Terremoto 9: i guasti di oggi e … la relazione Scalfaro

Maddalena Mascolo

 

SALERNO – A distanza di un paio di settimane soltanto dal tremendo evento sismico del 24 agosto scorso possiamo notare che molti atteggiamenti eroici dei sindaci interessati, soprattutto quello di Amatrice “Sergio Pirozzi”, stanno radicalmente cambiando e piano piano rientrano nella razionalità della politica che avvince, stordisce e soffoca ogni iniziativa di cambiamento e/o di rivoluzione copernicana rispetto alla tradizionale lentezza dello Stato che, fatta la tara delle sue evidenti responsabilità, deve necessariamente badare a tanti aspetti della vicenda (leggasi ricostruzione) che portano ad inevitabili ritardi. Lo abbiamo visto in tutti gli altri terremoti precedenti e nella rivisitazione degli stessi abbiamo ricordato che anche quello del Friuli così tanto decantato diede la stura a problematiche di varia natura e la ricostruzione di quella piccola zona durò oltre dieci anni. Addirittura il sindaco Ludovico Corrao di Gibellina (paese simbolo di quella tragedia) finì i suoi giorni, all’età di 84 anni, sgozzato con un coltello da cucina, quasi decapitato, con le vene dei polsi tagliate, in testa i segni di colpi inferti con una statuetta e in un lago di sangue. Eppure per decenni era stato ricordato da tutti come il sindaco più attento e più risoluto nel confronto con lo Stato per la risoluzione dei problemi della ricostruzione. Certo fu favorito in questo dall’ottimo Giuseppe Zamberletti (da poco ritornato alla grande su tutti gli schermi televisivi nazionali), ma sicuramente ci mise molto del suo. Come avevamo preannunciato, o meglio pronosticato, ad un paio di settimane dal sisma di Amatrice ecco che la magistratura comincia lentamente ad entrare nel contesto dell’evento per capire se e quanto hanno inciso le cattive costruzioni nei crolli di alcuni edifici pubblici e di particolare interesse privato; sicuramente ne scaturiranno delle inchieste giudiziarie e saranno distribuiti decine di avvisi di garanzia; e tutta la stampa si scatenerà, questa volta, nel massacrare questo o quel sindaco, questa o quella ditta costruttrice, questo o quell’ufficio tecnico comunale, come pura gli uffici provinciali e regionali responsabili delle autorizzazioni per la ristrutturazione, l’adeguamento o il miglioramento delle strutture portanti. Con le prime voci di inchieste giudiziarie sono partite anche le varie dissertazioni, più filosofiche che altro, difensive con la distinzione tra il significato di “adeguamento” rispetto al “miglioramento”; è un ping-pong di responsabilità a cui abbiamo da sempre assistito ed a cui assisteremo anche in questa occasione. Niente di nuovo, quindi, sul fronte tecnico, amministrativo, politico e giudiziario; una recita sceneggiata che conosciamo benissimo da sempre. E poi, con buona probabilità e nella pace di Dio, arriverà anche la Commissione Parlamentare d’Inchiesta che dovrà tirare i conti del terremoto; ma questo se avverrà non potrà avvenire se non fra qualche anno quando tutti i disastri saranno unma cosa della e compiuta. Solo per la cronaca storica vogliamo ricordare cosa accadde, invece, con la famosa “Commissione Parlamentare d’Inchiesta”, presieduta dall’on. Oscar Luigi Scalfaro ed avviata soltanto otto anni dopo il grande terremoto dell’Irpinia del 23 novembre 1980. Prima della composizione della Commissione era partita, però, la stagione politica della stabilità con il governo Craxi e il partito degli occasionisti (così definito da Isaia Sales in un suo libro) che si sciolse come neve al sole. I danni del terremoto erano sotto gli occhi di tutti così come i disastri compiuti dalla politica negli anni immediatamente successivi. Il Paese avvertì la necessità di una grande inchiesta, il Parlamento (forse suo malgrado !) non potette resistere alla richiesta di giustizia che saliva dal popolo e varò la famosa Commissione Parlamentare affidandone la presidenza all’on. Oscar Luigi Scalfaro. Eravamo nel 1988 e qualche anno dopo, forse anche grazie al lavoro della sua commissione, Scalfaro nel 1992 venne eletto Presidente della Repubblica. Oltre tremila le pagine verbalizzate dalla Commissione; quasi tutti i paesi del cratere e molti di quelli nella fascia B vennero letteralmente passati al setaccio. Nella voluminosa relazione c’era (e c’è) roba per tutti i gusti; una sola dimenticanza o svista, non venne preso in esame nessun lavoro affidato alle Cooperative Rosse dell’Emilia Romagna; questo semplice dato oggettivo rese quasi inutilizzabile il grande lavoro della Commissione che venne, comunque, inviato a tutte le Procure della Repubblica competenti per le zone terremotate.  Per quanto riguarda la provincia di Salerno, ad esempio, la commissione Scalfaro baipassò completamente il paese di Valva dove tutta la ricostruzione era stata affidata alle Cooperative Rosse con intesta la Coop. Sistema. La relazione Scalfaro venne depositata in Parlamento verso la fine del 1991 e rimase sepolta per un paio di anni nei polverosi archivi delle Procure e soltanto nel corso del 1993, sotto la spinta dello stesso Scalfaro divenuto Presidente della Repubblica, alcune Procure partirono all’assalto di quella che poteva diventare la vera tangentopoli nazionale e che verrà, invece, prontamente affossata. L’effetto populistico, però, non mancò e l’opinione pubblica venne ubriacata da pochissime eclatanti inchieste con numerosi arresti e con sentenze di assoluzione quando, dopo qualche anno, la gente era ormai sazia e distratta da altri eventi. Dalla relazione Scalfaro emersero molti casi che riguardavano il territorio salernitano. In essa si leggeva addirittura di un noto imprenditore (ora deceduto anche se la grossa impresa è stata ereditata dai figli) che con il nome della moglie e su suggerimento di grandi politici acquistava intere zone agricole sulle quali doveva poi passare la strada a scorrimento veloce Fondo Valle Sele e dovevano essere costruiti gli insediamenti industriali; i terreni acquistati a tariffa agricola venivano poi ceduti allo Stato a costi altissimi. Insomma Scalfaro scrisse nell’88 che ben individuati politici marciavano di pari passo con gli imprenditori (senza escludere la malavita organizzata) per mettere in atto un interesse privato a danno di quello pubblico; e tutto è rimasto soltanto a livello di scritto in quella costosa e inutile relazione, come a dire che la magistratura non si fidava della politica così come la politica non si fidava delle magistratura, in una lotta di potere che non conosceva e non conosce confini. Fortunatamente andò in frantumi (per cause ancora da studiare !!) il patto di ferro tra politici ed imprenditori e partì, così, per “de relato” la famigerata tangentopoli denominata “mani pulite” che riguardò e toccò però altre cose; insomma se la giustizia non arrivò dalla porta principale riuscì comunque ad entrare dalla finestra. In provincia di Salerno le inchieste giudiziarie sul terremoto  toccarono pochissimi paesi; tra i pochi ricordiamo, per la cronaca, Laviano, Valva e Ricigliano. A Laviano fu arrestato il 19 luglio 1993 il sindaco e parte della giunta, a Ricigliano arrestati alcuni tra politici e imprenditori; due comuni a conduzione DC, chiare le sentenze di assoluzione per tutti. Per Valva trattamento diversificato: avvisi di garanzia per oltre trenta personaggi tra politici, tecnici e imprenditori; un processo lunghissimo ed alla fine anche qui tutti assolti; la conduzione PCI di Valva e le Cooperative Rosse (non citate da Scalfaro) fecero probabilmente la differenza. Rimane la tristezza per una relazione mai resa pubblica interamente e la speranza che tutto ciò non si verifichi mai più.  

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