Una foto, una storia, tante vite…

di Barbara Filippone

 

La tecnologia corre talmente velocemente che spesso rimaniamo indietro, quasi a inseguirla, nell’intento di volerci uniformare agli altri;  ecco che, chi resta senza, vive quasi ai margini della società. Una fetta di mercato importante è rappresentata dall’uso dei cellulari, che non sono solo cellulari e di questo ne ho parlato lo scorso anno, ma diventano custodi delle nostre vite… Re incontrastato di questo 2014 è il selfie, traduzione…autoscatto. Non c’è utente, o quasi, che non faccia il selfie durante una vacanza, una partenza che eccolo là parte il selfie. Ma una foto è qualcosa di più, una foto racconta una storia che non sempre è bella, e intanto le società costruttrici di cellulari non fanno altro che adeguarsi alle mode per cercare di accaparrarsi una fetta importante di mercato, gli amanti del selfie che ti da un tono in più; non dimentichiamo che la moda dei selfie l’hanno lanciata loro, i vips, gente con lo scintillio, avrebbe scritto la Carrie di Sex and the City… ricordo perfettamente la prima volta che ne vidi uno su Twitter, altro social network in voga proprio fra la gente non comune, che preferisce un accountiTwitter ad un profilo Facebook…, che mi destò un certo stupore… ma la carne al fuoco per questo argomento è tantissima e volevo solo sottolineare la necessità di volere per forza stare al centro dell’attenzione, perché ci si concentra più sui social network e meno alle persone con le quali condividiamo una serata e ansiosi di vedere quanti “Like” (mi piace) abbia beccato il selfie condiviso? Perché?

Ciò che mi ha indotto ad una riflessione questa mattina in merito alle foto e a loro utilizzo è stato leggere la storia di una fotografa americana, Brenda AnnKenneally, che come tanti altri artisti della macchina fotografica, con le sue capacità e con la sua sensibilità ha raccolto migliaia di fotografie che hanno raccontato il disagio di madri costrette a dare in adozione figli, famiglie che vivono ai margini di una società che li costringe ad una precarietà, depressione e condizioni igienico sanitarie deprecabili… Lei nata ai bordi di Manhattan che  ha vissuto tante esperienze negative, ha fatto, come tanti altri artisti della fotografia, un uso intelligente delle foto. Ma quello che mi preoccupa non è chi ha già i capelli bianchi e utilizza il selfie per raccontarsi, ma sono i giovani, gli adolescenti, chi non ha ancora le istruzioni chiare per vivere, giovani donne che attraverso un selfie ammaliano, seducono, in una società dove un’adolescente tranquillamente espone la propria merce in foto, e ahimè anche dal vivo, al ragazzo di turno… ma la società richiede questo forse? Non lo so, so certamente che il modo di fare notizia sta cambiando, e ciò ha indotto due testate importanti a creare un’unica casa editrice, Italiana Editrice, fra La Stampa e Il Secolo XIX; che i paesi, nello specifico 54, richiedono continuamente gli indirizzi di posta elettronica di chi ha un account di microbloggingTwitter per svolgere delle indagini, il mondo sembra andare più velocemente, gli stessi Tg utilizzano le notizie e i video condivisi sul web… ma gli inviati che ci stanno a fare???

La verità è che corriamo troppo… forse bisognerebbe fermarci un po’, spegnere i cellulari, goderci questo sole precario di un’estate che non sembra estate e farci dimenticare dal mondo.

“E se il mondo ti avrà dimenticato di’ alla terra immobile Io scorro. All’acqua rapida ripeti Io sono” ( R. M. Rilke). E mentre il mondo corre noi ci fermeremo un attimo…

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