PORTO: uniamo le forze per salvare lo scalo !! … e De Luca ?

Aldo Bianchini

SALERNO – Un po’ rido, ma per buona parte mi arrabbio, nel sentire le cavolate che vengono sparate nel vuoto, o meglio nella nullità dell’informazione salernitana, da “personaggetti” (per dirla alla Crozza !!) che fino all’altro ieri se le sono suonate di santa ragione ed ognuno si è mosso per fare i cavoli propri nel nome e nel segno di uno sfruttamento continuo delle risorse umane, tecniche e sociali del territorio salernitano. Non è il caso di fare nomi specifici, basta pensare agli interventi succedutisi nell’ultimo mese (Mauro Maccauro, presidente Assindustria; Agostino Gallozzi, già presidente Assindustria e tuttora maggior imprenditore portuale; i sindacati; gli operatori portuali; i politici di destra e di sinistra; addirittura qualche grande compagnia di turismo crocieristico) per capire e valutare nella sua interezza e identità il fenomeno delle cosiddette “lacrime di coccodrillo” che erano e sono il top delle esternazioni pubbliche di tutti i soggetti sopra citati quando ormai la frittata è fatta e vedono compromessi i loro interessi. Del resto la stessa affermazione di Maccauro “non si risolvono i problemi di Napoli con la riforma” lascia intuire che il vero nocciolo del problema viene ancora una volta driblato per nascondere chissà quali reali intenzioni. I problemi di Napoli, se ci sono e certamente ci sono, rimarranno anche dopo la riforma perché quei problemi li può risolvere soltanto Napoli e non certamente il presidente di un’Assindustria di paese, qual è quella di Salerno, che rispetto al gigantismo partenopeo può soltanto impallidire. La riforma è diretta verso altri obiettivi che sono di gran lunga più grandi sia dei problemi di Napoli che dell’efficientismo di Salerno; la riforma è l’unico antidoto per cercare, con macro aree portuali, di limitare i danni derivati e derivabili dalle grandi strategie commerciali che da tempo stanno disegnando altre rotte che hanno di colpo cancellato secoli di storia marinara italiana a tutto vantaggio dell’Egitto, della Spagna e dei paesi dei mari del nord che hanno capito di dover ritornare, addirittura, sulle rotte tracciate dai Fenici. Mentre noi parliamo e bighelloniamo sui “problemi di Napoli” il canale di Suez è stato raddoppiato e presto toccherà la stessa buona sorte a quello di Panama; eventi questi che hanno rivoluzionato l’assetto commerciale mondiale ed hanno prodotto una nuova mappatura delle rotte. Se non ci allarmiamo sul serio, fra poco tutti i porti italiani saranno inutili perché la nuova rotta mediterranea va dal Canale di Suez direttamente  a Valencia in Spagna toccando marginalmente Malta e baipassando tutto il resto, finanche Marsiglia che era uno dei porti più grossi del Mediterraneo. E mentre la Francia recupera terreno, o meglio acqua, nel mare del nord, l’Italia rischia seriamente di rimanere fuori da questi discorsi planetari se non si consorzia e non adegua le sue strutture aprendole alle richieste di mercato che pretendono modernità e velocità nei passaggi e nei carichi e scarichi. In caso contrario non si va da nessuna parte. Ecco, questo è il disegno della riforma Renzi-Del Rio; una riforma che se vista e analizzata alla luce di questi aspetti importanti non può che essere assolutamente condivisa, anche se il terreno perso in tutti questi anni è difficilmente recuperabile. Ma bisogna provarci, anche se gli imprenditori portuali che operano soprattutto a Salerno appaiono spaventati dai rischi di perdere la leader-schip consolidata negli anni nel loro piccolo orticello salernitano perché avranno la necessità di confrontarsi su un terreno-mercato molto più grande delle loro capacità imprenditoriali. Il presidente dell’autority salernitana, Andrea Annunziata, ragiona più o meno in questi termini e sembra andare contro i suoi stessi interessi, ma lo fa per convinzione ed anche perché ha capito che l’unico modo per salvare il salvabile è quello di condividere il grande progetto della riforma portuale per cercare di trarne da esso i migliori vantaggi possibili per l’intero territorio salernitano e non soltanto per qualche interesse di bottega. Sullo sfondo di tutto questo rimane la figura, un po’ da pulcino bagnato, del neo governatore Vincenzo De Luca il quale, anche dalla sua consueta tribuna popolar-televisiva di Lira Tv cerca di calmare le acque per evitare danni ancora più grossi. Un De Luca, lasciatemelo passare, ridotto ad una dimensione piuttosto locale che mette a nudo tutta la sua impotenza rispetto a decisioni che vengono dal governo centrale che sicuramente non si è fermato e non si fermerà di fronte a nessuna protesta. Ve lo immaginate, Voi, un De Luca non governatore ed ancora sindaco di Salerno cosa sarebbe stato capace di fare se a Palazzo Santa Lucia ci fosse stato ancora Stefano Caldoro a dover supinamente accettare il varo della riforma; sarebbe successa la fine del mondo e gli anatemi si sarebbero sprecati anche contro il suo PD regionale che da sempre ha spinto in favore dell’accorpamento di Salerno a Napoli. L’unica cosa che oggi il governatore riesce a dire per le orecchie dei suoi peones è “Così com’è l’accorpamento non funziona. Non vorrei facessimo il bis della riforma delle province”. Bene, bravo De Luca, probabilmente questo è proprio il bis della riforma delle province, anch’essa voluta tenacemente e spregiudicatamente dal Partito Democratico, sicuro com’era di accaparrarsele quasi tutte.

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