ARCADIS: lo specchio del “modello De Luca”

Aldo Bianchini

SALERNO – “Arcadis”, una parola che suona di antichità pre-romana, ma anche una parola che evoca misteri e complotti; una parola che, comunque, è molto spendibile sul piano mediatico, soprattutto per una stampa attenta soltanto ai proclami roboanti e senza alcuna base costruttiva. E’ con questo sistema che il governatore Vincenzo De Luca “frega” (ma lui avrebbe usato un altro termine che a noi umili mortali non è concesso) tutti i suoi avversari ed anche la stampa che eclata, senza porsi domande e senza andare a scavare nel passato, tutti i suoi apodittici proclami. Questo, amici lettori, è il modello De Luca ovvero il tanto decantato “modello Salerno” che anche la brava Assunta Tartaglione (segretaria regionale del PD) ha osannato qualche giorno fa indicandolo come strumento per poter correggere e rilanciare la vita pubblica campana. Un titolo su tutti mi ha colpito per la vicenda dell’Arcadis: “Parassiti, De Luca chiude Arcadis”; titolo da primissima pagina al quale io avrei astutamente aggiunto “E crea un’altra struttura a sua immagine e somiglianza”. Ma cosa è questa benedetta Arcadis che è entrata nel ciclone delle polemiche dalla metà dello scorso mese di dicembre quando il governatore fece irruzione nella struttura sorprendendo i vari parassiti (termine caro a De Luca) e minacciando di licenziarli. L’Arcadis è una “società partecipata” nata verso la fine del 2004 nel primo mandato di Bassolino a tutela dell’ambiente e, in particolare, a sorveglianza di tutto quanto veniva e doveva essere fatto per il risanamento del territorio sarnese-nocerino dopo la drammatica alluvione del 1998. Fino al 2009 è stata gestita, con assunzioni dissennate e spesa pubblica devastante, esclusivamente dal centro sinistra dei bassoliniani (dove De Luca non poteva infilarci neppure un ago !!); dal 2010, subito dopo l’avvento di Caldoro il centro destra ha cominciato ad occupare le cariche più importanti dell’Arcadis (altra schifezza politica !!) ed alla fine è arrivato Vincenzo De Luca con il dente avvelenato per due ragioni: primo perché non aveva mai potuto gestire nulla di quella partecipata e secondo perché la sede dell’Arcadis è a Sarno, paese di uno dei suoi maggiori delfini che non a caso è alla testa della Provincia, parlo di Giuseppe Canfora che, notoriamente, è stato da sempre contro quella struttura, soprattutto da quando era passata nelle mani del centro destra. Voglio qui subito sgombrare il campo da cattivi pensieri; per me l’Arcadis non andava proprio creata perché è, comunque, un covo di rifugiati politici alla ricerca di incarichi sottobanco; e nei rifugiati ci sono assolutamente tanti “parassiti”. Il problema, quindi, è tutto e soltanto politico perché al centro del problema non sono i dipendenti assunti a tempo indeterminato che non potranno essere licenziati e dovranno essere sistemati negli uffici regionali; al centro del problema ci sono gli incarichi dirigenziali che il neo governatore strappa via a quelli del centro destra e provvederà a riassegnare a chi dice lui del suo cerchio magico. Tutta qui la plateale irruzione, con tanto di scorta testimoniale, del mese di dicembre che ha preceduto i provvedimenti di qualche giorno fa. Resta il fato, però, che con questa platealità De Luca riesce, da ottimo comunicatore qual è, a colpire pesantemente l’immaginario della gente che, purtroppo, si ferma soltanto ai titoli anche perché nessuno glielo spiega e neppure il centro-destra riesce ad organizzarsi in tal senso. Difatti se venisse spiegato che i dipendenti vanno in regione e che i dirigenti in parte verranno nominati altrove e che saranno comunque sostituiti da altri di nomina strettamente regionale. In pratica non cambia proprio niente per quanto riguarda la spesa di denaro pubblico, cambia soltanto (e non è poco) il bastone del comando anche se poi invece di Arcadis si chiamerà, ad esempio, “Sar.Ca.Di”(Sarno Cartografia Disastri) che è l’anagramma della parola precedente ed attribuisce a Sarno ed al suo sindaco (Giuseppe Canfora) maggiori poteri esecutivi da rendicontare al kaimano. Questo è il kaimano, dicevo, e così è partito da quel famoso 5 dicembre 1993 quando divenne ufficialmente sindaco di Salerno dopo esserlo stato, in via transitoria, dal 23 maggio al 2 luglio di quello stesso anno prima dell’arrivo del commissario Antonio Lattarulo (uomo dei servizi segreti). Ricordo benissimo che nei primi mesi del suo mandato per accreditare nell’opinione pubblica la fama di incorruttibile e severo amministratore licenziò due dipendenti del Comune che, secondo lui, erano infedeli. La stampa pompò a dismisura quel clamoroso gesto ma non rese giustizia ai due licenziati quando, in seguito a sentenza giudiziaria, furono riassunti con tutti gli onori. Quel passaggio non fu artatamente eclatato e nell’opinione pubblica rimase quel gesto clamoroso del licenziamento. Ecco qual è il “modello Salerno” che la segretaria regionale del PD vorrebbe esportare in tutta la Regione.

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