il Quotidiano di Salerno

direttore: Aldo Bianchini

VASSALLO: l’arresto dei fratelli Damiani, la politica e l’anarchia

Aldo Bianchini

SALERNO – Sono passati ormai più cinque lunghi anni e la storia si fa sempre più esasperata e intricata. Parlo del brutale assassinio di Angelo Vassallo che la potenza mediatica ha rapidamente nel “sindaco pescatore”. Ora, il fatto risale a qualche settimana fa, hanno arrestato i fratelli Damiani (Bruno Humberto e Stefano) e Marco Colamonici per presunto spaccio di droga consumato in passato. In passato perché Bruno Humberto è tuttora in carcere (dove gli è stato notificato il nuovo ordine di cattura) e non poteva di certo spacciare. Insomma la Procura di Salerno e quella di Vallo della Lucania per quanto attiene il delitto in se brancola ancora nel buio più assoluto.

 Dico questo perché quando si parla dell’assassinio di Angelo Vassallo non bisogna mai dimenticare che cinque anni fa il centro sinistra nazionale si trovava in piena crisi d’identità ed andava alla disperata ricerca di un simbolo, o meglio di un’icona da lanciare come raffigurazione plastica del modo di essere della sinistra sul piano della legalità, un modo da contrapporre scientificamente all’insipienza della destra. All’epoca tutti si lanciarono, anima e corpo, nella costruzione del mito (almeno immaginario) intorno alla figura del “sindaco pescatore” che anche dalla scelta della denominazione rendeva moltissimo sul piano mediatico della comunicazione e dell’informazione. Attraverso quella figura ci fu una vera e propria inondazione di “messaggi positivi” da parte di una sinistra che era uscita con le ossa rotte dalle consultazioni elettorali politiche del 2008. Poi, piano piano, gradualmente, in rapporto alla conquista del potere nazionale della sinistra è andato affievolendosi (almeno nei grandi nomi) il bisogno di ricorrere a Vassallo come “potere taumaturgico” per la stessa sinistra; insomma Vassallo non serviva e non serve più (per dirla brutalmente) e può essere dimenticato, anzi sostituito da una “sagra del pesce” proprio nel giorno del suo assassinio, il 5 settembre, come ha denunciato il fratello Dario. Con questo non voglio dire che il fratello  ha avuto ragione ad attaccare gli organizzatori della Pro Loco, tutt’altro; il presidente della fondazione ha torto perché non ha mai voluto tener conto di queste considerazioni sulla figura del fratello che lui stesso, prima del delitto, non è che frequentasse molto per via della sua residenza nella capitale. Il “freeze flash mob” rappresenta, oggi, a pieno titolo quello che è accaduto: il congelamento del ricordo. Anche perché ancora oggi nessuno sa chi sia la mano assassina, nonostante l’impegno quotidiano e costante degli investigatori capeggiati da Rosa Volpe, un magistrato di lungo corso che si è impegnata e si sta impegnando con tutte le sue forze. Il problema è tutto depositato nelle primissime indagini e su come esse vennero condotte. La storia ci dice che le indagini furono avviate da due esperti magistrati come Giancarlo Grippo (capo della procura di Vallo della Lucania) e Alfredo Greco (sostituto nella stessa procura e grande amico di Vassallo); i due magistrati, però, non ebbero neppure il tempo di muoversi che l’allora capo della procura di Salerno, Franco Roberti (ora procuratore nazionale antimafia) avocò il caso assegnandolo (probabilmente anche giustamente !!) alla DDA (Direzione Distrettuale Antimafia) di Salerno che indirizzò subito le indagini su una pista verosimilmente sbagliata se a distanza di cinque anni non è stato ancora con certezza individuato, anche se è finito in carcere Humberto Damiani detto “il brasiliano” per altri “delitti” che la Procura vorrebbe ricondurre verso l’assassinio di Vassallo. Fu un vero peccato; scippare l’inchiesta a due magistrati del loro calibro ha determinato, forse, l’allontanamento definitivo della soluzione di quello che resta un giallo inquietante. Cinque anni fa, all’indomani dell’omicidio, esattamente in data 7 settembre 2010 (articolo a mia firma pubblicato anche da Cronache) forse fui l’unico giornalista ad avanzare forti dubbi sulla matrice mafiosa del delitto prediligendo la soluzione dell’omicidio d’impeto compiuto per ragioni molto comuni (donne, rivendicazioni estremiste, casualità) senza scervellarsi più di tanto nella ricerca affannosa di motivazioni altisonanti; la cosa che non mi convinceva all’epoca era il numero eccessivo di proiettili esplosi (la camorra non spara mai colpi inutili e neppure rischia per entrare in un mercato della droga comunque povero e limitato nel tempo), e scrissi testualmente:  ““Ma al di là del numero dei proiettili esplosi e del numero degli attentatori (nelle ultime ore cresce l’ipotesi di due persone) non ci sono altri elementi che possano lasciar pensare soltanto ad un agguato camorristico e, quindi, si aprono spiragli anche per altre soluzioni. Quali? Avanzo una ipotesi che è soltanto un’ipotesi giornalistica che scaturisce  dall’esame di tutto quello che è possibile esaminare per non trascurare nulla. Il 31 luglio 2009 Angelo Vassallo emise una ordinanza sindacale per un TSO (trattamento sanitario obbligatorio) a carico di Francesco Mastrogiovanni (il maestro anarchico coinvolto nell’omicidio di Carlo Falvella) che fu ricoverato nel reparto-lager di psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania. L’ordinanza, almeno per alcuni, apparve un provvedimento troppo drastico e risolutivo e ne nacque una polemica infinita. Il destino volle che pochi giorni dopo, il 4 agosto 2009, Mastrogiovanni morì in quell’ospedale forse a causa dei maltrattamenti subiti e diversi medici sono ora a giudizio. La vendetta di qualcuno troppo vicino al defunto maestro anarchico? Chissà, anche in questo caso difficile dirlo. Sfoceremmo nell’ipotesi terroristica anziché in quella camorristica””. Dopo quell’articolo si scatenò la reazione di diverse persone legate al mondo anarchico e più di tutti ci fu una dura reazione di Giuseppe Tarallo (già presidente-commissario del Parco) che mi attaccò brutalmente; oggi invece lo stesso Tarallo (fonte Il Mattino del 28 agosto 2015) avrebbe dichiarato testualmente: “Occorre parlare un linguaggio di verità e avere il coraggio di uscire dalla mitizzazione di Angelo. Eravamo amici ma capitava di essere in disaccordo. Come su Pioppi. Ma occorre andare avanti e serve, come Pioppi, fare correzioni: quella della lottizzazione a pochi metri dal fiume è folle”. Di questa lottizzazione, da solo, ho parlato in tempi non sospetti qualche anno fa denunciando quello scandalo incredibile della costruzione di villette sul greto del fiume. Ma ci sarebbero tante altre cose da ricordare, tutte cose che nella lunga serie di articoli ho già pubblicato in passato. Anche di questa dichiarazione di Tarallo il fratello di Angelo deve tener conto prima  di prendersela con i cittadini di Pollica che la sera del 5 settembre hanno affollato la sagra del pesce. Ma l’arresto dei fratelli Damiani dà la stura ad una ridda di domande su fatti che probabilmente anche la Procura sembra impattare contro un muro di gomma. Alla prossima.

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