Termovalorizzatore: il kaimano non è un leader

Aldo Bianchini

SALERNO – Vincenzo De Luca non è più un leader, ammesso che lo sia mai stato .Probabilmente, anzi quasi certamente, è stato ed è tuttora un personaggio carismatico capace di influenzare tutto e tutti con la sua non celata autorità. Ma essere leader, scusatemi l’ardire, è tutta un’altra cosa. La differenza tra leader e personaggio carismatico è sostanziale; per chi non ci credesse sarà sufficiente consultare un’enciclopedia ben attrezzata. Un leader, gentile governatore De Luca, non si permetterebbe mai di accusare i suoi compagni di avventura e non pronuncerebbe mai e poi mai le frasi che sono state pronunciate davanti alla Corte d’Appello presieduta dall’ottimo Michelangelo Russo: “Ho firmato un’ordinanza come le tante che ho sempre firmato da sindaco … Insomma sono qui per tre o cinque minuti di discussione durante i quali Barletta ha detto che non riusciva a risolvere da solo alcuni problemi”. Capisco il momento seriamente drammatico che De Luca ha vissuto per la prima volta nella sua vita politica e di relazione, ma una scusa barbina come questa non l’avevo mai sentita pronunciare da “un presunto capo”; dunque De Luca non è neppure un capo, oltre a non essere un leader. E, per dirla tutta, non avevo mai assistito a consigli del genere suggeriti, probabilmente, da illustri avvocati difensori come certamente sono Paolo Carbone e Andrea Castaldo che aveva precipitosamente sostituito nelle ultime settimane l’altro avvocato storico del governatore Antonio Brancaccio. L’altra mia meraviglia riguarda i giudici che pur avendo disposto la rinnovazione del dibattimento (cosa non consueta !!) sembra che non vogliano capire e non vogliano approfondire l’intera vicenda. Insomma, come dire, se vogliamo che il dibattimento d’appello non si riduca ad una sceneggiata già scritta in cui il primo attore si presenta e dice con fare autoritario “Sono De Luca” e per ridare lustro alla nostra giustizia varrebbe la pena di entrare nei meandri segreti della inchiesta nei quali, almeno questa è la mia impressione, non è entrato neppure il pm Roberto Penna che potrebbe essersi palesemente accontentato di quel poco che aveva raccolto.

Ma la meraviglia più grande in tutto questo baillamme è l’atteggiamento dei presunti co-responsabili Domenico Barletta e Alberto Di Lorenzo che vanno incontro alla morte giudiziaria senza battere ciglio, soprattutto lo stimatissimo ing. Barletta. La domanda intelligentissima della p.g. Antonella Giannelli (“Va bene ha firmato un’ordinanza ma perché non erano indicate le motivazioni. Dal momento che una di queste ordinanze finite alla nostra attenzione revocava la nomina di un altro tecnico, Lorenzo Criscuolo, per far subentrare Alberto Di Lorenzo, la motivazione era obbligatoria”) da la percezione esatta di quello che è accaduto che necessita di vero approfondimento. Tutti dovrebbero chiedersi il perché della sostituzione di Criscuolo dopo pochi giorni dalla nomina: perché non ha inteso sottostare a degli ordini precisi del capo e poco dopo è andato addirittura via dal Comune per sbarcare nella Provincia di Cirielli ? E allora se ci sono stati degli ordini precisi andrebbe a cadere anche la scusa barbina del “ho firmato senza leggere” di un soggetto che oggi fa il governatore della regione con il rischio che continui a firmare senza leggere e senza sapere (leggasi l’altro caso ridicolo inerente la storia di Nello Mastursi). Ma ci sarebbero anche altre domande sulle quali la Corte dovrebbe dare delle risposte precise se vogliamo davvero fare un processo degno di questo nome. Ritorno alla meraviglia dei presunti co-responsabili (presunti fino a sentenza passata in giudicato) che vanno al massacro senza reagire nonostante la valanga di accuse che viene lanciata su di loro da quello che è il loro capo indiscusso. La comica potrebbe essere annoverata tra quelle finali: oggi nomino un tecnico, dopo tre giorni lo sollevo dall’incarico per nominarne un altro con maggiori poteri e sicuramente più fedele di quello sostituito brutalmente; tutto questo avverrebbe senza sapere e senza leggere e qualcuno vorrebbe far credere che il capo (cioè il kaimano) non ne sapesse niente ed avesse firmato l’ordinanza senza leggerla. Ma andatela a raccontare ai bambini, tanto nemmeno loro ci crederanno. Ma la giustizia è fatta anche di queste cose e per procedere ha bisogno non solo di sensazioni ma anche di prove conclamate e, nella fattispecie, fino a quando nessuno parla c’è la possibilità che tutti e tre i co-imputati si salvino ogni addebito di responsabilità in quanto l’inchiesta rimane in superficie e non affonda le sue conoscenze fino alle radici del problema. Radici che sono semplicissime e che quanto meno dovrebbero trovare risposte adeguate alle domande che ho già proposto in altre occasioni e che ripropongo adesso in chiusura:

1) Perché il pm non ha scandagliato meglio la sequenza delle nomine di capo-staff e di project manager con le repentine sostituzioni di Criscuolo e Barletta; 2) Perché la sostituzione avvenne nel giro di appena quattro giorni dalla nomina iniziale di Criscuolo; 3) Perché non è stata analizzata a fondo la rottura eclatante tra De Luca e Criscuolo; 4) Perché poco tempo dopo Criscuolo lasciò il Comune per trasferirsi armi e bagagli in Provincia; ed ancora: 5) Sono state esaminate tutte le pratiche di esproprio per i suoli sui quali doveva sorgere il termovalorizzatore; 6) Sono state analizzate, una per una, tutte le situazioni dei proprietari dei suoli e se questi ultimi avevano ceduto ed a chi i loro diritti; ed infine: 7) Chi e quanti risultano di fatto beneficiari dei pagamenti di danaro pubblico in funzione degli espropri. Riusciremo mai ad avere le risposte ? Sinceramente penso di no, e così avremo chiuso un’altra bella pagina di giustizia. Ebbene se la giustizia è questa i tre imputati meritano in maniera sacrosanta di essere assolti con formula piena, e finirà così statene certi. Per buona pace di tutti.

 

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