Inceneritore di Salerno, è davvero l’unica alternativa al problema rifiuti? Intervista a Michele Melchiorre

Filippo Ispirato

SALERNO – E’ stato approvato a fine Luglio, in piena estate, nella seduta congiunta della commissione Ambiente e Industria del Senato, l’emendamento del Pd sull’impianto di termovalorizzazione in località Cupa Siglia, alle porte di Salerno, per il completamento del quale il Governo ha provveduto alla nomina di un Commissario Straordinario.

L’inceneritore di Salerno è stato inserito tra le opere di rilevanza strategica dal Decreto Produttività.

La scelta della costruzione di un nuovo inceneritore in Campania, dopo quello di Acerra, è ricaduta su un territorio compreso tra i comuni di Salerno, Giffoni Valle Piana, San Mango Piemonte, Montecorvino Rovella e Pontecagnano. Si tratta di una delle zone a più alta vocazione agricola del comprensorio, che annovera produzioni di qualità tra le quali ricordiamo la nocciola tonda di Giffoni, la mozzarella ed i latticini della Valle del Sele o il vino Montevetrano.

Ho intervistato Michele Melchiorre, quale rappresentante del Comitato No Inceneritore e promotore di una petizione che prevede una raccolta firme per bloccare la costruzione dell’impianto. Cercheremo di capire, attraverso una serie di approfondimenti, quali sono la ragioni del Comitato e del perché possa essere auspicabile ricorrere ad una raccolta differenziata maggiore a forme alternative di smaltimento rifiuti, che sono già partite in diverse città europee ed italiane.

Sig. Melchiorre, quando è nato il comitato e perché non è opinabile la realizzazione di un inceneritore nel territorio salernitano?

Non esiste una data precisa di nascita del comitato come non esiste un documento. Nel gennaio 2008  l’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, nomina l’attuale sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, commissario delegato per la realizzazione dell’impianto di incenerimento di Salerno. All’indomani di questa nomina, un gruppo di cittadini residenti nei comuni di San Cipriano Picentino, Giffoni Sei Casali e Giffoni Valle Piana, preoccupati dalla scelta del commissario che designa la piana di Cupa Siglia quale località ospitante per il secondo inceneritore della Campania, si riuniscono per mettere in essere una serie di iniziative mirate a fermare la costruzione dell’impianto di incenerimento. La costruzione di un impianto di incenerimento non è pensabile da nessuna parte, pensarlo poi alle porte dei Picentini, è un paradosso! La città di Salerno e tanti comuni della provincia  hanno percentuali record in termini di raccolta differenziata, sforzi che in parte vengono vanificati in quanto la Campania ha un solo impianto di compostaggio, a fronte degli 11 previsti dal piano regionale, per il trattamento dell’umido, e manca del tutto di un centro riciclo necessario per ridare nuova vita ai materiali provenienti dalla raccolta differenziata. Circa 600000 tonnellate all’anno di umido vengono trasferite fuori regione con costi esagerati che paghiamo noi cittadini e che invece potrebbero essere trasformati in compost, un ammendante per l’agricoltura per le tante colture di qualità dei Picentini e della Piana del Sele. Ricordiamo che questi territori sono il baricentro di importanti produzioni di eccellenza, quali la nocciola igp tonda di Giffoni, l’olio dop colline salernitane, la mozzarella di bufala campana, i vigneti del vino Montevetrano. Le comunità dei Picentini e i territori sono già duramente provati da decenni da una cementeria che ha bruciato rifiuti solidi urbani con emissioni di diossina e mercurio, che superavano i limiti di legge, senza alcun controllo. La discarica di Sardone, il sito di trasferenza di Ostaglio,  e poi ancora le discariche di Colle Barone e Parapoti che hanno ingurgitato di tutto, compresi i veleni delle industrie del nord, senza mai essere bonificate e ancora la centrale termoelettrica e le fonderie Pisano, insomma una situazione grave sotto il profilo dell’impatto ambientale. Abbiamo avuto negli ultimi anni un boom di persone decedute per neoplasie maligne e tanti ammalati di tumore. La  nostra salute risulta già ora fortemente “a rischio” in conseguenza della presenza di polveri sottili e sostanze tossico nocive notoriamente emesse da queste attività. La realizzazione di un mega-inceneritore per il trattamento di 300.000 ton/anno rappresenterebbe un aggravamento della situazione a seguito di ulteriori inquinanti quali diossine, metalli pesanti, furani e nanoparticelle derivanti dal processo di combustione. Mai e poi mai ci saremmo aspettati dal governo un commissario per la realizzazione di un inceneritore, ci aspettavamo invece un commissario per la bonifica delle discariche delle cave, un commissario per la realizzazione di impianti di compostaggio. L’inceneritore di Salerno cosa dovrà bruciare se dal 2020 partirà una direttiva comunitaria che impone di non poter bruciare materiale riciclabile? Spendere 400 milioni di euro per poi essere inservibile tra cinque anni: assurdo! Un inceneritore per rifiuti che non ci sono: l’impianto di Acerra rappresenta il terzo impianto del paese per capacità di trattamento e soddisfa di gran lunga le esigenze regionali, tanto che nel 2013 è rimasto a digiuno per 100000 tonnellate di rifiuti che poteva trattare e non ha trattato perché non prodotti. Ma allora a chi serve e cosa deve bruciare l’inceneritore di Salerno? Il governo giustifica la necessità dell’inceneritore rifacendosi alle sanzioni comminate da Bruxelles per non aver chiuso la gestione dei rifiuti (sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 4 marzo 2010 – causa C-297/08) ma né la direttiva 2006/12/CE, agli articoli 4 e 5, né la procedura d’infrazione 2007/2195, né la causa C-297/08, in nessun passaggio ed in nessun modo, fanno riferimento alla necessità che lo stato Italiano si doti di impianti di incenerimento dei rifiuti. Non solo, ma da Bruxelles hanno inteso pure dire che se il governo Italiano avesse seguito le direttive Europee e le sue convenzioni, per di più da essa recepite tipo “la convenzione di Aarhus” non vi sarebbero state tutte le proteste; in quanto si sarebbero trovate ed adottate le giuste soluzioni, e, non certo le soluzioni imposte con il manganello solo a danno delle popolazioni e dell’ambiente. Noi chiediamo solo che, in alternativa all’incenerimento e alla distruzione di risorse altrimenti utilizzabili, venga soddisfatto il nostro bisogno di impianti di compostaggio e di recupero a freddo di materia, nel rispetto del diritto alla salute, dell’articolo 41 della Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”, del principio di sussidiarietà (articolo 118 della carta Costituzionale), del diritto di partecipazione sancito dalla convenzione internazionale di Aarhus e del principio di precauzione, riconosciuto dalla normativa nazionale e internazionale.

Esistono studi scientifici a sostegno della vostra tesi? Quali conseguenze potrebbero esserci per la salute dei cittadini?

Ancora una volta e in controtendenza rispetto all’Europa intera il Governo ha puntato su una tecnologia arcaica e indiscutibilmente dannosa per l’ambiente e per la salute umana come dimostrato da una letteratura internazionale in continua crescita. Numerose evidenze fornite dalla letteratura scientifica internazionale in continua crescita, hanno ripetutamente dimostrato che gli inceneritori di rifiuti emettono sostanze tossiche per l’ambiente e per la salute, che molte di queste sostanze si accumulano nelle matrici ambientali e nell’uomo, che superano la barriera placentare, danneggiando la vita fetale), che sono trasmissibili persino attraverso il latte materno e che causano un incremento di rischio sanitario per malattie neoplastiche e non neoplastiche, un aumentato rischio di ritardo psicomotorio nei bambini, un aumentato rischio di malformazioni fetali. Queste evidenze internazionali sono valide anche per i cosiddetti “inceneritori moderni” (un maldestro tentativo di migliorare una pessima pratica di gestione dei rifiuti) e la certificazione di un incremento del rischio sanitario per i residenti nei territori limitrofi agli inceneritori deriva anche, oltre che da studi internazionali, da ampi studi nazionali (ad es. lo studio ERAS Lazio, lo studio Moniter), condotti da autorevoli enti pubblici (Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Nazionale della regione Lazio, Arpa Lazio, Regione Emilia Romagna, ARPA Emilia Romagna). Persino sul sito ufficiale del Ministero della Salute, al seguente link http://www.rssp.salute.gov.it/imgs/C_17_tavoleRelazione_6_listaTabelle_tabelleItemName_3_fileTabella.pdf c’è una Tabella tratta dalla “Relazione sullo stato sanitario del Paese 2009-2010”, nella quale si riporta un aumento del rischio relativo di malformazioni congenite e di numerosi tumori maligni in seguito all’esposizione di Comunità alle emissioni da incenerimento dei rifiuti. L’unico inceneritore sicuro è quello spento e il diritto alla salute è un diritto inalienabile!

Come si conciliano raccolta differenziata ed incenerimento dei rifiuti?

Gli inceneritori deprimono la raccolta differenziata e incentivano le modalità di iperconsumo usa e getta tanto care alla grande distribuzione delle multinazionali collocandosi in antitesi con la raccolta differenziata perché hanno bisogno di essere continuamente alimentati da rifiuti per poter funzionare. Differenziare i rifiuti ne riduce il volume e l’ingombro, e soprattutto riduce il bisogno che qualcuno li bruci per smaltirli. Immaginiamo per assurdo che seppure esistesse una macchina magica che bruciasse rifiuti senza inquinare, mi chiedo: ma che senso avrebbe bruciare delle risorse che potrebbero essere condivise con il futuro? A noi interessa il nostro futuro e soprattutto quello dei nostri figli e del territorio che ci ospita, a noi interessano una gestione dei rifiuti che promuove il compostaggio della frazione umida e il riciclo e riuso della materia. Se gli inceneritori producono malattie, la raccolta differenziata e il riciclo dei rifiuti producono occupazione, di particolare menzione è il fatto che, mentre un inceneritore da lavoro a poche decine di persone, un ciclo dei rifiuti integrato fra raccolta differenziata, trattamento meccanico biologico e riciclaggio è in grado di dare lavoro a centinaia di persone. E’ necessario un Centro Riciclo come Vedelago in ogni provincia. La bolletta della spazzatura va incenerita, non i rifiuti!

Ci sono delle tecniche alternative di smaltimento dei rifiuti quali il trattamento meccanico dei rifiuti. Ci sono delle realtà in Italia e all’estero dove questa tecnologia e’ già in funzionamento?

I rifiuti non sono mondezza da far sparire bruciandola negli inceneritori o seppellendola nelle discariche. Una seria e virtuosa politica di gestione dei rifiuti non può prescindere da una riduzione alla fonte del volume degli stessi e da un cambiamento radicale d’impostazione della produzione industriale. Il ricorso all’incenerimento dei rifiuti potrebbe essere evitato fin da subito attraverso un’applicazione sistematica della raccolta differenziata e opportune pratiche di riciclaggio. Il Trattamento Meccanico Biologico (TMB) abbinato ad un’efficace raccolta differenziata porta a porta è in grado di rappresentare un’alternativa alla pratica dell’incenerimento, estremamente più vantaggiosa sotto ogni punto di vista che si voglia prendere in considerazione. E’ una tecnologia per il trattamento a freddo dei rifiuti indifferenziati, ed è costituito da due processi: quello meccanico si occupa del trattamento dei rifiuti secchi, dividendoli in riciclabili e non; quello biologico, invece, si occupa della parte umida producendo compost e biogas. Il TMB poggia sul senso di responsabilità dei cittadini. Su una scelta aiutata e sostenuta dall’amministrazione pubblica che è e rimane principalmente individuale: quella di cambiare i propri stili di vita quotidiani per avere un beneficio, nel futuro, per noi e per i nostri figli. Se i campani compiono questa scelta il TMB produrrà ricchezza anziché distruggerla e farà della Campania un esempio in Europa. Secondo il rapporto “Gestione a freddo dei rifiuti. Lo stato dell’arte delle alternative all’incenerimento per la parte residua dei rifiuti municipali” pubblicato in italiano nel 2005 da Greenpeace Italia, da 62.000t/a di rifiuti trattati con questo sistema si possono ottenere 3.700 t/a di biogas, 18.000 di acqua da trattamento, 3.000 di sabbia, 35.000 di materiale da avviare al compostaggio.
 Il TMB è in grado di evitare l’immissione nell’atmosfera di 123.937 ton. di CO2 equivalenti/anno mentre un termovalorizzatore 33.289 ton. I primi impianti sono comparsi nel nostro paese circa 35 anni fa, al 2004 se ne contano 116, in grado di trattare 11,9 milioni di tonnellate di rifiuti. Nel mondo esistono centinaia di impianti che usano questa tecnologia, ma i più avanzati sono quello di Sidney e Perth in Australia. In Europa il TMB è una realtà consolidata con ampia diffusione soprattutto in Germania e Spagna, ma anche Francia, Inghilterra, Austria, Svizzera, Olanda, Regno Unito ne hanno diversi e tecnologicamente avanzati. Dei circa 150 impianti sparsi per l’Europa, 50 sono stati costruiti dopo il 2005. Farlo da noi significherebbe anche posti di lavoro, una economia parallela indotta dalle materie ricuperate, risorse economiche per gli enti locali derivanti dai consorzi di ricupero, dalle materie vendute e dal risparmi che sia avrebbero. Con questo tipo di tecnologie, la realizzazione della società del riciclo prevista dalla legislazione europea è molto più vicina. Ora tutto dipende esclusivamente dalla volontà di chi ci governa.

Scopo dell’articolo è stato capire non solo cosa comporterebbe la costruzione di un inceneritore in città ma anche, e soprattutto, come un impianto del genere male si concilia con la raccolta differenziata, che in provincia di Salerno ha raggiunto livelli elevati, e delle nuove alternative tecnologiche all’incenerimento, che portano ad una modalità più eco compatibile di smaltimento dei rifiuti.

Per chi volesse maggiori informazioni in merito alla questione o aderire alla campagna di raccolte firme sarà possibile collegarsi al portale Change.org al seguente link:

http://www.change.org/p/presidenza-del-consiglio-dei-ministri-fermate-la-costruzione-dell-inceneritore-di-salerno-è-dannoso-per-la-salute-perché-da-studi-effettuati-in-tutto-il-mondo-vi-è-ka-correlazione-diretta-tra-inceneritori-e-incidenza-di-tumori?recruiter=145681150&utm_campaign=signature_receipt&utm_medium=email&utm_source=share_petition

One thought on “Inceneritore di Salerno, è davvero l’unica alternativa al problema rifiuti? Intervista a Michele Melchiorre

  1. Articolo che aiuta a capire quali rischi e non solo, sarebbe auspicabile un dibattito serio sull’argomento. E’ opportuno che questa città apra gli occhi, a Salerno tutto è in funzione di!!!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *