Convitto Nazionale Tasso: un pezzo di storia della città

Maddalena Mascolo

SALERNO – Nel tempo che fu gli scalini per accedere al maestoso e storico palazzo dove ha sede il Convitto Nazionale Torquato Tasso (apparso a Salerno molto probabilmente verso la fine del primo millennio dopo Cristo, anche se per la sua ufficializzazione e denominazione fu necessario attendere il decreto istitutivo di Gioacchino Murat  -re delle due Sicilie- del 7 novembre 1811 sul modello dei licei-convitti francesi) erano ben undici, quasi a simboleggiare una lunga scalinata issata verso traguardi alti e prestigiosi in tantissime branche della vita sociale, artistica e culturale della nostra città, insomma la scalinata del successo. In migliaia, a frotte, hanno salito quegli scalini, ragazze e ragazzi pieni di volontà ed anche di speranze in una vita migliore, e non soltanto per l’aspetto prettamente economico. Molti sono riusciti a salire di corsa quegli undici benedetti scalini, in tanti non ce l’hanno fatta e sono ritornati precipitosamente sui propri passi, semmai girandosi per lanciare un ultimo sguardo verso quella scalinata che ai loro occhi doveva apparire come un simbolo, quasi una netta ed invalicabile demarcazione tra il successo e l’insuccesso, il traguardo e la sconfitta. Ora di scalini ne è rimasto uno soltanto per via di una radicale trasformazione della dissennata variazione del piano urbanistico e dell’antica orografia di quella che era una delle piazze centrali dell’antica Salerno. Piazza Abate Conforti, difatti, è stata per secoli il cuore pulsante delle vita della città e, probabilmente, anche la sede del “Foro” del castrum romano; sicuramente nel primo millennio non si chiamava “Convitto Nazionale Tasso” (anche perché Torquato Tasso era ben lungi dal nascere) ma altrettanto sicuramente quel luogo era il nodo centrale della cultura di quel tempo. Il prestigioso convitto già nei secoli andati ha avuto i suoi alti e i suoi bassi; uno di quest’ultimi ha avuto il suo apice negli ultimi decenni della vita di questa nobile struttura, a cominciare dal dopo alluvione del ’54. Difatti, se l’immediato secondo dopo guerra aveva rilanciato il Convitto ai vertici nazionali facendolo ritornare a livello di una meta ambita non solo dai salernitani ma anche dagli studenti delle famiglie più in vista delle regioni limitrofe alla Campania, l’alluvione del 1954 incominciò a segnare il suo declino. Che strana coincidenza, il Convitto era ufficialmente nato nel novembre del 1811 e 143 anni dopo, nel 1954, rischiava di chiudere per sempre i suoi battenti; e pensare che di danni materiali l’alluvione ne produsse pochissimi a quella struttura maestosa. Quella differenziazione tra famiglie facoltose e quelle meno abbienti è stata una distinzione che, da sempre, il Convitto ha cercato di combattere e di evitare, non sempre ci è riuscito anche se proprio da essa prendeva piede il suo successo. Poi, dopo l’alluvione, c’è stato un lento e lungo scivolamento all’indietro e piano piano il clamore del suo prestigioso passato è stato dimenticato, forse cancellato anche nella mente e nei programmi dei tanti personaggi che hanno animato la scena pubblica e culturale della Città. Ma proprio quando la struttura era arrivata ai limiti della sopravvivenza ecco spuntare una nuova dirigenza, politica – amministrativa e culturale, che ha ridato lustro alle peculiarità del Convitto sferzando le istituzioni e aprendo i battenti del suo antico portone a tutti e di ogni ceto sociale, in una commistione necessaria a far ricrescere l’amore verso un pezzo di storia della Salerno che fu.

Le azioni e le nuove regole organizzative volute dal “commissario straordinario” dott. Pasquale Cuofano, dalla “dirigente scolastica” dott.ssa Virginia Loddo (che ha dato un nuovo volto di gentilezza, di garbo e di professionalità a tutte le attività del convitto) e dal suo “vicario” dott. Marco Bencivenga, senza trascurare l’eccellente apporto organizzativo offerto dall’Associazione Planus Montis, hanno ridato alla storica struttura un volto efficiente, trasparente ed incondizionatamente accettabile ed accettato da tutti; tanto che gli studenti stanno piano piano ritornando in massa. Molto c’è ancora da fare e l’intera struttura va sicuramente recuperata, anche dal punto di vista architettonico, al prestigio storico-artistico e ridata al patrimonio secolare di Salerno, e in questo l’attuale governance si sta impegnando con tutte le sue forze in un momento di gravi difficoltà economiche che attanagliano l’intero Paese. Ma la storia non si cancella, e quella del Convitto Nazionale Torquato Tasso di Salerno parla tutta in suo favore e deve essere ripresa in seria considerazione da tutte le istituzioni della Città, della Provincia  e della Regione per far ritornare l’imponente struttura ad essere punto di riferimento della cultura cittadina (e non solo); una storia ed una cultura che insieme hanno attraversato anche l’aureo periodo (fissato tra l’ 11° e il 13° secolo) della rinomata Scuola Medica Salernitana e che ha formato intere generazioni di validi professionisti che si sono distinti in ogni attività lavorativa, politica, culturale e imprenditoriale. L’attuale governante, ripeto, ha certamente ridato smalto alla struttura che comincia a riconquistare l’uno dopo l’altro quegli undici scalini che una mano scellerata decise di cancellare dalla scenografia di uno dei palazzi più belli dell’intero centro storico. Poche sere fa è stato molto bello toccare con mano la giusta combinazione di identità e di eterogeneità dovute sia alle diverse fasce di età degli alunni, sia alle differenti realtà socio-culturali presenti nel territorio; fino al punto di assumere una veste ed una funzione anche a sfondo prettamente sociale e rieducativo in un luogo della città (se ci vogliamo soffermare sulle peculiarità, anche negative, del centro storico) che da sempre rappresenta una sorta di “buco nero” per la cosiddetta “società bene” di Salerno e provincia. Una scuola di integrazione, è diventato anche questo il Convitto Nazionale Tasso; e quale migliore scuola, anche di vita, è quella che riesce a mettere insieme le varie anime di una società complessa e variegata come quella di oggi che deve aprirsi anche alle esigenze di altri popoli e di altre religioni.

Cantavano e ballavano felici i piccoli e i grandi l’altra sera; tutti insieme i figli di gente comune, di professionisti e dei meno abbienti, guidati da una irrefrenabile conduttrice nel solco della migliore Mariele Ventre dei tempi del famoso “Zecchino d’Oro”. Uno spettacolo nello spettacolo molto ben organizzato e seguito attentamente dai tantissimi adulti e genitori presenti; uno spettacolo che ha coinvolto anche altri docenti del Convitto, nel segno di un lavoro di squadra molto interessante che “consente di progettare attività di formazione comuni ed iniziative di continuità in verticale, utilizzando metodologie omogenee di lavoro, di confronto e di verifica, facilitando, in tal modo la continuità del percorso degli alunni”, come ampiamente indicato sul sito ufficiale del Convitto; un sito rivisto, corretto ed ampliato dal volere di un gruppo dirigenziale ed educativo che appare in grado di rinnovare i fasti antichi del Convitto Nazionale Torquato Tasso di Salerno.

One thought on “Convitto Nazionale Tasso: un pezzo di storia della città

  1. Una splendida fotografia della nostra gloriosa Istituzione educativa. Passato e presente magnificamente riportati con stile, maestria e alta sensibilitá.
    Grazie davvero
    M

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