POSTE: da rifare l’ufficio di Pregiato

Aldo Bianchini

CAVA de’ TIRRENI – Che le poste italiane non funzionino come dovrebbero lo sanno anche i bambini. Sulle Poste e sui suoi addetti fioriscono barzellette al cui cospetto quelle sui Carabinieri impallidiscono. Ma fino a quando ci fermiamo qui il tutto potrebbe anche essere tollerato con uno sforzo almeno di fantasia, senza darsi i pizzicotti sulla pancia (come si suol dire in gergo !!). L’ufficio postale di Pregiato di Cava de’ Tirreni esce decisamente da questo schema di immagine che le Poste propongono verso l’esterno. Quest’ufficio non ha la minima dimensione di <<pubblico ufficio>> e dovrebbe, innanzitutto, essere ricostruito di sana pianta. Le barriere architettoniche non sono state abbattute, non c’è una porta di sicurezza per l’evacuazione in caso di pericolo, il marmo degli scalini è rotto, la porta esistente non è neppure dotata di maniglione antipanico ed in più parti è arrugginita; insomma cose che andavano bene ai tempi di Pappagone. In pratica l’ufficio postale di Pregiato non è altro che una vera e propria trappola. Ma, ovviamente e come sempre, c’è dell’altro, c’è di più. Una collega giornalista va in Posta accompagnata dalla figlia maggiorenne ed universitaria; deve chiudere un libretto di risparmio intestato a lei ed alla figlia ed aprirne uno nuovo intestato semplicemente alla figlia. In pratica si tratta di spostare denaro, già da tempo depositato in posta, su un libretto di nuova apertura. Un’operazione semplicissima, almeno a  giudizio del normale utente. Invece a Pregiato di Cava de’ Tirreni la cosa si complica e diventa un caso clamoroso. L’addetta all’unico sportello (l’altro non funziona), rivolta alla collega giornalista, va giù con una raffica di domande che non hanno alcun senso logico (perché deve spostare i soldi, che mestiere fa, come si chiamavano i genitori …) fino al punto di arrivare a chiedere se il giornale per il quale la collega lavora emette fatture o ricevute di pagamento e/o di incassi. Ma non finisce qui, l’impiegata, che nel frattempo è stata raggiunta dal direttore, arriva anche a chiedere in visione il tesserino di iscrizione all’Albo dei Giornalisti. Incredibile ma vero, un attentato bello e buono alla privacy messo in atto in un ambiente ristretto e con la collega esposta al pubblico ludibrio e con uno dei tanti utenti che quasi le respira sul collo, anche perché giustamente spazientito dal tempo che si sta perdendo. Alla fine la collega rinuncia, un po’ indignata saluta e va via senza aver fatto l’operazione. Cosa dell’altro mondo, quasi un interrogatorio da 007 in piena regola. E se alla collega invece di spostare soldi già depositati le fosse venuto in mente di depositarli o di ritirarli cosa sarebbe successo ? Non so, sinceramente, se la procedura per il semplice cambio di libretto di risparmio preveda simili interrogatori, qualora lo fosse sarebbe assolutamente necessario che le Poste rivedano la loro organizzazione, almeno quella ambientale, per non violare i minimi criteri di tutela della privacy di ognuno di noi.  

 

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