Meno male che non c’era la “Severino”

di Giovanni Falci

SALERNO – La c.d. Legge Severino ha stabilito che l’interdizione dai pubblici uffici, pena accessoria per alcuni tipi di reati, si applica anche in caso di impugnazione della sentenza che ha comminato tale pena accessoria.
L’appello, cioè, non sospende la esecutività di tale pena accessoria: sei stato condannato, non vai in galera ad espiare la pena principale, ma devi essere sospeso, subito, dalla carica o impiego pubblico che ricopri. Ogni commento, in punto di diritto, appare inutile!
In questa sede, però, non mi interessa un’analisi di diritto della norma (faccio questo di mestiere e per questo mi pagano, in genere), mi interessa, invece, una riflessione a più ampio raggio che comprenda il peso del giudizio sulle persone.
Una sentenza, infatti, giudica un fatto non una persona. L’interdizione che si vuole anticipare ad un presunto innocente, sembra invece voler giudicare quella persona, a prescindere dal fatto. Invero non esiste un rimedio in caso di successiva assoluzione negli altri gradi di giudizio. Quel periodo di interdizione che immediatamente devi espiare, che è un periodo della vita di una persona, della sua esistenza, non ti potrà essere restituito.
Non esiste infatti la possibilità di ritornare indietro nel tempo e restituirti mesi o anni nei quali non hai potuto ricoprire le cariche pubbliche per le quali avevi avuto il consenso popolare, per le quali il popolo era stato sovrano come recita l’art. 1 della Costituzione.
Eppure la storia dovrebbe aver insegnato che un condannato può essere una persona di grande prestigio e spessore finanche maggiore del Giudice che lo ha condannato.
Iniziamo cronologicamente con Socrate processato e condannato i cui atti processuali sono stati raccolti da Platone nella famosa “Apologia”, uno dei pochi, se non l’unico processo piacevole da leggere senza verbali sgrammaticati dei collaboratori di giustizia.
Pensiamo a Gesù: fu accusato di aver preteso di essere il Messia. Gli interrogatori da parte delle autorità ebraiche ne stabilirono la colpevolezza per bestemmia per essersi equiparato appunto a Dio. Pilato confermò la condanna per il reato di lesa maestà, essendosi riconosciuto “re dei Giudei”. La pena per Gesù fu la morte tramite crocifissione.
Pensiamo a Dante Alighieri condannato alla misura di prevenzione del divieto di soggiorno (esilio), che oggi si da ai mafiosi. E poi Galileo Galilei anch’egli condannato a seguito di “regolare” processo tenuto a Palazzo San Macuto. E ancora Michelangelo Merisi detto “il Caravaggio” pluricondannato, pregiudicato e latitante.
Che dire di Fëdor Michajlovič Dostoevskij che, grazie alle sue frequentazioni dei Tribunali e alle condanne ricevute ci ha lasciato quel capolavoro di “Delitto e Castigo”.
E ancora Il processo a Martin Lutero: gli storici ritengono che questo processo, e quindi questa condanna ha portato alla nascita di un mondo moderno. Durante il processo davanti al Sacro Romano Impero nel 1521, Lutero osservò che il passato e il futuro si erano incontrati. Difese i suoi attacchi scritti sulle credenze cattoliche ortodosse e coraggiosamente negò il potere di Roma per determinare ciò che è giusto e sbagliato in materia di fede. Una condanna che ha fornito lo slancio per la Riforma, un movimento che ha diviso l’Europa in due regioni.
Il processo e la condanna di Nelson Mandela: si tratta del processo che ha cambiato il Sudafrica. Nei primi mesi del 1963, Nelson Mandela e altri dieci leader oppositori del regime di apartheid in Sud Africa furono condannati all’ergastolo. Il processo, che è comunemente noto come il processo Rivonia fu il risultato di sabotaggio e cospirazione. Non c’era dubbio che la maggior parte degli imputati sul caso sarebbero stati giudicati colpevoli. Fu nel corso di questo periodo che Mandela annunciò di essere pronto a morire per una società libera e democratica.
Possiamo concludere, allora, che l’aula di un tribunale è sempre stata una delle tappe più sensazionali e avvincenti di ogni dramma storico che si rispetti, tanto per il mondo antico quanto per i tempi moderni. I processi e le condanne sono spesso visti come visione d’insieme delle comunità in quanto offrono un aspetto interessante nella amministrazione della giustizia in tutta la storia. Ogni famoso processo della storia ha i suoi punti chiave, un significato, un verdetto, una condanna.
Ma a questo punto immaginiamo se ci fosse stata da sempre la c.d. Severino:
Socrate non avrebbe potuto insegnare in scuole pubbliche; Gesù non avrebbe potuto ricoprire il ruolo di Ministro di Culto; Dante non avrebbe potuto ricoprire il ruolo di Ministro della Pubblica Istruzione e Galileo quello di Ministro della Ricerca Scientifica; Michelangelo Merisi non avrebbe fatto il sindaco di Caravaggio il suo paese.
E allora caro De Luca datti coraggio, sei in buona compagnia, solo che per te è in vigore questa legge che non potrà resistere al vaglio della Corte Costituzionale a meno che i Giudici della Consulta non vogliano diventare colleghi dei Giudici di Mandela, Lutero e di tutti gli altri innanzi indicati.

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