Dossier Salerno/21: Piazza della Libertà, atto primo

Aldo Bianchini

SALERNO – Per capire bene il “sistema di potere” che interessa questa inchiesta giornalistica bisogna necessariamente analizzare, per filo e per segno, tutto quello che è avvenuto e sta avvenendo intorno, sopra e sotto la famosa “Piazza della Libertà” tanto cara al governatore Vincenzo De Luca. Se provate a porre ad un qualsiasi funzionario del comune come, quando e perché è stata ideata ed avviata la costruzione di Piazza della Libertà, nessuno vi saprà rispondere, tutti faranno spallucce e solo con lo sguardo indicheranno la vera stanza del potere; naturalmente di questo che è il pensiero comune non esiste la minima traccia che possa assurgere a dignità di prova, nonostante le reiterate, deliberate, apodittiche dichiarazioni della stesso Vincenzo De Luca che dagli schermi di Lira TV non risparmia niente per la sua santificazione dall’alto della sua immensa capacità dialettica e mediatica che ha affascinato, e affascina, decine di migliaia di salernitani. Ma se si esaminano gli atti giudiziari con attenzione si capisce subito che soprattutto per Piazza della Libertà sono uscite allo scoperto tutte le componenti del “sistema di potere”; sulla piazza difatti hanno operato i tre cerchi magici contemporaneamente ed anche singolarmente, quello politico-strutturale, quello operativo e quello occasionale in una fantascientifica esibizione del potere che probabilmente ha perso gli strumenti cautelativi che ha sempre utilizzato in tutte le altre occasioni dei grandi lavori pubblici. I tre cerchi magici concentrici hanno letteralmente, e in più occasioni, scavalcato l’intera macchina comunale che si è spesso relegata a dover ratificare tutto quello che altri decidevano di fare a loro piacimento. Le numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali hanno squarciato i veli del silenzio ed hanno gettato una luce sinistra su tutto il sistema. Nella piazza e sui lavori della piazza, ad esempio, appariva un tecnico esterno, molto noto, che dettava indicazioni e soluzioni senza dare conto a nessuno se non al vero ed unico capo; insomma una specie di “grand commis” che nella veste di manager doveva dar conto sempre e soltanto ad una persona. La magistratura naturalmente non è stata inoperosa e sulla piazza sono state attivate diverse inchieste: pavimentazione, crollo, interramento detriti tossici, variante da 8 milioni di euro, ecc.. Le inchieste, purtroppo, sono state affidate a diversi magistrati che molto spesso non dialogano tra loro anche nel rispetto della rispettiva autonomia e indipendenza; le inchieste sono nate a più riprese in un periodo compreso tra la fine del 2009 e l’inizio del 2011; alcune sono già a processo mentre altre sono tuttora in fase istruttoria; quella relativa alla variante di 8 milioni di euro ha toccato la sponda della conclusione delle indagini con richiesta dei pm Guglielmo Valenti e Antonio Cantarella di arresto per undici personaggi (arresti non concessi dal gip Stefano Berni Canani) e il rinvio a giudizio per tutti i 23 indagati tra i quali l’ex sindaco e attuale governatore Vincenzo De Luca, naturalmente con vari distinguo molto importanti nei capi di imputazione. Questa inchiesta ha dato la stura alla pubblicazione di numerose pagine di intercettazioni che hanno evidenziato lo squallido sottobosco che rigoglia ai margini del sistema istituzionale”, anche perché queste sono per davvero le non frequenti occasioni offerte alla giustizia per far luce sulla oscura e desolante realtà, come giustamente scriveva in una ordinanza del 1992 il gip Mariano De Luca; nel segno che non è cambiato niente. Del resto le stesse intercettazioni appaiono come significativamente illustrative dell’impossibilità della macchina comunale di organizzare, dirigere e disciplinare alcunchè senza dover dar conto alla troika del “cerchio magico operativo” del sistema. L’inchiesta sulla variante di 8 milioni nasce nel 2013 qualche mese prima che un altro pm, Vincenzo Montemurro, facesse decollare la tumultuosa inchiesta sul tesseramento, le primarie e le parlamentarie del PD nel periodo compreso tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013; una inchiesta questa che ha confuso, all’epoca, molti giornalisti che ritennero di individuare in un nucleo di pseudo procacciatori  dell’agro nocerino-sarnese le tessere in bianco che il pm Montemurro aveva avuto nella sua disponibilità investigativa. Niente di più errato; le due inchieste (quella della variante e quella del tesseramento) hanno avuto due genesi completamente diverse anche se, per certi versi, si sono intrecciate tra loro. Ma di questo parlerò più avanti nel corso di questa inchiesta. Ora mi interessa approfondire come si è arrivati alle prime indiscrezioni ed alle inchieste sulla piazza. I primi bagliori di quelle che poi si appalesarono come vere inchieste ci furono verso la fine del 2009 quando io stesso portai a conoscenza del grande pubblico alcune indiscrezioni che circolavano in città in merito all’interramento dei detriti tossici. Il 27 dicembre del 2010 scrivevo testualmente “…Quasi come un “regalino di Natale” nella tarda mattinata della vigilia (venerdì 24 dicembre) sarebbe stata notificata per giusta conoscenza al Comune una “interdittiva antimafia” dal Prefetto su sollecitazione della sezione di Salerno della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA). L’originale del gravissimo atto sarebbe stato, invece, consegnato al “Consorzio Stabile Tekton s.cons. a r.l.” (Via Broggia n. 18 – Napoli) che si era aggiudicato nel giugno 2009 l’appalto per i lavori di “realizzazione di Piazza della Libertà,  del sottostante parcheggio interrato, della viabilità, urbanizzazioni e deviazione del torrente Fusandola”. Un appalto con una base d’asta di € 21.325.768,00 (comprensivi di € 760.780,00 per oneri connessi all’attuazione dei piani di sicurezza non soggetti a ribasso) che la Tekton  si era aggiudicato offrendo, tra diciotto concorrenti, il ribasso d’asta più alto: 31,011% , corrispondente all’importo di € 14.948.359,57=. Subito dopo il 24 giugno 2009 la Tekton di Napoli subappaltava, come da concessione del Comune, parte dei lavori ad altre imprese tra le quali la “Esa Costruzioni Generali srl” da tempo operante prevalentemente nel distretto industriale di Nocera Inferiore, con interessi aziendali anche nel resto della provincia. La ESA in un recente passato avrebbe ottenuto lavori pubblici sia dal Comune di Nocera (quando era sindaco Antonio Romano) e sia dal Comune di Agropoli (sindaco Franco Alfieri); si, proprio i due sindaci che fecero fronte comune nel sostegno a Vincenzo De Luca nella corsa verso il governatorato della Regione. La Esa, inoltre, avrebbe anche  ottenuto i lavori dell’ex pastificio Amato; e qui si incasellerebbe la denuncia pubblica sull’amianto fatta dal presidente Cirielli in tv e sui giornali. Dov’è finito quell’amianto venuto fuori dalla demolizione del vecchio pastificio?, qualcuno sostiene nello scavo di Piazza della Libertà ed a tal proposito l’ARPAC regionale avrebbe già predisposto appositi  carotaggi dei quali ufficialmente non si è saputo più nulla. Proprio sull’Esa si sarebbe incentrata l’attività investigativa della Procura, ma andremmo, però, troppo lontani; è opportuno fermarci all’interdittiva antimafia notificata qualche giorno fa. Un tale provvedimento era già nell’aria, si dice negli ambienti bene informati; i dubbi erano palpabili, ma la notifica dell’interdittiva antimafia avrebbe comunque avuto l’effetto deflagrante di una bomba atomica all’interno del palazzo di città. Sembra addirittura che già nella stessa giornata del 24 dicembre sia stata disposta la revoca  dell’appalto in danno del Consorzio Tekton di Napoli, con conseguente revoca a cascata per tutte le imprese che avevano ottenuto lavori in subappalto. Ma c’è di più. Sembrerebbe, infatti, che la DDA di Salerno stia estendendo le indagini a macchia d’olio anche sugli appalti pubblici ottenuti dalla Esa sia a Nocera Inferiore che ad Agropoli. Insomma la magistratura antimafia vuole vederci chiaro, molto chiaro, sugli apparati della Pubblica Amministrazione che spesso “fanno della protervia e dello scadimento morale un fatto normale e fisiologico (così scrivevano i giudici tempo fa!!) nell’ottica dell’appropriazione privatistica di apparati e sistemi predisposti a tutela di interessi generali e collettivi con la connivenza di professionisti stimati e di prestigio….”. In pratica annunciavo, in primis, che qualcosa cominciava  a non funzionare nelle decine di gare che si accavallavano per la costruzione di “Piazza della Libertà”. Ma c’è di più, nello stesso periodo tra la fine del 2010 e l’inizio del 2011 in merito alla pavimentazione della piazza svelavo l’esistenza di una strana “gara d’agosto” e di uno strano antefatto. Partiamo dall’antefatto. Qualche mese prima della gara sulla piazza grezza venivano esposti ed esaminati personalmente da Vincenzo De Luca i campioni della pavimentazione che si voleva realizzare; le riprese televisive e le cronache giornalistiche dell’epoca parlano della presenza, insieme al sindaco, anche dei rappresentanti della Ditta Fiengo Ceramiche che poi vincerà la gara che, in quel momento, era ancora tutta da scrivere e che sempre stranamente venne aggiudicata all’unica impresa offerente e cioè alla Fiengo. Ma i magistrati hanno mai esplorato questo aspetto strano dell’intera vicenda ? Di questa “gara d’agosto” scrivevo testualmente: “I Carabinieri a Palazzo di Città. Ieri mattina visita inattesa e per certi versi anche inquietante. Sembrerebbe che l’Arma sia approdata negli accoglienti uffici comunali per una verifica sugli atti di gara per la pavimentazione di Piazza della Libertà. Questa la notizia secca, evitiamo inopportune indiscrezioni. Possiamo soltanto rifare la storia della vicenda. Il 28 ottobre scorso questo giornale, in assoluta anteprima, pubblicò la notizia su una gara d’appalto svoltasi nel cuore dell’estate ovvero nel mese d’agosto del 2010. Committente, ovviamente, il Comune di Salerno; oggetto della gara l’acquisto della pavimentazione da installare a Piazza della Libertà. Per detta fornitura il Comune aveva messo a base d’asta l’importo di € 6.075.365,00=. I fondi da utilizzare, quelli di “Più Europa – PO FESR 2007/2014”. Una stranezza della gara balzò subito agli occhi: era pervenuta una sola offerta di partecipazione e che la gara era stata aggiudicata, in pieno caldo agostano, alla ditta Fiengo Ceramiche srl di Portici al netto del ribasso offerto dello 0,764%. Insomma un ribasso risicatissimo per una gara il cui importo non era e non è da considerare da quattro soldi. Possibile, mi chiesi allora e mi chiedo adesso, che una gara d’appalto così importante venga aggiudicata all’unico concorrente e con un ribasso d’asta così misero? Ma c’era, ovviamente, di più. Per pavimentare la piazza era stata richiesta la “pietra lavica etnea” che è un materiale ricercatissimo e costosissimo. Nelle maggior parte dei casi l’impresa ricorre al taglio della pietra soltanto dopo aver vinto la gara, tanto che per ogni gara è richiesta apposita certificazione di provenienza del materiale. Nel bando di gara del Comune la sorpresa; al punto 14 del disciplinare c’è scritto esattamente così: “Dichiarazione di impegno, in caso di aggiudicazione della fornitura, di disponibilità di idonei depositi per lo stoccaggio e la conservazione delle pietre e dei marmi lavorati per almeno 10.00p0,00 mq. di lastre ubicati ad una distanza non superiore ai 100 km. Dal cantiere di posa di Piazza della Libertà di Salerno, per tutto il tempo necessario al completamento del trasferimento in cantiere del materiale stesso”. Insomma, come dire che se non possiedi un deposito nel raggio di cento chilometri dalla Piazza non puoi partecipare alla gara. E se c’è un’impresa che ha il deposito ad una distanza di centouno chilometri, cosa succede? Nell’articolo del 28 ottobre esternai tutto il mio stupore, possibile che in un disciplinare venga addirittura indicata la distanza chilometrica tra la sede del cantiere e la sede di stoccaggio del materiale che la ditta aggiudicataria deve fornire. Ed a che prò viene fatta questa inderogabile precisazione? Verrebbe subito da pensare che probabilmente al km 101 potrebbe esserci un’altra ditta in grado di assicurare le stesse garanzie offerte dalla “Fiengo Ceramiche srl” di Portici e che per ragioni misteriose deve rimanere fuori, a meno di pensare che certi materiali (ricercati e costosi) debbono forzatamente essere depositati a pochi chilometri dal luogo della posa in opera per timore di un loro eventuale danneggiamento nel trasporto. Quest’ultima circostanza mi appare sinceramente molto fantasiosa. Rimane, però, confermato il fatto principale, cioè che ad una gara d’appalto per oltre sei milioni di euro partecipa una sola ditta e che la stessa offre un ribasso d’asta davvero fuori da ogni logica di mercato, quasi in danno della Pubblica Amministrazione che dovrebbe invece mirare al massimo ribasso per riconoscere in esso la vera convenienza per l’Ente appaltante. Insomma in questi ultimi anni abbiamo assistito con meraviglia negativa a ribassi che hanno sfiorato anche il 50%, la stessa meraviglia negativa dobbiamo esprimerla per un ribasso che non tocca neppure l’1%. Come sempre aspettiamo delle precisazioni illuminanti da parte del Comune di Salerno, anzi questa volta le aspettiamo dall’Arma dei Carabinieri”. E sia ben chiara una cosa fondamentale; questa gara sopra descritta è per la “fornitura delle pietre per la pavimentazione”, inchiesta che non si sa se è aperta e che, comunque, è assolutamente silente. Mentre caso diverso è la gara per la “posa in opera” delle pietre di cui sopra affidata alla Esa Costruzioni ed oggetto della richiesta di rinvio a giudizio, nell’ambito della variante di 8 milioni, per Alberto Di Lorenzo ed altri. Nella prossima puntata la variante di 8 milioni di euro.

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