembre del 2007, forse sarà stato l’effetto delle tanti “morti bianche“ che in tutto il Paese, quasi come una recrudescenza del fenomeno, sono state registrate in questi ultimi mesi e che hanno fatto si che la statistica dell’INAIL sia nuovamente salita verso le punte drammatiche di tre morti al giorno per motivi di lavoro. Fatto sta che il problema è nuovamente rimbalzato all’attenzione generale del Paese dopo quelle esternazioni del Presidente della Repubblica del luglio del 2006 che diedero una leggera spinta avanzata verso la sua risoluzione. Ma è ritornato al centro degli interventi anche un altro problema che non è secondario rispetto al primo, ovvero il problema dei costi degli infortuni sul lavoro che gli addetti alle statistiche avrebbero fissato nella misura di circa 50 miliardi di euro all’anno. Il nostro Paese, cioè, paga in termini di soldoni come “costo infortunistico” una cifra che è di gran lunga superiore alle tante e costosissime “manovre finanziarie”. Se solo riuscissimo a contenere il <<fenomeno infortunistico>> potremmo abbassare il <<costo sociale>> dell’intero pianeta infortuni in funzione di un arretramento anche delle grandi manovre finanziarie. Probabilmente, e da solo, il problema legato alla prevenzione, cura, riabilitazione, giornate di lavoro perse, potrebbe contribuire a risolvere gran parte dei mali del Paese. Ma questa cose le sappiamo tutti e, purtroppo, nessuno è mai riuscito o riesce a fare qualcosa di risolutivo. Ma il 1° di maggio scorso si è parlato anche del problema legato ai controlli che <<vengono fatti da più enti e talvolta senza sapere nemmeno quello che si fa>> ha gracchiato in un  microfono un poco informato sindacalista, il quale invece di chiedersi quali e quanti danni ha prodotto il sindacato in questo Paese ha cercato di scaricare sugli altri tutta la responsabilità di un sistema che non funziona. Se per tutte le altre problematiche di questo incancrenito sistema posso parlare soltanto come cittadino e utente, per quanto attiene i controlli posso permettermi anche di dire la mia. Non per niente ho svolto per 37 anni l’attività di “ispettore di vigilanza degli infortuni sul lavoro” quale dipendente dell’INAIL. Perché gli ispettori che fanno i controlli sono in buona fede e chi dovrebbe organizzarli e disciplinarli anche legislativamente è latitante ? Cerco di chiarirlo in poche battute. Entrai all’Inail con concorso pubblico il 12 settembre del 1964, in tempo per vedere la luce del DRP n. 1124 del 30 giugno 1965 <<Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali>> che racchiudeva, appunto, in un unico testo di legge tutte le disposizioni legislative che nei decenni precedenti avevano caratterizzato la nascita e la crescita della cultura della prevenzione come concetto primario in una società civile e democratica. Da quel T.U. veniva fuori anche l’intenzione del legislatore di unificare in un unico strumento operativo di controllo mettendo insieme la varie professionalità: Ispettorato del Lavoro, Inail, Inps, Inam, Enpi ed altre strutture satellitari che nel frattempo erano divenute carrozzoni politici che venivano di volta in volta riempiti di gente che non aveva nulla a che fare con il mondo del lavoro e, soprattutto, della sana ed intelligente prevenzione che non dovrebbe mai sfociare in mera e improduttiva repressione. Ebbene da quel momento sia in Parlamento che nel Paese si scatenò una vera battaglia senza esclusione di colpi e ad ogni ente soppresso (pochissimi in verità !!) ne venivano fuori almeno due o tre nuovi. Emblematico il caso dell’ ENPI (Ente Nazionale Prevenzione Infortuni) che forse poteva raccogliere in se le funzioni ispettive degli altri Enti e che, invece, fu travolto nel marasma generale della cosiddetta riforma sanitaria del 1975 che spazzò via anche l’Inam (la mitica cassa mutua !!). Insomma in cinquant’anni non è stato mai costituito un “unico ente di controllo” e questo non certo per colpa degli operatori del settore, come è facile capire. Una politica farraginosa ed inquietantemente litigiosa ha prodotto soltanto il cambiamento delle <<sigle>> con cui chiamare gli Enti, e nulla più. Anzi gli enti preposti ai controlli sono aumentati fino al punto che oggi è difficile districarsi in una marea di sigle vecchie e nuove: Direzione Provinciale del Lavoro, Inail, Inps, Ipsema, Ispesl, Asl, Carabinieri, Finanza (solo per citarne alcune !!). Con il rischio che, praticamente, ognuno scrive quello che crede e che spesso è in contrapposizione con quanto scritto dagli altri; poi su tutti e su tutto arriva la magistratura che parla chiaramente un linguaggio completamente diverso da tutti perché scritto dai famosi CTU che sono il braccio armato dei diversi Pubblici Ministeri che, nell’ottica dell’autonomia e dell’indipendenza, la pensano in maniera assolutamente difforme l’uno dall’altro. Questo è lo stato dell’arte, purtroppo. L’Inail (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro) ha cercato sempre, e da sempre, di fare il suo meglio nel tentativo di disciplinare una materia abbastanza difficile e complessa; da svariati anni ha portato la cosiddetta <<cultura della prevenzione>> nelle scuole di ogni ordine e grado, nella fabbriche e nei cantieri, direttamente e con grande sacrificio degli operatori che hanno ciecamente creduto in una missione nobile e socialmente molto apprezzabile. Ma i risultati non sono venuti come dovevano; c’è un muro di gomma che respinge tutto al mittente, una difesa a tutti i costi della varie posizioni in campo nonostante a livello ufficiale si dichiara il contrario. Bene ha fatto l’altro giorno il direttore generale dell’Inail, Giuseppe Lucibello, coriaceo calabrese di Melito di Porto Salvo, a lanciare il grido d’allarme sul sistema infortunistico per richiamare l’attenzione di tutti, dal legislatore ai sindacati, dalle istituzioni alle imprese, su un fenomeno che se contenuto nelle percentuali europee potrebbe da solo risolvere tanti problemi, a cominciare (non dimentichiamolo mai !!) dalle tante morti bianche che un Paese civili non può e non deve permettersi. Il direttore generale dell’Inail ha anche annunciato la messa a disposizione di oltre 200milioni di euro da investire in sicurezza; una cosa incredibile e mai fatto da nessun altro Ente. Ma il discorso, ovviamente, è lungo, molto lungo.

 

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