PORTO: Lettera aperta degli operatori del porto di Salerno alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali contro l’accorpamento di Salerno a Napoli


Maddalena Mascolo
SALERNO – Scendono in campo 45 operatori portuali per opporsi decisamente all’accorpamento dell’Autorità Portuale di Salerno a quella di Napoli. Gli operatori scrivono al Ministro dei Trasporti, al Governatore della Campania, al Presidente della Provincia, al Sindaco di Salerno, ai deputati e senatori eletti nel territorio salernitano. “Sì” alla riforma della legge sulle Autorità Portuali.
“No” all’accorpamento del porto di Salerno, questo in sintesi il messaggio che gli operatori cercano di far passare al fine di sensibilizzare tutte le istituzioni chiamate in causa. Ecco il documento sottoscritto in data 6 novembre 2015:

“”L’assoluto silenzio che circonda da mesi l’ipotesi di uno sciagurato accorpamento delle Autorità Portuali di Napoli e Salerno ci costringe a richiamare l’attenzione – anche per vie mediatiche – delle Autorità competenti, alle quali desideriamo nuovamente rimarcare, come già ripetutamente fatto in passato, l’assoluta contrarietà di tutta la comunità portuale salernitana.

E’ appena il caso di sottolineare che la contrarietà non può essere semplicisticamente snobbata intendendola come “difesa del proprio orticello”. L’unica gravissima preoccupazione che ci muove è che i livelli di efficienza e di competitività raggiunti e consolidati negli ultimi decenni – anche sotto il profilo dell’operatività amministrativa che va riconosciuta all’Autorità Portuale di Salerno ed ai due Presidenti che al suo vertice si sono succeduti – saranno certamente messi in crisi da un accorpamento che è davvero impossibile comprendere.

I veri problemi dei porti italiani sono noti: procedure di nomina dei presidenti; tempi di approvazione e realizzazione di progetti, varianti, dragaggi; urgenza di una reale sburocratizzazione; macchinosità dei controlli di sdoganamento, etc. Nessuno, ma realmente nessuno di questi problemi viene risolto dall’accorpamento, che, anzi, finirà con burocratizzare ancora di più i pur necessari ed indispensabili processi di riqualificazione degli scali marittimi.

Così come è priva di ogni fondatezza la tesi secondo cui l’accorpamento di alcune Autorità Portuali possa determinare economie di scala, prodromi di una maggiore capacità competitiva. I singoli porti resteranno, comunque, fisicamente separati e la competitività andrà ricercata in ciascuno di essi, in modo direttamente proporzionale al livello di efficienza che da soli saranno in grado di mettere in campo. Il valore aggiunto costituito dall’efficienza/competitività si configura come la caratteristica vincente del porto di Salerno, che movimenta quantitativi di merci e traffici ben superiori a molti degli scali “salvati”.

D’altra parte, un provvedimento serio di aggregazione del sistema portuale in macro-aree logistiche, come originariamente si immaginava, avrebbe dovuto puntare a non più di sei distretti – Nord-Est, Nord-Ovest, Sud-Est, Sud-Ovest, Sardegna e Sicilia – mentre, invece, e qualche ragione ci sarà, il provvedimento che sembra di imminente attuazione garantisce ai porti del Centro e del Nord Italia il mantenimento della propria autonomia (Genova, La Spezia, Livorno, Civitavecchia, Trieste, Venezia, Ravenna, Ancona), ed a tutti i porti del Sud accorpamenti in Autorità Regionali (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna). La Liguria manterrà due Autorità (Genova e La Spezia) e sta combattendo per ottenerne anche una terza (Savona), mentre la Campania (seconda regione marittima d’Italia) ne dovrebbe avere solo una con sede a Napoli.

Comprendiamo bene che la geopolitica è una scienza complessa, ma riteniamo che ancora sfugga il rischio gravissimo che corre il nostro scalo in termini di mantenimento della propria efficienza e conseguentemente dei livelli di competitività che, poi, si traducono in capacità di attrarre investimenti, redditività e posti di lavoro.

Invece di porre mano ai problemi sostanziali del sistema portuale italiano, che nulla hanno a che vedere con l’accorpamento, si penalizza un porto come Salerno che, più di altri, ha dimostrato negli anni la capacità di fare funzionare bene il partenariato pubblico/privato, alla base di tutti i casi di successo dei territori che in Italia si dimostrano attrattivi.

Si continua a ragionare di portualità con una visione sorpassata, di un sistema teso ad intercettare e distribuire flussi di merci all’import, provenienti da Cina e Far East. Gli interessi del nostro Paese risiedono, invece, nel rilancio della sua componente manifatturiera, fortemente orientata all’export, attraverso un network di porti efficienti come Salerno, che svolgano una funzione indispensabile di forte raccordo con il territorio, favorendo l’accesso ai mercati internazionali delle imprese che ne usufruiscono. A questi porti, a marcata vocazione internazionale come Salerno, va garantita la autonomia di gestione, se ispirata a regole di buone pratiche, fermo restando il rafforzamento di un coordinamento nazionale, che può essere anche espresso tramite un numero massimo di sei Autorità di distretto.

Vale la pena sintetizzare lo scenario che si è venuto a determinare e che va – a nostro giudizio – assolutamente modificato.
La originaria idea “strategica” di razionalizzare il sistema dei porti italianiprevedeva una significativa riduzione del numero delle singole Autorità Portuali, con la costituzione di un numero ridotto di Autorità di Distretto, dei Porti e della Logistica, individuate nel numero massimo di sei o otto, sostanzialmente coincidenti con :
– Italia Nord Ovest
– Italia Nord Est
– Italia Sud Ovest
– Italia Sud Est
– Sicilia
– Sardegna.
Questa impostazione, condivisibile in linea di principio, è stata man mano modificata, “accontentando” un certo numero di porti (14 al momento), ai quali è stata “garantita” l’autonomia :
– Genova
– La Spezia
– Livorno
– Civitavecchia
– Trieste
– Venezia
– Ravenna
– Ancona
– Napoli (che incorporerebbe Salerno)
– Taranto
– Gioia Tauro
– Messina
– Palermo
– Cagliari
La Comunità portuale di Salerno si oppone fermamente a quest’ipotesi perché siamo certi che gli accorpamenti di alcune authority non hanno nulla a che vedere con la soluzione dei problemi della portualità italiana. Anzi essi avrebbero un effetto negativo su questi fronti, rispondendo non ad un criterio di premialità delle buone pratiche e del merito, ma ad un rappresentazione, puramente demagogica, di una spendin greview, che, conti alla mano, nemmeno sarebbe conseguita.
Occorre, altresì, evidenziare che il porto di Salerno si caratterizza in ambito nazionale per due importanti indici di eccellenza: la quantità di merce movimentata per metro quadro (primo scalo in Italia e tra i primi in Europa); il grado di efficienza amministrativa sotto il profilo della realizzazione di opere pubbliche: in pochi anni sono stati impegnati e spesi oltre 200 mln di euro destinati ad infrastrutture portuali – peraltro oggi già fruibili – ai quali vanno aggiunti gli altri 75 del Grande Progetto (in corso di ultimazione). Queste perfomance gestionali si inseriscono nel contesto desolante descritto dalla Corte dei Conti, che – relativamente alle opere gestite da altre Autorità Portuali – ha segnalato marcati profili di criticità consistenti, in particolare, nei ritardi accumulati nell’attuazione degli interventi di riqualificazione infrastrutturale per un totale pari a circa 1.500 miliardi di euro, di cui una quota consistente (non impiegata nei tempi previsti) è stata restituita alla Comunità Europea.
Dal nostro punto di vista restano centrali le indicazioni contenute nel documento/parere (5 agosto u.s.) della IX Commissione (Trasporti, Poste e Telecomunicazioni) in merito allo “Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri concernente il Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica” (Atto n. 188).
Nel documento si leggono i seguenti passaggi che si citano testualmente:
“i) con riferimento alla riforma della governance delle Autorità portuali, si individui un appropriato equilibrio tra le esigenze di razionalizzazione e di coordinamento e l’esigenza di conservare il forte raccordo dei porti con il territorio. Per quanto concerne in modo specifico l’individuazione delle Autorità di Sistema Portuale, si concorda nel riconoscere l’importanza che assume anche la definizione delle reti di trasporto transeuropee TEN-T rispetto alla programmazione nazionale”;
“j) fermo restando l’indirizzo di rafforzare il coordinamento nazionale, è necessario, in fase di attuazione del Piano, un confronto ampio e costruttivo con le Regioni e gli Enti Locali anche in ragione della competenza legislativa concorrente in materia di porti; in particolare, riguardo alle modalità con cui saranno definite le misure legislative di riorganizzazione delle Autorità portuali e di revisione della legge n. 84 del 1994, sia assicurato il coinvolgimento, da un lato, delle Regioni e degli Enti Locali, come espressamente stabilisce il criterio di delega introdotto nel disegno di legge di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, definitivamente approvato, dall’altro, delle Commissioni Parlamentari competenti in materia di trasporti”.
Se proviamo a sintetizzare, che cosa raccomanda nel proprio parere la Commissione?
1) Conservare il forte raccordo dei porti con il sistema economico e produttivo insediato sui territori di riferimento;
2) Attivare un necessario ed ampio confronto con le Regioni;
3) Non considerare quale unico elemento di valutazione il collegamento con le Reti Ten-T.
Sulla base di queste considerazioni, la comunità portuale di Salerno fa appello al Sig. Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture; al Sig. Presidente della Regione Campania; al Sig. Presidente della Provincia di Salerno; al Sig. Sindaco della Città di Salerno; ai Sigg.ri Deputati e Senatori eletti nel territorio salernitano, sollecitandoli ad approfondire le problematiche sollevate, al fine di scongiurare un inutile e dannosissimo accorpamento nella autorità’ portuale di Napoli e – soprattutto – ad intraprendere in queste ore una forte ed incisiva azione istituzionale a tutela dello scalo della nostra provincia, delle aziende che in esso operano e dei livelli occupazionali raggiunti.
L’intera comunità portuale di Salerno, fatta di tante aziende, lavoratori, servizi, che compongono la maggiore impresa del territorio, chiede che al porto di Salerno sia garantito il mantenimento della autonomia della propria Autorità Portuale, assicurando alla Regione Campania la stessa considerazione già attribuita alla Regione Liguria, dove sono state preservate due Autorità Portuali. Essa chiede, in conclusione, che Salerno sia trattata con la stessa dignità di La Spezia rispetto a Genova, di Venezia rispetto a Trieste, di Ancona rispetto a Ravenna, facendone il quindicesimo porto sede di Autorità Portuale che mantiene la propria autonomia””.
Finalmente un’azione decisa e portata avanti senza se e senza ma da parte dell’organismo deputato alla effettiva gestione di tutte le attività portuali che si svolgono nel Porto di Salerno. Gli operatori, difatti, mettono l’accento giustamente sui lunghi silenzi che stanno caratterizzando una riforma che sembrava imminente e che, invece, viene rimandata di mese in mese. Il rischio per una presa di posizione tardiva è quello che potrebbe apparire troppo di parte alla luce dell’attuale blocco politico della Regione, blocco che va ben oltre la sola parte politica locale. Il problema deve essere visto in maniera più generale e deve comprendere la complessità dell’attività portuale dell’intera Campania, dando comunque a Napoli la leader-schip che storicamente ha nei confronti di tutti.Se non si capisce questo non si va da nessuna parte.

One thought on “PORTO: Lettera aperta degli operatori del porto di Salerno alle Autorità Nazionali, Regionali e Locali contro l’accorpamento di Salerno a Napoli

  1. La lettura del lungo Appello preparato dagli operatori portuali di Salerno può dare luogo ad almeno due interpretazioni associate a valutazioni critiche.
    La ferma opposizione contro l’ipotesi di accorpamento dell’Autorità Portuale con quella di Napoli, pur se sostenuta da validissimi motivi quali la rinomata efficienza dello scalo marittimo e gli elevati standard di operatività conseguiti nella gestione amministrativa da parte degli Organi preposti, non nasconde una evidente componente campanilistica, non diversamente definibile:

    a) verso Napoli, nei cui confronti i salernitani hanno spessissimo sentimenti di forzata acquiescenza, vuoi per atavici convincimenti, vuoi per il richiamo di situazioni riconducibili a vicende storiche dei secoli passati;

    b) verso gli altri porti commerciali italiani, qui citati per sottolineare come siano di più quelli che al Nord conservano la propria autonomia.
    Riecheggia così il mai sopito grido di dolore del Sud, per certi versi giusto e sacrosanto perché si inserisce nel solco degli squilibri esistenti in tanti altri settori della vita nazionale, ma che a mio parere – in tale contesto e nel caso specifico – risulta un poco sopra le righe.

    Appare infatti poco convincente questa strenua difesa nel voler mantenere l’autonomia e l’indipendenza dell’Autorità Portuale di Salerno nella ipotizzata formulazione della legge di riassetto della portualità italiana, quando poi si esprime parere di concordanza su un modello alternativo basato su 6/8 Autorità di Distretto.
    Anche in una tale configurazione si stenta a credere che Salerno avrebbe un ruolo da capofila!!
    Il secondo punto su cui sento di esprimere la mia non piena condivisione riguarda il riferimento alle raccomandazioni/indicazioni inserite nel Documento del 5 agosto 2015 della IX Commissione Trasporti, nel quale, fra le altre cose, si sottolinea l’importanza della “definizione delle reti di trasporto trans europee TEN-T rispetto alla programmazione nazionale”.
    Nulla vieta che tale affermazione possa anche significare che non debba essere considerato “unico elemento di valutazione il collegamento con le Reti Ten-T”:
    Sorge però il sospetto, ad un osservatore esterno, che una simile esplicitazione sia quasi un escamotage autoassolutorio da parte di chi, non avendo la disponibilità di detta facility, porta a sostegno delle proprie tesi altre argomentazioni, pur valide ma non esaustive, quasi per non far trasparire la recondita consapevolezza della propria impossibilità ad offrire tutte le opzioni possibili, come ormai richiesto dagli operatori del settore, nazionali ed esteri.
    Si comprende quindi l’amarezza – e anche la reazione – nel dover constatare il temuto consolidarsi di decisioni che fanno intravedere un possibile, futuro stato di subalternità.
    Tuttavia, nelle condizioni date, oltre a sollecitazioni, appelli, lettere aperte, ecc., occorre continuare ad avere pieno riconoscimento delle potenzialità acquisite e imporre il proprio irrinunciabile ruolo di “complementarietà” nel sistema portuale campano.
    Ma soprattutto non si deve far passare in secondo ordine l’obbiettivo del salto di qualità rappresentato da una disponibilità a 360° di dotazioni logistiche/infrastrutturali e da una piena e funzionale intermodalità dei trasporti, essendo questi fattori determinanti per svolgere una adeguata e proficua “funzione di forte raccordo col territorio”.

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