GIUSTIZIA: Errori giudiziari, in 24 anni 24 mila innocenti in cella

 Da Ansa.it

ROMA (01.07.16) – Fabrizio Bottaro, designer di moda, accusato di rapina, un mese in carcere, 9 ai domiciliari: assolto perché il fatto non sussiste. Daniela Candeloro, commercialista, 4 mesi e mezzo in carcere, 7 e mezzo ai domiciliari per bancarotta fraudolenta: assolta con formula piena dopo un processo di 6 anni. Lucia Fiumberti, dipendente provinciale, arrestata per falso in atto pubblico, 22 giorni di custodia cautelare: assolta per non aver commesso il fatto. Vittorio Raffaele Gallo, dipendente delle Poste, 5 mesi di carcere, 7 ai domiciliari per rapina: assolto per non aver commesso il fatto dopo 13 anni. Antonio Lattanzi, assessore comunale, arrestato per tentata concussione e abuso d’ufficio 4 volte nel giro di due mesi, 83 giorni di carcere: sempre assolto. Bisogna partire da qui per inquadrare “Non voltarti indietro”, un docufilm presentato ai festival di Pesaro e di Ischia, incentrato sulle storie di 5 vittime di errori giudiziari, scelte fra le centinaia e centinaia di casi che ogni anno si verificano in Italia. I loro nomi e le accuse compaiono alla fine, prima dei titoli di coda. Perché in fondo la sostanza di quelle accuse è falsa, non esiste. Esiste, invece, il viaggio materiale, psicologico e umano che una persona che sa di essere innocente compie quando è privata della libertà. Un’esperienza che chiede di non voltarsi indietro, appunto, anche se certi segni – l’ansia per gli spazi chiusi, alla vista di un furgone della penitenziaria o del lampeggiante di una sirena – non si possono cancellare. Fabrizio, Daniela, Lucia, Vittorio e Antonio raccontano la sensazione di incredulità e paura che hanno accompagnato l’arrivo della polizia giudiziaria, l’arresto, il trasferimento in carcere, dove tutto ciò che prima era scontato viene sospeso. Cose fino a quel momento “viste solo in tv”: il rilevamento di impronte e foto, la consegna degli effetti personali, le stringhe tolte via dalle scarpe per evitare gesti di autolesionismo, l’ispezione corporale, l’umiliazione di trovarsi nudi nelle docce comuni, sapendo di non poter reagire, trattati inevitabilmente come un delinquente. Fino a che il “blindo”, la porta della cella, si chiude. Poi arrivano le perquisizioni a sorpresa, con i cani e la cella messa a soqquadro. E il primo colloquio con i familiari, indelebile nella memoria. Ma la capacità di aiutarsi, di intrattenere rapporti umani trova spazio anche dietro le sbarre: alcuni dei protagonisti, come Daniela o Antonio, durante la carcerazione, sono diventati punto di riferimento di altri detenuti per scrivere una richiesta al magistrato di sorveglianza o una lettera ai familiari. In altri casi sono le parole di un agente di polizia penitenziaria capace di andare oltre gli steccati codificati dal carcere a fornire un appiglio. Alla detenzione si accompagna il processo, che può durare anni. Quando l’errore subìto viene accertato, la vita ormai è cambiata per sempre. C’è chi riesce a rialzarsi, magari realizzando un obiettivo rimasto per tanto tempo inespresso. E chi resta imbrigliato nell’abbandono dei familiari, nella perdita del lavoro, nella necessità di tirare a campare con la pensione. Il docufilm, attraverso le storie dei protagonisti, racconta tutte e due le facce della medaglia. Dove non arrivano le immagini girate nelle carceri e le interviste, scelte e montate con ritmo narrativo e supportate dalle musiche originali di Emanuele Arnone, sono i disegni di Luca Esposito a ricostruire momenti e situazioni. Diretto da Francesco Del Grosso, l’opera nasce da un un’idea dei giornalisti Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone, che da anni lavorano su questo tema e hanno dato vita al sito errorigiudiziari.com, con 700 casi. Negli ultimi 24 anni oltre 24 mila persone sono finite in carcere da innocenti. Per risarcirle lo Stato ha speso più di 630 milioni di euro

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