SANITA’: scandali tra Nocera e Pagani, perché non il betadine ?

 

Aldo Bianchini

PAGANI / NOCERA I. – Alla fine della scorsa puntata di questa brutta vicenda (quella pubblicata in data 20 settembre 2016) parlando di “spesa virtuosa” ho posto la seguente domanda al direttore generale dell’ASL di Salerno dott. Antonio Giordano e di conseguenza al direttore sanitario dei plessi ospedalieri di Nocera Inferiore e Pagani dott. Maurizio D’Ambrosio: “Ma la storia non finisce qui; un esame dettagliato dovrà essere fatto sulla spesa virtuosa del reparto paganese perché potrebbe venir fuori che quella spesa è ancora più virtuosa di quanto a nostra conoscenza; ma bisogna esaminare anche se c’è stata relazione tra le bruciature rimediate e la successiva morte, questo ce lo dovrebbe dire l’autopsia anche se la stessa è avvolta nel mistero delle celle frigorifere guaste e dello spostamento della salma da Pagani a Nocera e viceversa”. Nell’attesa, quindi, degli esiti peritali necroscopici disposti dalla Procura della Repubblica di Nocera Inferiore (dr. Roberto Lenza) ed eseguiti dal medico legale dott. Giovanni Zotti, un nome ed una sicurezza in materia di medicina legale forense, ottimo professionista stimatissimo da diverse Procure del distretto giudiziario di Salerno. Naturalmente ci vorrà del tempo per saperne di più, a patto che Zotti riesca a trovare dai resti del rogo qualche elemento di riferimento su un cadavere che dopo essere stato bruciato da vivo è rimasto, purtroppo, senza refrigerazione da morto per alcuni giorni mentre veniva sballottato stranamente tra i due plessi ospedalieri. Ma dobbiamo avere fiducia nelle enormi capacità professionali del dott. Zotti ed aspettare. La domanda specifica che il PM ha fatto al medico legale è sul grado di incidenza che ha potuto avere la diffusa ustione sulla causa finale della morte dopo un trentina di giorni di sofferenze in rianimazione. Non so, ripeto, se le importanti ustioni hanno cancellato tutto e potrà essere più facile diagnosticare un exitus legato ad una bella emorragia interna (in questi casi è abbastanza frequente) che rimanderebbe tutto al mittente senza la responsabilità di nessuno. Lo sapremo quanto prima; nel frattempo è giusto ritornare alla spesa virtuosa ed alla necessità di utilizzare un liquido disinfettante altamente infiammabile al posto del normale e tradizionale “betadine” (disinfettante dal colore giallo). Sempre nell’ottica della spesa virtuosa probabilmente in quel reparto non veniva utilizzato il betadine perché tale disinfettante è talmente colloso (cioè appiccicaticcio) ed avrebbe reso sicuramente inutilizzabili gli aghi speciali per la “termoablazione epatica” per un successivo intervento. Ma in un altro articolo ho scritto che quegli aghi, del costo di € 15.000= cadauno, devono essere utilizzati una volta soltanto e che, dunque, ne occorrevano ben 500 all’anno perché tanti sarebbero gli interventi effettuati, come dichiarato dallo stesso direttore sanitario. Ma parliamo di spesa virtuosa e dunque l’ospedale di Pagani avrebbe valutato la possibilità di utilizzare un ago per più interventi andando contro il consiglio della casa produttrice al fine di ottenere un risparmio nell’ambito del progetto di spesa virtuosa. In pratica il disinfettante usato al posto del betadine non sporca, non si appiccica ed è più facile da ripulire, ma è molto più infiammabile ed in un reparto a rischio come quello dove si effettua la termoablazione epatica deve essere usato con grandissima attenzione senza farlo rovesciare (come sembra sia accaduto per il povero Stefano Zefferino) addosso al malcapitato paziente qualche istante prima che scoppiasse la scintilla elettrica che avrebbe dato fuoco alle fiamme. Si racconta, difatti, che in quel reparto si sono sviluppate delle fiamme e non una semplice bruciatura; ma tutto questo, ripeto, dovrebbe venire fuori dalla autopsia affidata a Zotti. Prima, però, sarebbe opportuno accertare quanti aghi sono stati acquistati anno per anno e quanti ne sono stati realmente impiegati nella terapia. Nel frattempo questa inchiesta continuerà ad interessarsi del caso cercando di dare delle risposte a dieci precise domande che anche per un giornalista di prima mano o per un giornalista dilettante (come chi scrive) dovrebbero essere naturali.

1)      Da chi è composta l’equipe che opera nel reparto di oncologia e quanti di questi componenti rivestono la qualifica giusta per far parte di quella equipe;

2)      Come e perché e da chi è stato scoperto il filone d’oro della termoablazione, una pratica cruenta e desueta assicurano alcuni specialisti; una pratica simile a quella elettroconvulsivante usata un tempo in psichiatria e meglio nota come elettroshock;

3)      Al di là della chirurgia generale esiste negli, a Pagani, anche chirurgia oncologica;

4)      Chi ha deciso l’avvio della epatopatia interventistica, quasi come se Pagani si fosse d’improvviso trasformata nella Baltimora University;

5)      Questo nuovo reparto esiste nel piano sanitario aziendale, se si chi ha autorizzato l’acquisto degli aghi e quanti ne sono stati acquistati;

6)      E ancora, chi ha deciso la composizione dell’equipe medica-infermieristica operante su quel difficile step della medicina oncologica;

7)      Perché non usare le damigiane di betadine presenti in ospedale;

8)      Come mai nessuno dei presenti in sala operatoria ha ritenuto di dover dire l’eventuale verità su quanto accaduto a chi di dovere;

9)      Perché è stato posto sotto sequestro giudiziario dai Carabinieri lo strumento operativo;

10)  Quanti erano presenti in sala operatoria al momento dell’incendio e se, tra gli altri, erano presenti anche i due specialisti (tecnici elettricisti) previsti per la bisogna.

 

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