San Matteo 2015: la riflessione di Ravera

Aldo Bianchini
SALERNO – Mi è piaciuta molto la riflessione di Bruno Ravera sugli eventi religiosi e pagani legati all’ormai imminente “processione di San Matteo” dopo i disastri causati da irruenti e tumultuosi portatori nella passata edizione del 2014. Il prof. Bruno Ravera, “papà della cardiologia salernitana”, parte da lontano per la sua analisi molto dettagliata ed anche serena; e lo fa come semplice cittadino che assiste agli eventi fino al punto di chiedersi come mai una tradizione che non esiste e che ha preso molto piede solo negli ultimi ventidue anni debba essere rivendicata dai portatori come una realtà immodificabile. Alludo, ovviamente, all’entrata della statua di San Matteo nell’atrio del Palazzo di Città (progettato da Camillo Guerra ed inaugurato nel 1936, da qui la denominazione di “palazzo Guerra”) che con grande intelligenza l’arcivescovo sta cercando di evitare proponendo l’entrata del solo “braccio di San Matteo” contenente una delle due reliquie esistenti a Salerno del Santo apostolo ed evangelista. In definitiva la statua, grossa e ingombrante, consente soltanto la sceneggiata dei portatori con balletti e giravolte; il braccio, invece, è lo strumento riconosciuto con cui gli arcivescovi di Salerno, da almeno un secolo, hanno provveduto a benedire anche i luoghi più disagiati della città. Invece della statua in Municipio io vedrei più di buon occhio un allungamento della processione anche verso gli altri quartieri del capoluogo (come intelligentemente proposto da Riccardo Rampolla, direttore del bollettino diocesano – fonte Il Mattino dell’11.08.15) anche perché deve essere finalmente smitizzato il principio secondo cui “San Matteo si svolge nel centro storico”, quasi come se il resto della città non contasse proprio nulla. San Matteo non è la festa religiosa di un solo quartiere ma di tutta la città capoluogo, questo i portatori devono capirlo, senza se e senza ma; e in questo progetto di allungamento deve anche essere ricompreso il tourn-over dei portatori, che piaccia o no. Ma il “papà della cardiologia” punta anche il dito sulla religiosità dell’evento che la CEI ha rimarcato e ricordato a tutti, soprattutto in Campania. Anche se, in definitiva, Ravera non le manda a dire con quel suo: “Vorrei subito dire che concordo pienamente con le indicazioni della CEI, fatte proprie dalla Conferenza Episcopale della Campania, di ricondurre le festività dei Santi con le relative processioni al loro valore primogenio che non può che essere religioso. Se una considerazione critica può essere fatta, ed io da cattolico adulto lo faccio, è che si tratta di un indirizzo piuttosto tardivo, che se applicato avrebbe evitato in un passato anche recente, episodi di inammissibili contaminazioni”. E ricorda, Bruno Ravera, anche le “prestazioni muscolari” di un impavido Vincenzo De Luca che per anni ha avuto la possibilità di sfilare da solo dietro la statua per raccogliere gli scroscianti applausi diretti soltanto a lui e non al Santo. E’ tempo di ritornare rapidamente alla giusta celebrazione religiosa dei santi e delle processioni per evitare pericolose derive che allontanerebbero dalla cerimonia moltissimi altri salernitani che già adesso si sentono esclusi dalla protervia intoccabile dei portatori. Di questo, mi sento di poter dire, dovremo incominciare a ringraziare l’arcivescovo Moretti; almeno lui ci ha provato e ci sta provando.

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