Dossier Salerno/21: IFIL, i misteri del potere … curiosando dall’oblò

Aldo Bianchini

SALERNO – La IFIL come le scatole cinesi, o meglio come una scatola vuota. E’ in questa scatola vuota che vanno ricercati, con certosina pazienza, tutti gli aspetti sconcertanti del potere per il potere che concorrono a costruire, almeno nell’immaginario collettivo, quel mosaico di  misteri che, comunque, piace alla gente comune. Prova lampante sono stati i due sondaggi che in maniera contraddittoria (ma solo all’apparenza) questo giornale (www.ilquotidianodisalerno.it) ha proposto nei mesi scorsi ai suoi lettori con due domande molto diverse che intendevano raggiungere lo stesso obiettivo. Dunque dalle due domande, “E’ giusto che la magistratura controlli ogni atto del Comune ?” e ancora “Ma a Salerno esiste l’apparato di potere ?”, sono venute fuori risposte sicuramente omogenee con l’unico risultato che il “potere piace” e che, a volerla cercare con il lanternino, c’è qualche differenziazione su come lo stesso deve essere esercitato; quasi la metà dei lettori ha detto no al controllo della magistratura, ma il 95% per cento ha risposto si alla domanda sull’esistenza del potere. Ecco perché il potere piace. Così come piacciono le scatole cinesi, prima fra tutte la Ifil creata (sembra !!) proprio per poter eludere i controlli e poter consentire agli uomini di potere di fare e disfare a loro piacimento. Si narra addirittura di una potente autovettura che veniva molto spesso presa in fitto da una impresa interessata ai lavori pubblici salernitani e consegnata quasi sempre, allo stesso personaggio che scorazzava a sbafo per le vie della città. Ma la Ifil è anche altro, almeno come sostengono i pm Vincenzo Senatore e Francesco Rotondo (titolari dell’inchiesta): un fatturato per 772mila euro ricevuti per consulenze inesistenti dal gruppo Esa Costruzioni (dei fratelli Enrico e Armando Esposito, plenipotenziari del PD a Nocera Inferiore) aggiudicataria dei lavori di Piazza della Libertà a Salerno. “Per la Procura di Salerno la Ifil è stata inizialmente sospettata di aver svolto la funzione di collettore di tangenti in favore di organi dell’amministrazione del Comune di Salerno, ma sull’ipotesi corruttiva i pm non hanno trovato riscontri” (fonte La Repubblica del 20 febbraio 2016). Il personaggio sicuramente più importante della Ifil è stato Mario Del Mese, coinvolto nello scandalo del “Crac Amato” e già condannato con patteggiamento in primo grado. Nella rete della IFIL sembra essere rimasto impigliato anche il figlio primogenito, Piero, del governatore Vincenzo De Luca; la storia riguarda alcuni viaggi da e per il Lussemburgo di cui avrebbero usufruito gratuitamente Piero De Luca e la di lui moglie Laura Zanardini che recentemente ha dato il primo nipotino  (femminuccia) al kaimano.  Al centro della scabrosa vicenda l’importo di 21.339,00 euro per viaggi prenotati direttamente da Piero De Luca e pagati con bonifici dalla Ifil nel periodo dal 19 aprile 2010  al 18 novembre 2011; più di un anno di spostamenti tra Salerno e Lussemburgo dove Piero, comunque, lavora come “referendario alla Corte di Giustizia Europea”. Due le agenzie interessate ai rapporti con il Comune di Salerno, difatti la parola chiave sempre indicata sui bonifici era “Comune”; una di Salerno (Amavebo) e l’altra di Pontecagnano (Curiosando dall’oblò) hanno insospettito gli inquirenti (soprattutto la seconda) per la quasi esclusività nell’organizzazione dei viaggi non solo di Piero ma anche di altri personaggi del Comune di Salerno. I due pm Senatore e Rotondo avrebbero anche trovato tracce di: due camere nell’Hotel Savoia del marzo 2012 per Vincenzo De Luca; biglietti treno Napoli-Roma per Alberto di Lorenzo; volo Roma-Alghero per Ermanno Guerra; voli Napoli-Torino-Napoli per Vincenzo De Luca e Claudio Postiglione; ecc. ecc. Il 20 febbraio 2016 i due pm hanno notificato l’avviso per la conclusione delle indagini con la richiesta di rinvio a giudizio di Piero De Luca, Mario Del Mese e la moglie Valentina Lamberti, Luigi Avino, Emilio Ferraro, Vincenzo Lamberti, Giuseppe Amato junior e la moglie Marianna Gatto; richiesta che dovrà ancora passare al vaglio del Gup anche con l’accusa di “bancarotta fraudolenta” a carico di tutti per aver essiccato i fondi della Ifil  destinandoli a fini personali. E’ il 7 aprile 2010 quando l’agenzia “Curiosando dall’oblò” scrive la seguente e-mail: “Buonasera signor Del Mese, di recente le ho inviato una e-mail nella quale, oltre a sollecitare il saldo, vi informavo che, poiché non possiamo accettare pagamenti in ritardo, di rivolgervi altrove se le vostre intenzioni sono quelle; non avendo ricevuto risposta, ho supposto che le vostre intenzioni sono quelle di rivolgervi altrove. Mi ha sorpreso ricevere la e-mail del sig. De Luca Piero per una nuova prenotazione, indipendentemente dalla impossibilità di poter soddisfare la richiesta del signor De Luca in quanto non ci sono posti al rientro, mi chiedo e vi chiedo quali sono le vostre intenzioni per potermi regolare in futuro, ma ribadisco che non possiamo accettare pagamenti in ritardo. Resto in attesa di vostre notizie per poter procedere con il signor De Luca, e attendo il saldo”. Mario Del Mese risponde: “Non ho avuto modo di organizzarmi diversamente, domani avrà il saldo di marzo e se vuole mi farebbe cosa gradita continuare fino al 30maprile, altrimenti i farà sapere e non ci sono problemi” (e-mail pubblicate su “Il Mattino” del 21 febbraio 2016). Questo lo scenario di base che da solo darebbe la possibilità, come dà, di tanti spunti di riflessione che non possono e non devono mancare sul piano giornalistico quando si ricostruisce una vicenda. La riflessione più grossa viene innanzitutto dal fatto che Piero De Luca, dopo la notifica della conclusione delle indagini, ha chiesto attraverso i suoi legali Paolo Carbone e Andrea Castaldo (gli stessi del padre Vincenzo) di essere ascoltato dai due pm titolari dell’inchiesta. Il primo aspetto di questa riflessione riguarda la parte della presunta dichiarazione dell’indagato di fronte ai magistrati con cui Piero De Luca avrebbe dichiarato di aver soltanto usufruito di anticipi da parte delle agenzie e di aver restituito in contanti (e i riferimenti bancari !!) tutti i soldi di cui era momentaneamente debitore. Se è così, e non c’è ragione di dubitare, le e-mail scambiate tra l’agenzia di viaggi e Mario Del Mese potrebbero mettere in luce il rischio inqualificabile in cui sarebbe caduto suo malgrado il figlio del governatore che si sarebbe fidato ciecamente di un amico (Del Mese) capace di incassare in contanti il denaro e di non versarlo, o di versarlo con grave ritardo, all’agenzia che si era vista costretta a sollecitare i pagamenti pena la rescissione del servizio. Ma la cosa più importante sulla quale riflettere è la volontarietà di Piero De Luca a rendere spontanee dichiarazioni dinanzi ai pm senza aspettare l’occasione più consona davanti al Gup fra qualche settimana. Anche su questo va fatta una distinzione che, purtroppo, i giornali non hanno fatto: quanto vale una dichiarazione spontanea dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini rispetto ad una dichiarazione spontanea resa prima di tale notifica ed a carte coperte ? Poco o niente, è la risposta, anche perché nel primo caso gli inquirenti concedono facilmente la dichiarazione spontanea mentre nel secondo caso (quando le carte sono ancora coperte) molto raramente le concedono per non offrire la possibilità all’indagato, anche attraverso le probabili domande, di capire più di quanto deve capire. Da qui discende il valore oggettivo delle dichiarazioni rese spontaneamente che quando avvengono dopo la notifica della conclusione delle indagini sono equivalenti a quelle che un qualsiasi imputato può rendere in aula nel pieno diritto di farlo. La stessa cosa dicasi per le perizie di parte; la difesa di Piero De Luca ne ha annunciata una curata dal commercialista Maurizio Montoro sulla “ricostruzione di tutti i flussi finanziari sui conti correnti dell’indagato per dimostrare che quelle fuoriuscite di denaro dalla casse Ifil, utilizzate secondo l’accusa per pagare i suoi viaggi da e per il Lussemburgo, erano solo anticipi che lui poi regolarmente restituiva all’amico Mario Del Mese”; una siffatta perizia, mi duole dirlo, vale quanto il due di coppe in una briscola a denari. Ma io voglio credere alla prima versione dei fatti, che Piero De Luca si sia stoltamente fidato di un personaggio che riteneva amico e che si è rivelato come una specie di produttore di movimenti sbagliati ai fini, forse, della propria sopravvivenza; c’è sicuramente gente capace di giocare con il dare e l’avere per sbarcare il lunario. Il probabile errore di valutazione di Piero De Luca è forse l’aspetto più deteriore della vicenda che offre il fianco alle non frequenti occasioni della magistratura di mettere il naso nel sistema di potere, qualunque esso sia; e questo errore, ripeto di valutazione di un’amicizia, il figlio di un governatore non può e non deve commetterlo. Ma alla mia volontà di credere non è corrisposta l’altrettanto volontà dei due pubblici ministeri che, anche in presenza della dichiarazione spontanea, della relazione e delle considerazioni, hanno deciso di richiedere il rinvio a giudizio per Piero De Luca, Mario Del Mese e la moglie Valentina Lamberti, Luigi Avino, Emilio Ferraro, Vincenzo Lamberti, Giuseppe Amato junior e la moglie Marianna Gatto come ho scritto qualche rigo più su. Un altro tassello del “sistema di potere, incastonato nel “Dossier Salerno” che i giudici hanno messo a nudo; speriamo solo per raggiungere la verità e non per fare politica, anche se la perfetta serietà e serenità di Vincenzo Senatore e Francesco Rotondo allontana dalla mente qualsiasi tipo di dubbio. Ma ci sono tanti altri aspetti del “sistema di potere” che andranno analizzati e scandagliati a fondo.

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