UNIVERSITA’: morte e sicurezza (6), laurea e corresponsabilità per Francesca

                                                 

Maddalena Mascolo

 

SALERNO – Dopo diverso tempo ritorniamo, come testata giornalistica, sulla morte di Francesca Bilotti, la giovane studentessa universitaria, avvenuta la mattina di lunedì 24 novembre 2014 nel piazzale del terminal bus dell’Università di Fisciano. Ritorniamo sull’argomento per due ordini di motivi; in primo luogo per perorare anche noi a sostegno del riconoscimento della “laurea ad honorem” da attribuire alla memoria di Francesca e dell’istituzione di una apposita borsa di studio per ricordarla meglio e più a lungo. Ricordiamo a tutti che Francesca era arrivata quasi alla conclusione del ciclo di studi e che sarebbe sufficiente un piccolo sforzo del ministero per promuovere la predetta laurea. Intanto, ma già da diverse settimane, sono apparse sui giornali varie indiscrezioni sulle indagini serrate che il pm Amedeo Sessa (Procura di Nocera Inferiore) sta svolgendo sul caso. Sembrerebbe confermata la corresponsabilità sia dell’autista del bus che della giovane studentessa la quale si trovava in “area vietata ai pedoni” che, comunque, non sarebbe stata sufficientemente segnalata. E qui ritorniamo a quanto scritto a più riprese dal direttore di questo giornale online che in anteprima assoluta ha parlato di responsabilità e di corresponsabilità nel determinismo dell’infausto incidente. Se i lettori più attenti vorranno riprendere i precedenti articoli sulla vicenda (questo che state leggendo è il sesto della serie !!) capiranno benissimo quello che sto scrivendo. In pratica l’autista del bus e la giovane Francesca potrebbero essere indiziati di pari responsabilità; in merito il direttore di questo giornale nella puntata n.2 scriveva: “”Quando si parla di infortuni e/o di incidenti verificatisi all’interno di spazi strutturali inerenti gli ambienti di lavoro, la scuola o qualsiasi luogo di aggregazione sociale e lavorativa c’è sempre da tenere presente un principio basilare e cioè che per qualsiasi infortunio e in qualsiasi infortunio, ovvero per il suo determinismo, esiste una componente essenziale che si chiama “distrazione” che va ben oltre la responsabilità oggettiva e soggettiva; senza di essa il numero e la gravità degli infortuni si abbatterebbe almeno del 60/70 %. Ovviamente va subito detto che la cosiddetta distrazione discende prevalentemente dall’assuefazione, dall’abitudine a ripetere per giorni, settimane, mesi e anni le stesse operazioni. Una volta si diceva che la catena di montaggio della grandi fabbriche era la più prolifica produttrice di un altissimo numero di infortuni; oggi il concetto è passato si è esteso ed è passato anche ad altre operazioni lavorative intendendo come lavoro ogni azione compiuta dall’uomo: guidare un pullman, andare a scuola, muoversi in un cantiere, operare in fabbrica, camminare per strada, ecc. ecc.; la ripetizione quasi mnemonica delle operazioni porta gradualmente all’assuefazione ed alla distrazione. Non a caso gli infortuni seriali ed anche di una certa gravità accadono in una fascia di età compresa tra i quaranta e cinquant’anni, cioè quando la sicurezza nell’esecuzione dell’operazione è talmente elevata da sfociare facilmente nella distrazione. In età giovanissima gli infortuni sono, ovviamente, più rari ma quando accadono producono effetti disastrosi””. Quella sfortunata mattina, secondo i primi esiti delle perizie,  più fattori avrebbero concorso al disastroso evento; mentre la ragazza si intrufolava tra il pullman e lo stretto marciapiedi l’autista ripartiva con il bus e stringeva ancora di più gli spazi investendo la giovane con il lato anteriore destro del mezzo; in quel punto l’autista non avrebbe mai potuto vederla anche perché l’unica possibile visuale dall’apertura laterale era praticamente impedita dalla presenza degli studenti già tutti in piedi ed in procinto di scendere. Probabilmente l’autista non sarebbe dovuto ripartire se prima non si assicurava che quel ristretto spazio era libero, così come la giovane Francesca mai e poi mai doveva trovarsi in quella sfortunatissima posizione. Frutto tutto questo dell’abitudinarietà a compiere determinate azioni che, alla fine, possono provocare anche incidenti gravissimi. L’incidente e la morte di Francesca dovrebbero richiamare tutti alle loro responsabilità e nella fattispecie, oltre all’autista ed alla stessa ragazza, ci sono molte altre responsabilità che il pm farà bene ad individuare e, semmai, a punire non solo per un fatto giudiziario fine a se stesso ma anche al fine di educare con l’esempio al rispetto delle norme sulla sicurezza che anche nelle scuole (dalle materne all’università) è esattamente identica a quella sui cantieri di lavoro. Un’altra angolazione del problema andrebbe vista sulle modalità di trasporto degli studenti da e verso le scuole; spesso assistiamo a pullman sovraccarichi che possono determinare gravissimi inconvenienti. Ma di questo ci ripromettiamo di parlarne in un prossimo articolo.

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