Dossier Salerno/15: la lista Pessina e … da Trucillo a Savastano passando per la Masullo

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Riprendiamo il discorso dell’inchiesta “Dossier Salerno” esattamente da dove eravamo rimasti con la precedente puntata n.14 per capire chi è Pessina e cosa era la “lista Pessina”. L’avvocato di Chiasso Fabrizio Pessina, 63 anni, viene arrestato all’aeroporto milanese della  Malpensa il 2 febbraio 2009 nell’ambito dell’inchiesta sull’area Montecity-Santa Giulia condotta dalla Procura di Milano; una specie dell’odierna “Panama Papers” che sconvolge persone e cose di quel tempo. Dai computer dell’avvocato svizzero spunta un elenco di circa 500 nominativi di personaggi noti e di gente comune; accanto ad ogni nominativo c’è indicata anche una cifra. Tale valore, secondo gli inquirenti, non era altro che la somma depositata all’estero da diversi industriali, ma anche insospettabili pensionati e qualche nome noto, e su cui avevano pagato poco o nulla all’erario italiano in fatto di tasse; oltretutto avevano sicuramente violato le leggi sull’esportazione illecita di capitali liquidi. Ben presto la Guardia di Finanza si accorse di avere a che fare con un giro milionario, ed accanto all’evasione spuntarono anche fatture false e diverse frodi perpetrate in danno del fisco. Infatti la polizia tributaria di Milano scopriva che intorno al nome di Pessina giravano molti commercialisti e consulenti che nella realtà avevano creato una vera e propria rete in grado di fornire assistenza in merito alle possibili soluzioni per eludere il pagamento dei tributi. Diversi nomi noti, dicevamo, e non solo nel campo finanziario, visto che tra i vertici dell’organizzazione vi era Mario Merello conosciuto sia come professionista ma anche per essere il marito della cantante

Marcella Bella (tra l’altro alla stessa cantante venne contestato il fatto che nella dichiarazione 2002 aveva omesso di indicare la disponibilità di circa 9,4 milioni di euro per una imposta evasa di 2 milioni e 543.000 euro). A tenere le fila oltre a Merello ci sono lo stesso Pessina ed il commercialista milanese Siro Zannoni. I capi di accusa prevedevano diverse imputazioni (tra cui anche associazione a delinquere ) ed alla fine i “consulenti” riuscivano a nascondere al fisco circa 190 milioni di euro a cui andavano sommati almeno 256 milioni di euro generati attraverso il sistema delle fatture false e delle “frodi carosello”. Un elenco di 500 nomi, una mega operazione della Guardia di Finanza, alcuni arresti, tutto sembra far parte di una consueta routine quando esplode la sorpresa che nessuno avrebbe mai immaginato: al 40° posto della lista compare un nome ed un cognome, Roberto Trucillo di Salerno. Già dipendente dell’ufficio tecnico comunale il geom. Trucillo, titolare della “Prisma Costruzioni srl”, viene beccato dalla GdF per aver esportato, con l’aiuto di Fabrizio Pessina, all’estero la bella cifra di circa 26 milioni di euro, buona parte dei quali portati verso la frontiera direttamente in una valigetta. Ma viene fermato a Chiasso e scoppia il pandemonio: di chi sono quei soldi, perché li porta all’estero dove sono stati già depositati altri soldi, come li ha guadagnati quei soldi, quali sono stati i lavori che gli hanno consentito di guadagnare tanto (si parla di una cifra complessiva, tra contanti e proprietà immobiliari, di diverse decine di milioni di euro). La magistratura salernitana fa capire di voler andare a fondo ma scopre poco o niente, il tecnico si è licenziato dal Comune una decina di anni prima e tutto, almeno pubblicamente, finisce nelle secche del dimenticatoio anche perché in realtà non c’è una approfondita indagine sulla genesi dei beni materiali e immobiliari del titolare della Prisma Costruzioni anche perché Trucillo provvede ad avvalersi del famoso “scudo fiscale” e paga le tasse per il rientro dei capitali. Ma lo poteva fare ? Ed era valido lo scudo dopo che era stato scoperto l’inganno ? Domande che non hanno mai avuto una risposta convincente. Molti, comunque, i lavori pubblici diretti, realizzati o semplicemente appaltati dall’intraprendente Roberto Trucillo che opera anche a Pontecagnano dove già sono posizionate la Samoa Costruzioni (grande appaltatrice di lavori pubblici salernitani) e la “impresa Giovanni Sacco”. La Prisma è presente anche in un PUA, consorzio di proprietari per la lottizzazione delle aree edificabili rese disponibili dal Comune di Salerno. Le chiacchiere sono tantissime ma mai nessun legame accertato tra Trucillo e l’Amministrazione Comunale. Ma Roberto Trucillo rispondeva a qualcuno, e si si a chi ? Anche questa è stata una domanda che è circolata negli ambienti bene informati della Procura della Repubblica e che non ha mai avuto una risposta logica e convincente. Nella lista Pessina c’era, però, una particolarità che nessuno ha approfondito: il nome di Trucillo era l’unico del meridione d’Italia; ma su cosa possa voler dire questo, ammesso che dica qualcosa, il silenzio è stato sovrano. Tutto finito ? Sembra proprio di si, anche se dalle segrete stanze della Procura ogni tanto arriva uno spiffero di vento che soffia in tutt’altra direzione; ma il tempo passa e, minuto dopo minuto, cancella ogni cosa. Un altro caso speciale, sulla strada del Dossier Salerno è la vicenda che riguarda l’assessore comunale Nino Savastano che è emblematico per la rappresentazione del “sistema di potere deluchiano”. Nino Savastano era ed è uno degli uomini più fedeli di Vincenzo De Luca; consigliere provinciale, consigliere e assessore comunale. Nel 2005 gravi sospetti di collusioni con la camorra lo travolsero per cui fu costretto a dimettersi da assessore ed è stato processato per concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e abuso d’ufficio. Dal primo capo di imputazione è stato poi assolto ma ha avuto la prescrizione per il voto di scambio ed è stato condannato per abuso d’ufficio (cfr la Città di Salerno). Savastano è uno dei pochissimi che è stato difeso contro tutto e tutti dal grande capo, la sua assoluta fedeltà è stata ricambiata anche se all’epoca dovette dimettersi da ogni incarico (sia politici che amministrativi) riconducibile  al kaimano. Per quanto mi riguarda era ed è sicuramente innocente, ma fu accusato da numerosi collaboratori di giustizia di essere stato eletto con i voti del clan D’Agostino. Lo stesso clan responsabile di aver piazzato nel 1999 una bomba, mezzo chilo di tritolo, sotto casa di Rosa Egidio Masullo, assessore alle politiche sociali prima di Savastano: la Masullo aveva fatto sgomberare alcuni appartamenti comunali occupati proprio dalla famiglia del boss Antonio D’Agostino in Via Capone di Salerno. La camorra rispose con l’attentato. Seguì il processo in cui, molto stranamente, il comune di Salerno non si costituì parte civile, quasi come se la colpevole fosse la Masulla e non il clan D’Agostino. L’assessora coraggiosa, isolata dal suo partito e non riconfermata nella nuova giunta, dichiarò: “Mi hanno lasciata sola contro la camorra, nessuna solidarietà né dal comune né dal partito: un messaggio di non belligeranza …”. Quello della Masullo è un caso opposto a quello di Savastano; anche lei era tra le fedelissime del capo e fu proprio nel suo studio legale che presero il via le prime mosse di quello che presto diventerà il “sistema di potere deluchiano”;  la Masullo, difatti, fu lestamente scaricata e buttata alle ortiche, forse stava parlando troppo e stava svelando i passaggi principali del sistema. Di episodi da poter raccontare ce ne sarebbero tantissimi, insomma si potrebbe scrivere un libro; sta di fatto che quegli anni tumultuosi, dal 1999 al dicembre 2005 segnano una svolta decisiva nell’apparato deluchiano che sfocia nella famigerata richiesta di arresto in carcere per Vincenzo De Luca, Mario De Biase e diversi altri uomini del sistema; richiesta ripetuta per ben tre volte dal pm Gabriella Nuzzi e per tre volte respinta dal gip Gaetano Sgroia che ordina anche la distruzione delle bobine di intercettazioni telefonico-ambientali dopo che la Commissione per i procedimenti d’accusa della Camera dei Deputati (grazie al voto favorevole e decisivo di Edmondo Cirielli) ne aveva autorizzato la distruzione. Ecco cosa scrive Adriana Stazio sul suo giornale in data 5 marzo 2010:  “”In questi giorni l’attenzione dell’Italia è stata catalizzata dallo scandalo della Protezione Civile S.p.A. capeggiata dall’uomo del fare Guido Bertolaso. Uomo del fare, appunto, che non perde tempo con leggi e vincoli imposti dalla democrazia, ma avoca a sé il potere e decide senza discutere, al di sopra delle leggi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti gli italiani, che hanno potuto ascoltare parte delle intercettazioni telefoniche e scoprire una parte del marcio che si nascondeva. Ma in Italia c’è un altro uomo del fare, si chiama Vincenzo De Luca”. Nella prossima puntata cercheremo di capire perché la Stazio ha definito De Luca l’uomo del fare e su quali presupposti poggia la sua ipotesi. Alla prossima.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *