Antigone – una guerra civile

Drammaturgia e regia di Mirko De Martino 
con Titti Nuzzolese e Luca di Tommaso

 

Da Fondazione Salerno Contemporanea

SALERNO – Aprile 1945, in una città dell’Italia del Nord: i fascisti e i tedeschi sono in fuga ovunque, la guerra di liberazione sta finendo, anche se in molte zone si continua a sparare. I partigiani sono riusciti a scacciare i fascisti sotto la guida del valoroso comandante Eteocle, morto in battaglia per mano di suo fratello, il repubblichino Polinice. La carica di governatore della città è stata assegnata al commissario politico Creonte, comunista, il quale, come primo atto della sua amministrazione, dichiara che il corpo del traditore Polinice dovrà essere appeso per i piedi ad un lampione in modo che tutti possano vedere la sua triste fine. E’ la giustizia dei partigiani, spietata ma necessaria, soprattutto quando c’è in gioco il futuro della neonata Repubblica, ancora tutta da inventare e progettare. Ma la giovane Antigone, che è stata anche staffetta partigiana, si oppone alla legge dello stato in nome della legge del cuore, che la obbliga a prendersi cura del fratello morto. Antigone cerca allora di seppellire il corpo, ma viene scoperta e arrestata. Il Tribunale speciale militare la condanna alla fucilazione, nonostante gli appelli accorati di Ismene, sorella di Antigone, e soprattutto di Emone, figlio di Creonte e fidanzato di Antigone. Il suo destino è segnato: la guerra non prevede debolezze, le necessità della pace collettiva obbligano al sacrifico delle ragioni dei singoli. I cittadini assistono allo sviluppo della tragedia con reazioni diverse: c’è la partigiana convinta delle motivazioni delle sue scelte, c’è il giovane contadino che combatte per sfuggire all’obbligo di leva, c’è il partigiano deluso dalla piega che sta prendendo il sogno di libertà e democrazia. Su tutto, per tutti, c’è la guerra che condiziona il passato, il presente e il futuro.

Note di regia

Il mito si riscrive continuamente, è questa la sua forza. Antigone rinasce ogni volta uguale e diversa perché i suoi temi sono universali: la legge dello Stato contro la legge di Dio, i doveri degli uomini contro i diritti del cuore. E poi la guerra civile che porta due fratelli a uccidersi l’un l’altro, i legami familiari che si spezzano, la violenza gratuita e feroce contro quella giusta e necessaria: c’è stato, in Italia, un momento in cui abbiamo vissuto tutto questo? Ovviamente si: la guerra di liberazione partigiana, che, secondo la più recente storiografia, fu anche guerra civile e guerra di classe. Ho voluto prendere i personaggi della tragedia, calarli in quel contesto e vedere cosa accadeva: Creonte è diventato un commissario politico comunista pronto a sacrificare tutto in nome di un ideale più grande, Antigone si è trasformata una staffetta partigiana troppo giovane per comprendere le motivazioni politiche e troppo generosa per accettarle. E poi, con loro, si sono trasformati tutti gli altri personaggi: dalla guardia che combatte per sfuggire alla leva militare, alla partigiana che lotta per affermare la propria indipendenza, al partigiano che non riconosce il mondo che sta nascendo.

Il mito di Antigone rinasce ogni volta uguale e diverso. Ancora oggi.

Mirko Di Martino

 

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