SCUOLA/2: i genitori e le maestre di Caselle !!

 

Aldo Bianchini

 SALERNO – Al momento in cui mi accingo a scrivere questo secondo approfondimento sul presunto <<scandalo di Caselle>> non so se l’avvocato Francesco Maldonato, difensore della maestra Rina Lovisi di 55 anni (fonte Il Mattino del 28 maggio 2014) tuttora agli arresti domiciliari, abbia o meno letto il mio primo articolo sulla vicenda pubblicato su questo stesso giornale il 3 giugno 2014 ed ancora leggibile. Io mi sono preoccupato di avvertirlo via sms non tanto perché il mio articolo fosse risolutivo della vicenda e pertanto andava letto, piuttosto perché nel contesto di quello scritto avevo segnalato (allo stesso avv. Maldonato) un aspetto molto importante, a mio avviso, di quanto accaduto in quella scuola di Caselle in Pittari, un aspetto forse tralasciato almeno dalla stampa. Dall’ascolto, ripeto, del filmato messo in onda sul web, proprio mentre la maestra ai domiciliari cercava di piegare la testa del bambino sul banco e presumibilmente sui libri, si sente chiaramente la frase << … l’ho detto tante volte a tua madre …>> che vuol dire tutto e niente. C’è qualcosa di strano, però, lasciatemelo dire in tutta questa storia, la rabbia assolutamente ingiustificata e ingiustificabile con cui Rina Lovisi con la gestualità e le parole si rivolge al bambino è sospetta, nel senso che potrebbe nascondere un qualche meccanismo che si è inceppato tra la maestra e la stessa famiglia del piccolo e ignaro scolaro. Insomma una maestra, che è anche donna e soprattutto mamma, insegnante in un paesino molto piccolo, conosciuta da tutti, verosimilmente anche stimata per la credibilità che ha conquistato in tanti anni di insegnamento, all’improvviso quasi impazzisce e perde la pazienza che invece (a detta di molti !!) sarebbe stata la sua linea di condotta principale in tanti anni di sereno insegnamento portato avanti sempre con passione e dedizione assoluta; non è normale e neppure tanto credibile. E’ necessario per gli inquirenti, ma anche se non soprattutto per la difesa, scavare nei rapporti interfamiliari comunque esistenti in un paesino di montagna dove si conoscono tutti, anche le pietre. Perché la maestra grida di averlo detto tante volte alla mamma del bambino, e che cosa avrebbe detto alla mamma probabilmente sua conoscente se non proprio amica; e considerata l’età del fanciullo nulla ci vieta di pensare che anche la mamma accusatrice possa essere stata lei stessa una scolara della Lovisi. Una bella e brutta storia, non c’è che dire. Il mio punto di vista, che ovviamente è un punto di vista assolutamente e solo personale, mi porterebbe da inquirente ad andare a scandagliare famiglia per famiglia, almeno di quelle facenti capo agli scolari di questo ciclo, tutti i rapporti amichevoli ed anche le invidie e le fratture esistenti tra i vari gruppi familiari che, ripeto, in una piccola realtà urbana sono sulla bocca di tutti in ogni caso. Questo screening è, a mio avviso, necessario, perché qui non siamo di fronte ad un caso semplicistico di strumentali e gratuite violenze sui bambini come possono essercene in realtà urbane molto più grandi e/o da ghetti dormitorio; no, qui siamo al cospetto di una società molto ben consolidata, anche sana sotto molti aspetti, in cui accade un fatto inaudito di presunta o tentata violenza (il caso giudiziario si apre ancora a molte soluzioni !!) su un bambino in particolare. Bisogna, quindi, esplorare tutte le strade possibili per arrivare alla soluzione, non ci si può fermare al fatto comunque accaduto e che può essere analizzato da più punti di vista; bisogna anche entrare nella psicologia sia della maestra che dei genitori dello scolaro per capire di più e meglio. Una interpretazione che lascia ovviamente tutto il tempo che trova. Ciò che mi ha colpito di quel filmato è, la rabbia, non tanto la violenza, con cui la maestra si è mossa in quei minuti drammatici; una rabbia inconsulta ed inconsueta (almeno così recitano le cronache nascoste del paese !!) che potrebbe anche far pensare ad una cocente delusione per un affetto mal riposto nel bambino e, soprattutto, per un inascoltato appello verso la mamma e/o i genitori del bambino caduto nel vuoto. Soltanto così si potrà capire la vera genesi di quell’azione brutta e condannabile messa in atto dalla maestra che non appare neanche inseribile in quelle tantissime maestre che hanno prima brigato per ottenere un posto di lavoro e che, poi, l’hanno considerato quasi un ripiego o una soluzione necessaria in rapporto a quelle che erano le giovanili aspirazioni di ognuna di loro. Beninteso che questo non è giustificabile assolutamente, ma è un problema che va anche affrontato e discusso, ci sono attività lavorative che vanno svolte con passione, quasi fossero una missione, perché in esse ci si crede da cima a fondo. Infine c’è un altro aspetto, non secondario, che andrebbe affrontato ed è quello relativo alla preparazione psico-fisica dei maestri per affrontare l’aumento incredibile dello stato di irrequietezza dei bambini e della tendenza dei genitori a colpevolizzare sempre e soltanto i docenti. Un episodio significativo di quanto dico è accaduto poco tempo fa in un istituto scolastico comprensivo sito a Trinità di Sala Consilina. Ma di questo ne parleremo nella prossima puntata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *