PETROLIO: la gamba tesa di De Luca e … il Comitato del Vallo di Diano

Aldo Bianchini

SALERNO – “Il referendum è una palla”, ha detto così il governatore Vincenzo De Luca bistrattando il referendum promosso da alcune regioni e da alcune associazioni e comitati schierati contro le trivellazioni petrolifere. Questo almeno è stato il tentativo strumentale di molti politicanti ed anche di tante associazioni e comitati disseminati tra la Basilicata e la Campania (leggasi Vallo di Diano) di far passare il referendum come una consultazione contro le perforazioni e le estrazioni petrolifere in generale su tutto il territorio nazionale, ben sapendo che invece la chiamata referendaria riguardava soltanto l’aspetto legato al rinnovo delle concessioni per le piattaforme petrolifere già esistenti e la concessione di nuove autorizzazioni entro i limiti delle acque territoriali nazionali. Quindi in discussione erano soltanto le piattaforme e si chiedeva la revoca delle concessioni confermate nel decreto “salva Italia” del Renzi prima maniera; nessuna discussione, al momento, sulle trivellazioni in generale e specificamente per quelle lucane della Val d’Agri e del confinate Vallo di Diano. Ma se il buongiorno si vede dal mattino è facile intuire che un governatore che dice “il referendum è una palla” ha le idee ben chiare rispetto anche ai sondaggi ed alle perforazioni in terra valdianese; con poche parole si frantuma, così, il sogno del “Comitato No Petrolio” del Vallo di Diano di poter ancora contare sulle “false promesse” fatte in campagna elettorale dal governatore che solo ora è uscito allo scoperto mettendosi in gioco apertamente sulla questione petrolio. Io non sono un ambientalista convinto, rispetto l’ambiente forse anche più di qualche ambientalista di giornata; per questa ragione non sono andato a votare, in primo luogo perché lo strumento referendario viene utilizzato a tutto spiano e non ha conservato la sua matrice originale ed in secondo luogo perché le domande vengono poste sempre in maniera assurda. Difatti se i primi due referendum sono caduti a distanza di circa 30 anni l’uno dall’altro e gli altri ventotto nei successivi quarant’anni una spiegazione deve pur esserci; un fatto è certo, statisticamente più di due referendum all’anno sono una marcata esagerazione dell’utilizzo di uno strumento democratico che seppur validissimo deve essere nuovamente regolamentato ed a ciò non basta soltanto il visto della Corte Costituzionale. Per quanto riguarda il “Comitato No Petrolio” del Vallo di Diano bisogna riconoscere che non si è mai spinto più di tanto nell’osannare le promesse del governatore, probabilmente è composto non soltanto da giovani entusiasti ma anche da persone vaccinate e con una certa esperienza politica vissuta. Per quanto mi riguarda i componenti del Comitato non possono non riconoscere il fatto che per tempo, ed a più riprese, li avevo avvertiti di tenersi alla larga dalle fasulle promesse del governatore e di mantenere sempre un atteggiamento soft e lontano dal tifo da stadio che molti politici del Vallo facevano e continuano a fare in favore del kaimano. Sarebbe giusto, però, a questo punto che il Comitato No Petrolio facesse i suoi passi e cercasse di snidare dalle loro tane tutti i presunti responsabili delle future scelte in materia di petrolio e di trivellazioni che da domenica 17 aprile 2016 sembrano aver ripreso fiato nella consapevolezza di aver vinto una grande battaglia. Del resto non manca loro l’appoggio incondizionato del premier Matteo Renzi che ancora una volta può gridare al grande consenso popolare che anche questa volta non gli è certo mancato. La lotta sarà aspra e senza esclusione di colpi, anche perché il principale interprete della volontà popolare campana è entrato a gamba tesa sul problema e … l’arbitro non ha fischiato il fallo.

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