NEUROCHIRURGIA: dalle commissioni alle violazioni del segreto istruttorio !!


Aldo Bianchini

SALERNO – Prima di iniziare l’approfondimento di oggi mi fa piacere riportare una frase, estrapolata dal commento che la lettrice Melissa (purtroppo anonima) ha postato in calce all’articolo che ho pubblicato martedì 19 maggio scorso. “Il medico ha come meta ideale quello di diventare inutile, guarendo il paziente” (James Bryce 1838-1922); in queste poche parole è ricompresa con assoluta esattezza la professione del medico che rispetto ad altre professioni vede svanire il suo impegno con l’allontanamento del paziente ormai guarito. Sono perfettamente in sintonia anche con un’altra affermazione di Melissa: “Su certe cose non si deve e non si può essere superficiali e fermarsi a raccogliere gli spifferi mefitici dei corridoi…….non è professionale. Non è deontologico. Non è informazione. E’ terrorismo mediatico. Chi lo fa, sapendo di farlo, si deve semplicemente vergognare”. Questo sembra diretto esplicitamente ai giornalisti che per la fretta di “dare la notizia” appena ricevuta non si fermano neppure un istante a riflettere che in un nano-secondo possono andare distrutte lunghe carriere e impagabili sacrifici. Ma tant’è e bisogna comunque andare avanti. E veniamo alla ragione principale dell’approfondimento di oggi che riguarda il tanto decantato e vituperato “segreto istruttorio” che è stato ed è terreno di furioso scontro politico. Nel caso di specie ho letto sul quotidiano La Città una serie impressionante di notizie che possono essere state scritte soltanto se in possesso dei documenti ufficiali; parlo cioè di atti giudiziari riservatissimi come la trascrizione delle intercettazioni e i verbali delle dichiarazioni. Perché dico questo, lo dico perché solo il quotidiano La Città non ha utilizzato il verbo al condizionale (ottimo rifugio dei giornalisti !!) preferendo l’indicativo presente, finanche la descrizione dell’iter investigativo viene riportata al presente, ed è quanto dire. In pratica La Città (del 19 maggio 2015) fa intuire che il racconto della vicenda è il frutto del riassunto delle centinaia e centinaia di pagine dell’inchiesta che, ancor prima di essere portate a conoscenza degli indagati e dei loro difensori, si trovavano sulle scrivanie dell’attento quotidiano. Bel colpo, non c’è che dire, ma solo dal punto di vista giornalistico perché se è vero che il giornalista è l’ultimo anello della “catena di violazioni” è altrettanto vero che il giornalista riceve soltanto e pubblica con una certa semplicità ben sapendo che molto difficilmente si potrà arrivare ad una contestazione della violazione del segreto istruttorio perché la cosa chiamerebbe in causa personaggi ed istituzioni che non possono essere toccati. Per rimanere nel concreto, a mò di inchiesta giornalistica, cerchiamo insieme di seguire l’iter di quanto è successo: un fascicolo giudiziario arriva nella redazione de La Città (non si scrivono certe cose solo sulla base di semplici soffiate) ben prima del pomeriggio del 15 maggio (venerdì) quando sono stati scritti gli articoli apparsi poi il mattino successivo 16 maggio 2015 in anteprima assoluta rispetto agli altri quotidiani che sono arrivati sulla notizia leggendola su La Città. Nella giornata di sabato si sarà scatenata (vado di fantasia) la battaglia delle battaglie tra le varie redazioni, la Procura e l’Arma dei Carabinieri sul perché una notizia del genere era stata data soltanto a La Città. Sempre sabato vengono diffuse altre notizie a tutti e la mattina di domenica 17 maggio tutti gli altri giornali si sono scatenati, forse non pensando al danno che si andava a fare ai personaggi attenzionati dalle indagini ma nell’unico obiettivo di recuperare il tempo perduto nei confronti dei rispettivi lettori. Sinceramente non so se questa è buona e corretta informazione. Se avete letto bene ho parlato di battaglia tra redazioni, procura e carabinieri ed ho tenuto fuori gli avvocati che, mai come in questo caso, non c’entrano affatto con la cosiddetta “fuga di notizie” anche perché almeno alcuni degli indagati non avevano ancora avuto l’avviso e di conseguenza non avevano nominato i difensori. E ora si ripone la domanda di sempre: chi ha passato alla redazione giornalistica de La Città il faldone giudiziario ? Tenendo come detto fuori gli avvocati non rimane che pensare alla Procura o ai Carabinieri; insomma almeno questa volta il cerchio è abbastanza stretto. E che sia stretto lo dimostra la successiva mossa del quotidiano La Città che è andato subito alla caccia di una eventuale presunta delatrice in modo tale da uscire martedì 19 maggio con un titolone a tutta pagina “Ho nascosto 2500 euro in un giornale”, in modo da coprire gli evidentissimi buchi nelle maglie del “segreto istruttorio” che potevano ritorcersi a suo danno. Non so, a questo punto, se gli avvocati difensori (tutti assolutamente di vaglia) avranno la forza ed anche l’interesse di denunciare e smantellare questa catena di Sant’Antonio; un primo lampo c’è stato con la diffida agli organi di comunicazione diramata dall’avv. Silverio Sica (difensore del dr. Brigante); credo, però, che tutto rientrerà nei binari del silenzio e i fascicoli giudiziari continueranno ad uscire misteriosamente dalle Caserme e dalle Procure e tutto continuerà a filare liscio, come se la reputazione e la professionalità dei personaggi coinvolti valga meno di niente. Infine c’è l’altro aspetto della vicenda che riguarda la pronta attivazione di una “commissione di indagine” composta, sembra, da Angelo Gerbasio, Antonello Crisci, Ennio Clemente e Pier Luigi Pappalardo. Dei quattro conosco soltanto Angelo Gerbasio (direttore sanitario dell’ospedale) e sulla sua professionalità potrei mettere la mano sul fuoco, ma è l’essenza stessa delle “commissioni” che mi fa almeno sorridere. Difatti, da cittadino prima ancora che da giornalista, sono ancora in attesa delle conclusioni della cosiddetta “commissione Verrioli” (presieduta dall’attuale direttore sanitario dell’ AOU dr. Domenico Della Porta) che doveva indagare sul perché il dottor Michele Verrioli alcuni anni fa era stato capace di guadagnare in un anno quasi 800mila euro; caso ha voluto, ma soltanto il caso, che lo stesso Verrioli sia stato poi oggetto di provvedimento disciplinare nell’ottobre del 2014 da parte del direttore generale Squillante per un’altra vicenda di cattiva sanità. Alla prossima.

One thought on “NEUROCHIRURGIA: dalle commissioni alle violazioni del segreto istruttorio !!

  1. Gentile Direttore,
    oggi, se è vero, sempre fonte “la Città” del 21 c.m. ( e altri giornali che si sono buttati a pesce sulla ghiotta notizia), dovrebbero iniziare gli interrogatori di persone che al momento non risulterebbero nemmeno indagate (il condizionale è d’obbligo).
    Le conclusioni a cui si devrebbe giungere sul “segreto istruttorio”dopo l’analisi della situazione attuale sono alquanto desolanti.
    Il nostro sistema di norme sulla riservatezza e il segreto degli atti processuali non è raccordato con le norme sul diritto di cronaca e tutto questo comporta ,quindi,una violazione continua della Legge e abusi di vario genere. Il fatto che la notizia di una indagine a carico di un soggetto finisca o meno sul giornale, la natura e il livello di informazione sono lasciate al caso e, si sa, il caso può essere facilmente manipolato! Il danno, se il fatto (vero o falso che sia), ma chiaramennte se al momento della pubblicazione non sia un atto “ufficiale” della A.I. ,resta ……..e come se resta (si prenda ad esempio internet).
    A questo punto il problema è così complicato e privo di sbocchi, che ci sono da indicare solo delle possibili soluzioni praticabili, spunti per una possibile riflessione :
    – La legge sulla trasparenza amministrativa stabilisce che non sono coperti da riservatezza gli atti amministrativi al cui corretto svolgimento è interessato ogni cittadino; si potrebbe estendere questo criterio agli atti processuali, ravvisando un interesse collettivo all’informazione sull’attività giudiziaria;
    – una norma penale deve essere chiara, concretamente applicabile e non travalicare il suo scopo; se una norma penale può essere elusa e riesce ad intimorire solo gli sprovveduti, è meglio cambiarla; non è chiara una Legge che non specifica esattamente gli atti di indagine coperti da segreto; travalica il suo scopo se pregiudica inutilmente il diritto di difesa dell’imputato o se rende segreti dei fatti senza alcuna necessità oggettiva;
    – il segreto istruttorio deve servire solo a garantire che non vengano intralciate le indagini;
    La tutela della personalità dell’indagato:
    – deve essere tutelata stabilendo precise regole deontologiche cogenti per i giornalisti che fanno cronaca giudiziaria e garantendo rapidi e congrui risarcimenti morali e materiali per ogni caso di violazione;
    – è vano sperare di riuscire a mantenere il segreto su fatti che sono a conoscenza di persone che comunque non possono essere costrette a mantenere il segreto istruttorio;
    – i casi in cui il segreto istruttorio è veramente necessario sono rari e di breve durata e si possono ridurre ai seguenti:
    1) imposizione di misure cautelari fino a che gli indagati non sono catturati;
    2) intercettazioni di conversazioni;
    3) accertamenti su cose o situazioni che potrebbero essere alterate, fino al momento dell’accertamento;
    4) dichiarazioni di indagati, testimoni o correi che necessitino di riscontri. In tutti questi casi gli unici soggetti che possono valutare se esista o meno la concreta esigenza di un segreto istruttorio sono, volta per volta, lo stesso Giudice o la stessa polizia giudiziaria che indagano. Occorre stabilire delle precise responsabilità disciplinari a carico di chi, per colpa o leggerezza rivela fatti che possono concretamente pregiudicare ulteriori indagini.
    – Polizia giudiziaria e Giudici non dovrebbero dare informazioni nei corridoi ( e a dire il vero molte volte non sono loro, che pure vedono sciupare mesi di lavoro a colpa di “spifferatori” di professione) sempre agli stessi giornalisti ,ma solo in modo preciso e documentato (comunicato stampa, conferenza stampa, intervista registrata) in modo da lasciare ai giornalisti la responsabilità di ogni indebita aggiunta alle informazioni ricevute.
    -Sanzioni disciplinari debbono colpire il giornalista il quale rivela fatti o circostanze di cui poteva prevedere l’effetto inquinante sulle prove o diffamatorio sui “presunti indagati”.(sempre nel pieno rispetto del diritto all’informazione).
    Potrebbe ipotizzarsi la costituzione di un apposito organo disciplinare composto da giornalisti, magistrati ed altri esperti.
    Sulla carta l’Italia è o dovrebbe essere un Paese “civile”…….nella realtà, molte volte si scopre,negletta, una “Repubblica delle banane”, dove i “furbetti” del “Corriere dei Piccoli” ci sguazzano, ben sapendo di trovare sempre un “salva-pataccaro”, nelle norme non chiare…….fumose……Italiote.

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