TOTOCALCIO: dead betting walking … quando avevamo la luna

Aldo Bianchini

SALERNO – Avevamo la “luna” ma anche la schedina, questo a mio avviso è il modo migliore per festeggiare i settanta anni dalla prima apparizione di una schedina da giocare sui risultati calcistici dell’epoca. Era il 5 maggio del 1946 quando l’intuizione l’ebbe un giornalista sportivo triestino, della Gazzetta, Massimo Della Pergola, finito in un campo di prigionia in Svizzera in quanto ebreo. Fu lì, proprio in quel lager, che sviluppò l’idea di un passatempo popolare che avrebbe finanziato la rinascita dello sport italiano e fatto innamorare un Paese intero, il nostro Paese. Insieme ai colleghi Fabio Jegher e Geo Molo fondò la SISAL (Sport Italia Società A responsabilità Limitata), con una schedina inizialmente di 12 partite, e i vincitori con 12 e 11 punti. Di quel primo foglietto colorato si stamparono 5 milioni di copie ma se ne giocarono appena 34 mila. Per sbarazzarsi di quella montagna di carta, alla Sisal decidono di distribuire le schedine inutilizzate ai barbieri: serviranno a pulire i rasoi. Si, proprio i barbieri a simboleggiare un periodo dorato della ripresa economica italiana passata alla storia come “miracolo economico” che ebbe il suo apice nel triennio compreso tra il 1962 e il 1965 quando davvero ci sembrava di aver toccato la luna. La famosa “schedina”, in quegli quasi mitici, assunse il ruolo di vetrina del benessere che il nostro Paese attraversava dopo aver subito i devastanti danni della seconda guerra mondiale. Le famiglie, ricordo, facevano a gara per andare a giocare la schedina il sabato sera; i piccoli si accompagnavano ai grandi e per le piazze era un continuo via vai con sosta obbligata presso il banco lotto e i bar all’uopo autorizzati. Ma se facciamo un piccolo balzo all’indietro potremmo anche definire la schedina di Della Pergola come lo spartiacque tra Monarchia e Repubblica per essere stata ideata soltanto qualche settimana prima del primo referendum popolare della storia del Paese. Oggi compie settant’anni, proprio come il progetto “Vespa” depositato dalla Piaggio in quei giorni storici per completare il rilancio e la rinascita definitiva del nostro Paese. Giocare una colonna costava allora 30 lire, il prezzo di un bicchiere di Vermouth, e per molti divenne subito un veicolo spicciolo per realizzare sogni, grandi e piccoli: comprarsi casa, ripianare i debiti, fare un viaggio in capo al mondo. Il primo vincitore fu Emilio Blasetti che incassò 463.846 lire, grazie a una successione di sei X di fila. Dopo un iniziale scetticismo il successo arrivò travolgente ed in pochi mesi le giocate toccarono le 13 milioni di colonne, una ogni tre abitanti. L’italiano del dopoguerra era affamato certo di passione per il calcio, ma anche e soprattutto delle lire. Che si trattasse di un’intuizione geniale lo capì anche il governo che due anni più tardi, nel1948, nazionalizza la schedina, ribattezzata Totocalcio, diventata troppo ghiotta perché lo Stato rinunciasse a guadagnarci sopra. Era il 1948, un anno speciale e particolare; speciale per il duello incredibile tra Fausto Coppi e Gino Bartali al Tour de France e per l’attentano a Palmiro Togliatti (capo indiscusso di un Partito Comunista in forte crescita); si ndisse e si dice ancora che il duello ciclistico servì a placare gli animi delle folle, forse in questo abbe la sua parte anche la mitica schedina. Sta di fatto che in quell’anno per finanziare i Giochi di Londra la colonna salì a 50 lire e con l’aumento arrivò anche la prima vincita a nove cifre: 104 milioni a Prato.  Da qualche anno la schedina è in caduta libera, forse inarrestabile, aggredita com’è dai tanti giochi moderni e telematici; una decadenza che ha tanti padri e molte cause: la moltiplicazione dei concorsi (sull’onda del successo erano nati Totogol e Intertoto), i montepremi astronomici del Superenalotto e la legalizzazione delle scommesse, i ‘Gratta e Vinci’ e quell’immenso tavolo da gioco che è Internet. L’anno dei record per la schedina è il 1993: la vincita più alta in assoluto è quella del 7 novembre, quando tre schedine con un 13 e cinque 12 giocate a Crema, Patti Marina (Messina) e in un autogrill sulla Napoli-Salerno, regalano ai loro possessori 5.549.756.245 lire. Pochi mesi più tardi si ha il montepremi più ricco con ben 34.475.852.492 lire. Ed è proprio lì, da quei superpremi, che paradossalmente forse comincia il declino della schedina. Quella che era una macchina di sogni e di passioni e negli anni Ottanta e Novanta era arrivata a distribuire fino a mille miliardi di lire ogni stagione si inceppa e registra anche  la domenica nera, quella del 24 agosto 2003,  con il premio più basso della sua storia per i 55mila “14” e due euro di premio ciascuno. Da allora la discesa è stata verticale: -10% di giocate fra il 2003 e il 2004 a 443 milioni, che dieci anni più tardi scendono a solo 39,8 milioni, fino ai poco più di 10 milioni dei primi quattro mesi 2016: un crollo totale. Ma passerà alla storia e, forse, entrerà di diritto nel Pantheon dei ricordi, al netto dell’effetto nostalgia per un Paese partito in bianco e nero e rapidamente asceso nelle luci dei colori.

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