LA CRISI “CHIUDE” LE PMI CAMPANE

Da uff. stampa ANCE

SALERNO – Un quarto delle PMI della Campania tra il 2008 e la prima metà del 2014 è stato interessato da liquidazioni volontarie o da procedure concorsuali (fallimentari o di altro tipo). I dati sono stati estrapolati dal Centro Studi di ANCE Salerno sulla base dell’analisi contenuta nell’”Osservatorio su fallimenti, procedure e chiusure d’imprese” di Cerved Group s.p.a., dicembre 2014.

Lo studio certifica che «il conto della crisi è stato più salato per le società campane, marchigiane e pugliesi». Il tasso percentuale sul numero complessivo di PMI campane attive nel 2007 che sono state liquidate, o che sono fallite o che hanno attivato altra procedura tra il 2008 ed il primo semestre del 2014 si attesta al 25,6%. Per capire la gravità di tale dato basta evidenziare che le regioni che meglio hanno assorbito i riflessi del ciclo recessivo (Valle d’Aosta e Trentino) fanno segnare, invece, un tasso di incidenza rispettivamente del 12,8% e del 12,6 %. Leggermente meno grave la situazione relativa al tasso di incidenza dei fallimenti sempre tra le PMI: in questo caso la percentuale della Campania è del 9,9%, inferiore a quella della Calabria, che si accolla il primato negativo, 11,7%. Dal punto di vista numerico le PMI (imprese con numero di addetti tra 10 e 250 ed un valore del fatturato tra 2 e 50 milioni di euro) che in Campania sono uscite dal circuito produttivo si suddividono in 918 per fallimenti; 186 per altre procedure non fallimentari; 1.793 per liquidazioni. Le PMI con almeno una procedura aperta risultano 2.361. Va segnalato che il tasso percentuale campano delle PMI liquidate, fallite o con altra procedura in corso tra il 2008 ed il primo semestre 2014 (25,6%) è di 4,6 punti più alto della media Italia (21%).

 

Le macro-aree territoriali

«Con quasi un quarto delle PMI liquidate o in procedura concorsuale – evidenzia il Cerved – il Centro Sud ha pagato alla crisi un conto più salato rispetto al Nord Ovest (19,8% di PMI con almeno una procedura) ed al Nord Est (18,5%)». Con tassi di uscita particolarmente alti oltre alla Campania, come già detto, vanno considerate le Marche e la Puglia. In base all’incidenza dei soli fallimenti, rileva sempre il Cerved, «a soffrire di più (con più di un decimo delle PMI fallite dall’inizio della crisi) risultano Calabria, Friuli, Marche, Abruzzo e Molise».

Il quadro nazionale

I dati Cerved riferiti al periodo più recente (terzo trimestre 2014) segnalano che a livello nazionale sono fallite 3.000 società (+14,1% rispetto al pari periodo 2013). Aggiungendo a questi dati quello del primo e del secondo trimestre si raggiunge la ragguardevole cifra di 11.000 imprese in fallimento (+11,9% rispetto al 2013). E’ sempre il Cerved a porre in rilievo che si tratta di un nuovo record negativo e che per la prima volta dall’inizio della serie storica viene superata a settembre quota 10.000.

Dal punto di vista dei settori maggiormente colpiti dal fenomeno dei fallimenti risultano in forte aumento quelli registrati nell’edilizia: tra gennaio e settembre sono entrate in procedura fallimentare quasi 2.500 imprese, +11,8% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Tirando le somme, secondo gli analisti del Cerved, sebbene la crisi continui ad incidere negativamente sulla vita delle imprese, «d’altra parte – sottolineano – risulta in calo il numero di soci che decidono volontariamente di liquidare la propria azienda, un dato che potrebbe segnalare un miglioramento nella fiducia degli imprenditori».

IL PRESIDENTE ANTONIO LOMBARDI: «IL CONTO SALATO DELLA CRISI CONTINUA A PAGARLO L’EDILIZIA»

«Diventa davvero difficile – ha dichiarato il presidente di ANCE Salerno, Antonio Lombardi – commentare l’ennesima analisi statistica che descrive perfettamente lo stato di grave criticità nel quale permangono le imprese della filiera edile. Tra i segmenti produttivi travolti dalle procedure fallimentari spicca quello delle costruzioni perché, naturalmente, vittima principale del drastico taglio degli investimenti pubblici che ha colpito le regioni meridionali».

«E’ davvero arduo – ha continuato Lombardi –  immaginare che dopo i ripetuti allarmi del mondo imprenditoriale e delle organizzazioni sindacali siano in corso di attivazione provvedimenti adeguati allo scenario drammatico nel quale si dibattono aziende e lavoratori. Il quadro tratteggiato dal Cerved – ha concluso Lombardi – dovrebbe essere un monito severo per le istituzioni a tutti i livelli che perseverano in un atteggiamento destinato a provocare ulteriori ed incalcolabili danni in termini economici ed occupazionali in primo luogo alle regioni del Sud. Non è più il momento delle parole, ma dell’immediata attivazione di flussi di liquidità sui territori per ridare ossigeno al sistema produttivo. Non si può pensare di prolungare quella che è diventata una vera e propria agonia».

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