Emilio Sarli e “La decima musa del Parnaso”

Aldo Bianchini

NEMOLI (PZ) – La vallata di Nemoli, da sabato 6 agosto 2016, potrà essere idealizzata come una delle tante residenze virtuali di “donna Maria de Cardona”, già (im) probabile marchesa di Padula. Femme fatale, donna bellissima, vissuta si dice nei primi decenni del 1500 in varie località ed in vari celebri reami. Su di lei si sono sbizzarriti grandi uomini di cultura del passato, da Scipione Bella Bona fino ad Ortensio Lando (suo contemporaneo), con i commenti, più immaginifici che mai, a partire dagli occhi: “lucenti, neri, alquanto lunghetti, vivaci, e pieni di somma letitia, dentro a’ quali par che le gratie facciano perpetuo soggiorno” per finire alla voce: “chiara, soave, angelica, divina”. Fu contessa contesa e cantatrice apprezzata, marchesana e poetana, baronessa e letterata, duchessa e mecenate, signora e benefattrice di feudi e comunità; e fu, nel pensiero e nella fantasia di cantori e cortigiani, degna di cetra e di corona, dotta nelle lettere greche, latine e toscane, orma soave per gli altrui passi verso le faticose vette d’Elicona. Degnissima, insomma, di occupare la posizione sempre vacante della “decima musa del Parnaso”, una montagna che con l’Olimpo e l’Elicona costituiva il trittico montuoso dell’antica Grecia che dominava la città di Delfi e nelle cui splendide vallate soggiornavano gli Dei che spesso si univano agli umani in quella specie di “matrimonio sacro” (per non dire orgia divina !!) che molto spesso, sull’onda della ierogamia, simboleggiava l’accoppiamento tra un dio e una dea con la malcelata e molto intrigante partecipazione degli umani. Ed è in quel limbo che la pone, come un’icona del tempo infinito e come decima musa, l’apprezzato autore-scrittore Emilio Sarli, anch’egli di Padula. Un limbo, senza spazio né tempo, un limbo cinquecentesco, ad arte provocatoriamente promosso dai regnanti del tempo, in cui la bellissima Maria si infilò anima e corpo per conquistare tutte le vette inaccessibili per le comuni mortali, fino ad essere identificata come musa di quel tempo. Le muse, in verità, erano nove e tutte adoratrici del “dio Apollo”;

il suo Apollo la dea “donna Maria de Cardona” lo trovò nella persona di Carlo V (sul cui regno non tramontava mai il sole) non tanto per la storia, quasi fasulla, della frittata delle mille uova nel recinto certosino di Padula ma, più verosimilmente, nelle regge ospitali e intriganti frequentate da donne bellissime, da letterati ed anche da squattrinati adulatori, tutti ospiti del “grande re”. Il buon Carlo, fine intenditore di femminili beltà, la scelse subito come “sua musa” per meglio pilotarla nel dedalo molto insidioso, fatto soprattutto di cortigiane, della cosiddetta “alta società” del tempo; fino a concederla, ormai vedova del cugino Artale de Cardona, in moglie al famoso Francesco D’Este (figlio di Lucrezia Borgia) sulle cui capacità amatorie molte pagine sono state intrise di inchiostro. E i sospetti della passione che, comunque, aveva travolto il Re furono subito allontanati agli occhi della splendida moglie Isabella d’Aviz, della corte e del popolo; e l’immagine del Re travolto dall’amore fu salvo. Chiedo subito e preventivamente venia per la mia ridottissima conoscenza storica dei fatti e dei luoghi vissuti e calpestati dalla bellissima “decima musa” finemente idealizzata dalla fervida fantasia di Emilio Sarli (scrittore di professione e avvocato per esigenza di vita) e riportata nella splendida opera letteraria “La decima musa del Parnaso – Maria de Cardona” (Edizioni Youcanprint); un’opera che ha vinto il “premio Mario Soldati” nel 2012. Il nostro Sarli ha preso alla lettera, e con entrambe le mani, l’affermazione di Ludovico Ariosto quando nell’Orlando Furioso in merito alle belle donne scrive: “Ben mi par di veder che al secol nostro tanta virtù fra belle donne emerga, che può dare opra a carte e ad inchiostro, perché nei futuri anni si disperga”; e parola dopo parola, pagina dopo pagina, ha costruito, anzi ricostruito, l’immagine di una donna bellissima e quasi dimenticata che ebbe modo di pilotare la storia socio-culturale-intellettuale nei suoi pur pochi cinquantaquattro anni di vita terrena. Ed Emilio è andato a presentare la sua opera in uno scenario assolutamente incantato ed incastonato tra vette montuose e con sullo sfondo lo splendido lago di Sirino in quel di Nemoli, un paese con poco più di cinquecento anime immerso nell’Appennino Lucano. Grazie alla fatale combinazione di uno spettacolare sceneggiato teatrale organizzato sulle acque del lago, con una mescolanza fantascientifica di luci e colori, è stato anche possibile immaginare nella “signora del lago”, che emergeva dai flutti lacustri, la splendida Maria de Cardona. Pochi minuti prima la bellissima Maria era stata mostrata, ovviamente in senso metaforico, dallo stesso Emilio Sarli dal palco del centro culturale del piccolo paesino montano; ed è stato lì che Sarli ha dato il meglio di se stesso riuscendo ad essere contemporaneamente scrittore, attore, regista, scenografo e grande affabulatore. Durante i minuti della presentazione mi è parso di vedere sul palco un novello Carmelo Bene quando il 31 luglio del 1981, ad un anno dalla strage della stazione di Bologna, con una “lectura Dantis” dall’alto della Torre degli Asinelli, riuscì a coinvolgere ed a placare l’ira degli oltre duecentomila cittadini accorsi per manifestare contro lo Stato.

Emilio l’opera non l’ha soltanto scritta, la vive quasi come se fosse Egli stesso perdutamente innamorato della sua musa, tanta è stata la forza propulsiva e coinvolgente con cui ha intrattenuto la folta e colta platea degli spettatori e dei relatori ottimamente coordinati dall’esperto giornalista Pietro Cusati (detto Pierino). Nell’ascoltare lo scrittore Sarli si ha come la sensazione di allontanarsi completamente dal testo letterario per immergersi in un racconto che riesce ad entrare nel profondo dell’animo di ognuno fino ad intravedere al fianco dell’autore la sua bellissima musa. Emilio Sarli è riuscito, da solo, a portare sulla scena, senza l’ausilio di alcun elemento scenografico, addirittura le tre vette montuose dell’antica Grecia sulle quali, da qualche secolo, soggiorna anche Maria de Cardona, detta la decima musa. Le parole di Emilio si susseguono e si inseguono in un gioco letterario e fantasioso senza precedenti e finiscono per prendere e travolgere, nel più intimo, lo spirito dell’ascoltatore. C’è un notevole balzo di qualità tra l’opera letteraria e la sua rappresentazione scenica; nelle pagine del libro è come se mancasse qualcosa, non c’è vita e né spirito; quello spirito che l’autore riesce a trasmettere, invece, dalle tavole del palco che calpesta da consumato attore ed ottimo interprete di se stesso. Si dice che nessuno sia profeta in patria; sarà !! ma nei panni della direttrice della Certosa di San Lorenzo, Emilia Alfinito, brigherei per allestire uno spettacolo unico per  Emilio Sarli e con l’immagine di ”donna Maria” sapientemente proiettata sulle storiche pareti del monumento riconosciuto come patrimonio dell’umanità; dovrebbe farlo non solo per affermare le sue capacità di individuare e selezionare il meglio dalla realtà locale per restituire la Certosa al Vallo di Diano (come spesso ama pubblicamente dichiarare !!), ma anche per ridare alla stessa donna Maria la possibilità di ritornare a calpestare i luoghi che, secondo la leggenda, furono il suo feudo naturale, e per dare ad un figlio di Padula la possibilità di esaltarsi nutrendosi dell’aria respirata dalla sua musa. Cosa dire, o meglio scrivere, infine dell’autore Emilio Sarli !! sicuramente rispetto alle precedenti scritture l’opera dedicata a “donna Maria de Cardona” non è una incursione, inusuale e piuttosto rischiosa, nel terreno della storia più antica e della letteratura (come Egli stesso dice). E’ un viaggio  meraviglioso nel “mare magnum” delle storie, delle cronache, delle leggende, delle contese di un’epoca senza eguali, che Emilio è riuscito a mettere brillantemente insieme ed a ricucirle in un’unica “storia senza eguali” contenuta in un testo che andrebbe diffuso anche nelle scuole di tutti i luoghi leggiadramente toccati in punta di piedi dalla bellissima Maria, oltre che ad essere rappresentata nella Certosa di Padula, nella Reggia di Napoli ed alla corte di Francesco d’Este.

2 thoughts on “Emilio Sarli e “La decima musa del Parnaso”

  1. Analisi puntuale, introspettiva, colta , emozionante, articolata, che conservero’ nel computer,quando la mia memoria, inevitabilmente,mostrera’ minore vitalita’. Complimenti! Cmplimenti!

  2. Ho letto anche io l’articolo del direttore e concordo pienamente con Giovanni. Ma non è una novità; questo è un giornale di nicchia che tende sempre verso l’apòprofondimento. Complimenti, comunque.

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