La dea di Morgantina

Aldo Bianchini

TRECCHINA (PZ) – In uno scenario medioevale, nella Piazza Madre Teresa di Calcutta incastonata in un’agorà quasi naturale, grazie anche alla sapiente conduzione dell’esperto giornalista Pierino Cusati, è andata in scena una bella lezione di cultura in pieno centro urbano di Trecchina, un ridente ed accogliente paese del basso potentino. E’ stata evocata la storia, tra la fantasia e la realtà, della “Dea di Morgantina”, una imponente statua realizzata in calcare colorato e marmo pario, sulla cui identificazione terrena è da molto tempo in corso una disputa tra chi vorrebbe vederla come Venere e chi, semplicemente, come la “Dea Demetra” genitrice di Persefone che, essendo figlia di una dea, viveva sei mesi negli inferi come sposa di Ade e sei sulla terra; una splendida fanciulla che gli antichi amavano chiamare anche “Kore”. Insomma un modo come un altro per antichi abitanti della Sicilia di distinguere le quattro stagioni: autunno e inverno nell’ade; primavera ed estate sulla terra. Molto venerate, sia Demetra che Persefone, riportano il racconto mitologico addirittura a cento anni prima di Alessandro Magno (366 – 323 a. C.) ed a cavallo del reale, anche se molto mitologizzato, impero di Pericle (495 – 429 a. C.) che con il suo fedele, ma infido, Fidia ha lasciato capolavori immortali di imponenti edifici dedicati al culto. Ed è proprio ad uno degli allievi del grande architetto Fidia, un allievo mai chiaramente identificato, che l’altrettanto mitologica scultura viene accreditata. E tra contrasti anche molto partecipati la scultura è da pochi anni ritornata nella sua sede naturale del Museo Archeologico di Aidone (Enna) a conclusione di un lungo contenzioso tra l’Italia e gli USA dove a Malibà la statua era esposta nel Paul Getty Museum di Malibù (California). Era stata trafugata da uno scavo clandestino e venduta illegalmente all’estero. Un viaggio, quello della statua, che è durato circa duemilacinquecento anni; un viaggio lungo il quale l’autore dell’opera  “La Dea di Morgantina” (ediz. Bonfirraro), Emilio Sarli, ci prende per mano e ci porta a ritroso lungo la storia e la mitologia per farci riflettere sulle epocali trasformazioni della società e dei suoi usi e costumi.

Un viaggio di cultura allo stato puro, una cultura che viene propinata senza tante ampollosità pur con la scelta di termini e definizioni di alta scuola letterale. Anche il linguaggio utilizzato dallo scrittore è morbido, accogliente e facilmente fruibile, tanto da consentire l’intera lettura del libro tutta d’un fiato. Emilio Sarli non è nuovo a questa tipologia di scrittura e la sua prosa è sempre ed assolutamente comprensibile, quasi come una fiaba entra nell’immaginario del lettore e lo prende facendolo letteralmente volare nel tempo e con il tempo alla riscoperta della mitologia ma anche della storia e, quindi, della vera cultura che apre sempre e comunque al viaggio, ai lunghi viaggi. Alfeo, questo il nome del protagonista del romanzo, in cui si immerge e si nasconde lo stesso autore, allontanatosi dalla storia della sua terra e dalle sue radici etiche e culturali, viene rimesso in viaggio con una leggerezza ed una sensibilità uniche e viene proiettato fisicamente nella sua Sicilia ma metaforicamente lungo i sentieri della storia mitologica fino a sfiorare i confini dell’ade. Alfeo rivede, come in una moviola, e rivive tutti i passaggi della statua che partono dalla sua realizzazione fino al museo californiano passando per gli scavi clandestini e le varie vendite illecite prima di approdare nel regno di uno dei più importanti mercanti d’arte del mondo, quel magnate americano che ha rapinato gli scavi ed i musei di mezzo mondo per esporre le grandi opere immortali in un museo che cerca di creare le radici di una storia mitologica che gli Stati Uniti d’America non hanno e non potranno mai avere.

L’autore chiude la sua opera tracimando dalla prosa nella poesia, una poesia che dedica alla felicità di Alfeo: “Quale gioia ritrovar memoria nel cuore dell’isola – estasiato da incanti e visioni sul lago di favola – rapito dalla sguardo della scultura divina – sperduto tra le pietre di Morgantina ! — Che gioia camminar con Demetra e la sua Kore – conoscer di Castalia e Ninfodoro il grande amore – crogiolarsi nei versi d’Ovidio e d’Omero – navigar le storie di Plutarco, Tucidide e Diodoro ! — Quale incanto sentir d’araldi e ierofanti – di fervori, tremori e pantomime d’iniziati – della poesia che salva chi la recita – e dell’arte che redime chi la pratica ! — Ora non vorrebbe più lasciar la mitica terra – il sol pensiero d’andarsene molto l’atterra – i fili di mare che ornano la frattura l’attendono – sa che, oltre, i miti digitali governano”. Si, è proprio lui, l’autore Emilio Sarli che ha creato la figura di Alfeo per riproporre se stesso e per meglio guidarci ed entusiasmarci alla ricerca della “dea perduta” ed insieme a lui ci fa sognare ed estasiare, proprio come Alfeo, nel cammino alla ricerca di Demetra e la sua Kore. Ma torniamo sulla terra, rapidamente, solo per ricordare che la dolce serata di Trecchina è stata voluta dalla nuova amministrazione comunale del luogo e dall’assessore alla cultura avv. Fabio Marcante.

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