PORTO: caro Matteo ti scrivo … da Fort Lauderdale all’uovo di Colombo di Fulvio Bonavitacola !!

Aldo Bianchini

SALERNO – Di recente ho letto che un gruppo di associazioni (sembra 18 in tutto) di categoria, insieme alla CCIAA di Andrea Prete, a Assotutela di Agostino Gallozzi hanno scritto al presidente del Consiglio dei Ministri Matteo Renzi per manifestare tutto il loro dissenso per l’accorpamento della Autorità Portuali di Salerno e Napoli (badate bene che non vengono accorpati i due porti !!); la lettera-documento sarebbe stata inviata anche al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio e, addirittura, al presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. Sacrosanto il diritto di dissenso esercitato da tutta la categoria portuale, anche se ripeto all’infinito che detto esercizio è stato messo in moto troppo tardi ed in maniera anche approssimativa, senza tenere conto di quanto è avvenuto nel recente passato sotto gli occhi degli stessi contestatori di oggi. E poi c’è un’altra considerazione da fare; in tanti dicono e scrivono, impropriamente, che saranno accorpati i “porti di Salerno e Napoli”; niente di più falso perché dovrebbero essere accorpati soltanto i vertici decisionali, lasciando alle rispettive ex Autorità precisi e intoccabili organismi organizzativi nell’ambito di un progetto più ampio che comprende tutto il discorso marittimo regionale. A nulla vale ricordare, come ha fatto recentemente Gallozzi, che in un documento di Confindustria Nazionale in merito al riassetto della portualità italiana è stato scritto che “la riforma portuale è inadeguata e approssimativa”, perché a mio modo di vedere quando una decisione è inadeguata e approssimativa (la Prima Repubblica docet !!) la si contesta subito e, ovviamente, si propone un’alternativa risolutiva. Le chiacchiere non contano proprio nulla, e sull’onda delle chiacchiere si va verso la parte finale della conferenza stato-regioni che si terrà giovedì prossimo 24 marzo 2016 proprio sulla consacrazione finale della riforma. Si arriva con la scoperta dell’uovo di Colombo da parte del vice presidente della Regione, on. Fulvio Bonavitacola, che nelle ultime ore ha tirato fuori dal cilindro una specie di moratoria che consentirebbe uno slittamento dei tempi, per almeno altri tre anni, per l’approvazione definitiva della riforma e concedendo, così, un tempo abbastanza lungo per concordare eventuali modifiche soprattutto in merito alla sopravvivenza dell’Autorità Portuale di Salerno. La stampa ha eclatato l’annuncio dell’on. Bonavitacola come se davvero lo stesso fosse un toccasana, senza ricordare che in politica è prassi comune e costante l’utilizzo delle moratorie per allungare i tempi probabilmente all’infinito. Niente di nuovo, quindi, ma soltanto un escamotage in chiave di eccellente politichese per risolvere il problema contingente. Benvenga, comunque, anche la moratoria se davvero servirà a salvare l’Autorità salernitana che, ripeto, dovrebbe comunque rimanere con in testa alcune importanti specificità operative. I recenti successi che l’Autorità Portuale di Salerno ha visto celebrati nell’ambito del “Seatrade Cruise 2016” in quel di Fort Lauderdale (Florida) devono farci gioire ma non devono ingannarci, perché rimarcano ancora una volta la necessità di sviluppo e di crescita che ha il porto nostrano anche in merito al crocierismo mediterraneo e mondiale; uno sviluppo ed una crescita dovuto soltanto alla perfetta organizzazione portuale e non di certo alle potenzialità strutturali dello scalo salernitano che, lo sappiamo tutti, è stretto nella morsa naturale tra mare e monti. Visto che gli uomini fanno e determinano i successi sarebbe più naturale combattere tutti insieme acchè questi uomini di successo possano governare anche i futuri sviluppi dell’intera portualità campana, perché, diciamocelo con franchezza, Salerno ha bisogno di spazi, che non ha e non potrà avere se non nel contesto di un discorso di riammagliamento generale regionale,  che diano la possibilità concreta di crescita e sviluppo. Altrimenti il nostro porto, per ragioni orografiche ed olografiche, è destinato ad implodere. Per tutte queste ragioni il porto, nonostante i numeri sotto vari profili (attività commerciale, crocieristica e diportistica) siano in notevole crescita grazie all’ottima organizzazione si trova in una posizione ancora molto distante dalle eccellenze di Civitavecchia (solo per fare un nome) ma anche da quelle di Napoli sebbene quest’ultima realtà abbia sprecato negli anni tutte le occasioni utili per sovrastare e controllare anche la stessa Civitavecchia. Insomma, da soli i numeri prestigiosi di Salerno, rilanciati anche nel recente meeting di Fort Lauderdale, non bastano per fronteggiare lo sviluppo e la crescita delle nuove frontiere marine che si sono aperte a rotte e traffici impensabili fino a qualche tempo fa.

One thought on “PORTO: caro Matteo ti scrivo … da Fort Lauderdale all’uovo di Colombo di Fulvio Bonavitacola !!

  1. Sarei tentato di dire che il successo riportato a Fort Lauderdale – in occasione del Seatrade Cruise 2016 – dall’immagine che il porto di Salerno proietta nel mondo, fa da contraltare alla recente decisione di MSC di trasferire altrove la propria attività crocieristica, non essendo presumibilmente ancora appetibile la permanenza nello scalo salernitano. E’ questa una constatazione da cui non si può prescindere e sarebbe poco saggio sottovalutare il malaugurato rischio che si correrebbe se effetti similari interessassero anche altri settori operativi della struttura. Ritengo quindi che vadano sviluppate al massimo le capacità tecniche, organizzative, funzionali e di relazione facenti capo a tutti i soggetti interessati, affinché si concretizzino efficaci azioni idonee a contrapporsi a simile evenienza. Si prospetta infatti il pericolo di vanificare gli sforzi compiuti e i risultati finora raggiunti, ove si continui ad assistere al balletto delle priorità declamate come essenziali – ma spesso in maniera contrastante – da vari operatori, pubblici e privati, che seguono i destini del porto e della sua dirigenza, nonché dai rappresentanti politici e da vari settori del mondo dell’informazione. Mi riferisco in particolare alle posizioni assunte nei confronti della riforma delle Autorità Portuali, mentre il dispositivo era in itinere e soprattuto nell’attuale fase di definitiva approvazione. Esse danno l’impressione – ad un osservatore esterno – che sia mancato e manchi una unità d’intenti e quindi una complementarietà di interessi miranti ad un obbiettivo condiviso. Una delle considerazioni – ripetuta in varie occasioni – è stata che non andavano ritenuti del tutto determinanti né il mancato ruolo di porto “core” né l’inesistenza del collegamento ferroviario con la rete TEN-T ai fini della scelta dei porti sede di Autorità di Sistema Portuale. Eppure, esiterei a dare pieno credito ad una simile convinzione. Anche perché viene il sospetto che proprio l’aver sottovalutato – da troppi anni ormai – quante limitazioni operative comportasse l’assenza di una piena intermodalità delle infrastrutture terrestri, sia stata la causa che ha distolto la dovuta attenzione al problema e al modo di come affrontarlo in maniera risolutiva. Non reggono i motivi di impedimenti dovuti a ragioni orografiche o la location penalizzante perché stretta in una morsa fra mare e monti. Non credo che il San Gottardo offrisse minori difficoltà rispetto al monte Bonadies. Eppure è recente la notizia che sarà presto superabile con una lunga galleria ferroviaria di 57 km, costruita – e completata in tempi invidiabili – dagli svizzeri per agevolare le percorrenze e ridurre le distanze fra nord e sud Europa. Se quindi nel “contesto di un discorso di riammagliamento generale regionale”, volto ad evitare l’implosione del porto di Salerno, si mettono da parte aspirazioni vagamente espresse, ma in concreto si individua il lato debole della configurazione territoriale del porto e si affronta il punto focale del problema per portarlo finalmente a soluzione, allora apparirà perfino deviante e risibile essersi accapigliati sulla “dipendenza” o sulla “indipendenza” dell’Autorità chiamata a gestirlo, specie se, qualunque sia l’esito dell’assetto definitivo raggiunto, la situazione infrastrutturale continuerà a mantenere l’attuale conformazione, carente sotto l’aspetto operativo e non ottimale in termini concorrenziali.

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