CERTOSA: le guide, gli accompagnatori e il montascale … un sistema che funziona ?

Aldo Bianchini

PADULA – Se dovessi essere chiamato a rispondere velocemente alla domanda compresa nel titolo di questo approfondimento sarei portato a dire che “il sistema organizzativo complesso tra accessi, guide e accompagnatori” non funziona e probabilmente non ha mai funzionato come imporrebbe un monumento, patrimonio dell’umanità, qual è la Certosa di San Lorenzo di Padula. Ma la risposta rischia di essere un po’ qualunquista e priva delle necessarie analisi su un problema che è veramente grosso e sul quale si scontrano diversi interessi, anche privati e personali, ma anche precise e facilmente individuabili responsabilità. Intendo subito precisare, al fine di evitare facili e speculari strumentalizzazioni di bassa lega, che della Certosa e soprattutto sulla sua organizzazione ho già scritto da anni. Dunque l’attuale inchiesta giornalistica (giunta alla sua quarta puntata) non deve essere messa in relazione soltanto all’increscioso evento della diversamente abile che gattonava sulle scale del monumento, e non può essere strumentalizzata al fine di dimostrare un eventuale nesso tra la mia inchiesta e i personaggi che sono stati protagonisti, diretti e indiretti, della brutta vicenda. La mattina di ferragosto 2010 mi ero recato alla Certosa per ammirare la  “Mostra documentaria della Certosa di Padula nel libro di Thomas Salomon del 1763 e cartografia del XVIII secolo” che la bravissima Eufemia Baratta (Bibliotecario direttore coordinatore soprintendenza) aveva, credo, preparato con molta cura.  Andai anche in forza di un annuncio pubblicitario che parlava di “porte aperte nei musei salernitani” predisposto dalla Soprintendenza pensando che “porte aperte” volesse dire visita gratuita; anche perché la visita alla mostra era pubblicizzata come gratuita. Mi sbagliavo, ecco cosa accadde al front-line della Certosa dove intravidi un buon numero di guide, accompagnatori e varie (tratto da “Certosa: Salomon stop !! pubblicato su www.dentrosalerno.it del 23 agosto 2010):  “”Dunque primo brutto (si fa per dire!!) intoppo all’ingresso della Certosa dove mi ero portato, di buon mattino (le ore 10 e qualche minuto) al fine di poter ammirare la celebrata Mostra documentaria che la bravissima Baratta avrà preparato con cura … Ho utilizzato il futuro semplice del verbo avere in quanto io personalmente non sono riuscito ad ammirare una simile mostra e, quindi, non sono in condizione di poter esprimere il benché minimo giudizio. Perché? E’ presto detto. Alla biglietteria della Certosa, con almeno tre-quattro bigliettai, ho cercato di spiegare che mi trovavo lì per visitare la mostra. Sguardi attoniti, quasi al limite dell’incredulità; per un attimo ho pensato che qualcuno di loro stesse per dirmi: “Scusi ma di che mostra parla…”. Fortunatamente non è accaduto ma la loro incredulità si è appalesata in tutta la loro enormità, insomma non sapevano nulla della mostra. Poi è giunto un altro signore che con un linguaggio particolare (tra il padulese e l’italiano) mi ha accennato ad un qualcosa di espositivo, carte e foto, che non necessitava di un costo aggiuntivo per la visita. “Perché –ho chiesto- anche oggi per entrare si paga?” cercando di forzare un po’ la mano (lo riconosco!!) nel portare avanti un dialogo tra sordi. Biglietti nn. 4199 e 4200 per il modico prezzo di € 8,00 complessivi. Ancora fortunatamente incappo in una guida brava, intelligente e preparata: Agata. Si dedica al gruppo in maniera quasi familiare e confidenziale, riesce a sciorinare tutto quello che sa sulla Certosa e sulla sua storia in forma quasi scolastica e molto comprensibile anche per me che non sono un conoscitore della materia. Mi verrebbe quasi voglia di dirle: “Tu ci stupisci … Agata !!”, ma freno il mio entusiasmo. Ci accompagna per una sessantina di minuti quasi con dolcezza. Peccato che come Lei ce ne sono pochissime, almeno questo è il commento generale che serpeggia nel gruppo di visitatori””. Ovviamente di Thomas Salomon neppure l’ombra in quanto la pur brava guida non entrò nella sala del Priore e mi ritrovai nei giardini verso l’uscita. Credo che non sia tutto così e non sia sempre così; anche tra le guide e gli accompagnatori esistono persone per bene come Agata (che non è un nome convenzionale ma il vero nome della guida); le eccezioni, comunque, confermano la regola di un modello organizzativo e lavorativo che non decolla perché non nasce da una passione innata (fare la guida o l’accompagnatore turistico non è cosa da poco) ma si trasforma presto in un mestiere da svolgere per raggranellare il più possibile con il dispendio di meno energie possibili. E’ così in tutto il Paese e non soltanto a Padula; le guide hanno il loro posto fisso e dopo anni appaiono palesemente demotivate (forse perché mancano i giusti incentivi sia sul piano economico che su quello del reddito psicologico !!), mentre gli accompagnatori sono legati, volontariamente, agli interessi dell’associazione o della cooperativa che li seleziona e li inserisce in un contesto lavorativo molto lontano dalle loro idee e dalle loro speranze ed anche dalla loro specifica preparazione. A pagarne le spese è il monumento che appare sempre di più abbandonato a se stesso, nonostante l’attenta e coscienziosa dirigenza della Alfinito. In mezzo a questo baillamme c’è “La vacanza del sorriso” i cui iscritti vanno da anni in Certosa e che, oggi alla luce di quanto accaduto non era necessario strumentalizzare neppure per un secondo. E poi c’è la strana e quasi occulta vicenda del “servoscala” (una specie di montascala) per facilitare l’accesso al monumento che, nel corso dell’autoraduno solidale 2013 in occasione dell’iniziativa “Abbattiamo le barriere architettoniche e mentali”, l’associazione di Antonio Finamore donò al Comune di Padula e dal Comune subito consegnata all’ufficio turistico della Certosa in cui la stessa assessora Chiappardo prestava la sua opera di “accompagnatrice turistica”. Ebbene in quella occasione ci fu una vera e propria rivolta degli accompagnatori, e forse delle guide, contro l’utilizzo del mezzo meccanico perché ritenuto fuori dalle loro mansioni. E proprio la Chiappardo, se ben ricordo, scrisse un bell’articolo su Ondanews in data 14.10.2013 sulla vicenda della donazione e del rifiuto all’utilizzo. Tutto questo per stigmatizzare che molto spesso il successo della cosa pubblica dipende dalla qualità e dalla professionalità dei suoi operatori. C’è, infine, la storia inerente uno scivolo a pedana che esisteva sullo scalone centrale della Certosa; ma di questo ho un vago ricordo che necessita più approfonditi accertamenti. Alla prossima.

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