Vassallo: spegnere le polemiche e ristudiare gli atti processuali partendo dalla frase di Vassallo, solo così si potrà arrivare alla verità

Aldo Bianchini

SALERNO –  Bisogna necessariamente raccogliere l’invito, per certi aspetti anche doloroso, che l’ex Procuratore della Repubblica di Vallo della Lucania, Alfredo Greco, ha rivolto a tutti quelli che parlano e scrivono di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica, ucciso la sera del 5 settembre 2010. “Vorrei pregare le persone che oggi infangano la memoria di Angelo Vassallo di smetterla: lo trovo insopportabile, immorale, ingiusto ed estremamente dannoso per tutta la Comunità Cilentana che ne risulta avvelenata ancora più che dalle stesse pallottole che uccisero Vassallo, ancora più che dagli stessi disastri ambientali che in tanti dicono di aver contrastato”, ha detto il magistrato, “In quegli anni facevo il Procuratore della Repubblica nel Cilento e ne conoscevo già bene le realtà, le storie e le dinamiche poiché tanto tempo prima ero stato Pretore anche a Pollica dove Angelo era un ragazzo, pescatore e figlio di un pescatore (soprannominato ‘il collega’), mi rivolsi ai Sindaci del Cilento, che erano circa 50, invitandoli a frequentare il mio ufficio per interloquire proprio su un concetto di legalità semplice e comprensibile a tutti e che non sembrava più albergare in quelle terre: fare sempre e solo il proprio dovere nell’ interesse dei cittadini e cercare di rivolgersi alla Procura per ogni problematica o anche ogni fatto che solo sembrasse strano o poco regolare o ingiusto: ho tenuto così la porta del mio ufficio aperta per circa 15 anni e senza assentarmi mai … Vassallo fu il più entusiasta e il più propositivo”. Spero che l’invito di Greco venga raccolto da tutti, anche, se non soprattutto, dal giovane compagno della figlia di Vassallo, Daniele Santonicola, che avrebbe minacciato Peppe Tarallo e i giornalisti (definiti falliti di merda !!) con alcuni post su face book per le considerazioni che lo stesso Tarallo e i tanti giornalisti avevano espresso sulla figura di Angelo Vassallo dopo la proiezione del film su Rai/1 (fonte Il Mattino dell’11 febbraio 2016). Questi atteggiamenti, queste prese di posizione, questi momenti di arroganza non fanno bene a nessuno; non fanno bene soprattutto alla famiglia di Angelo Vassallo in quanto le pesanti esternazioni del giovane potrebbero indurre gli inquirenti a vederci meglio e più a fondo nella vita privata e personale di tutti loro; cosa che a questo punto mi sembra francamente anche ingiusta. Ma non è su questi aspetti che oggi mi voglio soffermare, prediligo rileggere la frase di Vassallo che gli inquirenti ebbero modo di trovare da qualche parte subito dopo la sua morte e sulla quale non è stata accentrata la giusta attenzione. “Ho scoperto ciò che non avrei voluto scoprire” scrisse Angelo Vassallo per lasciare una pista o lanciare un messaggio; questa frase è stata studiata e interpretata dagli inquirenti in un’unica direzione (secondo il mio punto di vista), cioè nella direzione di accreditare la scoperta di un eventuale traffico di droga che avrebbe determinato l’ordine di uccidere il sindaco pescatore. Da qui la costruzione del “mito” cui ha fatto riferimento l’ex sindaco di Montecorice Peppe Tarallo che è persona intellettualmente molto onesta. Bisognerebbe guardare a quella frase in maniera diversa interpretando bene il verbo “volere” utilizzato dal compianto Vassallo e chiedersi perché non ha utilizzato il verbo “dovere” se davvero avesse voluto lanciare messaggi contro la malavita organizzata per il presunto spaccio internazionale di droga. Generalmente in questi casi si utilizza sempre il verbo dovere e, quindi, vassallo avrebbe dovuto scrivere “Ho scoperto ciò che non dovevo scoprire” per dare alla frase un significato più forte in conseguenza di un pericolo immanente che avvertiva nel clima ambientale di quei giorni e che bisognava contrastare sull’onda di un “debito morale” nei confronti della società. Scrivere invece “Ho scoperto ciò che non avrei voluto scoprire” sembra quasi come se Vassallo volesse dire che aveva scoperto, inavvertitamente,  qualcosa di doloroso per se e per la sua famiglia o per qualche suo importante amico, qualcosa  di non pericoloso per la sua vita e da non considerare alla stregua di un debito morale verso la società. Mi sembra un ragionamento che, anche se va preso con le pinze della cautela, potrebbe ben adattarsi alla situazione che è tuttora all’attenzione degli inquirenti. Mi piace segnalare, infine, il commento del Procuratore della Repubblica di Salerno, Corrado Lembo, sulla fiction andata in onda su Rai/1: “La fiction rende in qualche modo la figura romantica di Vassallo e la universalizza: ma quanto raccontato non è detto corrisponda alla realtà processuale”; un commento che la dice lunga.

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