Dossier Salerno/27: il Sea Parik e l’ombra di Cosimo D’Andrea !!

 

Aldo Bianchini

SALERNO – Nel precedente capitolo avevo annunciato che in questo avrei scritto della responsabilità civile dei magistrati e dell’ombra lunga di Cosimo D’Andrea su questa triste e lunghissima vicenda giudiziaria relativa al SEA PARK che il kaimano De Luca aveva annunciato, strombazzando editti autoreferenziali, come il più grande parco marino d’Europa. Mai realizzato sebbene fosse stato avviato con la lottizzazione dell’area ex Ideal Standard e la costituzione di una società ad hoc per l’acquisto dei suoli a prezzi stracciati e rivendibili, forse, a prezzi molto più alti alla pubblica amministrazione di Salerno che aveva necessità di espropriarli per realizzare il grande parco acquatico che faceva, comunque, acqua da tutte le parti fin dal suo inizio e cioè dal lancio mediatico dell’idea progettuale; progetto che naufragò rapidamente e che fu sostituito velocemente con quello non meno avveniristico della grande centrale elettrica. Una cosa quasi spaziale che avrebbe dato energia a tutti i salernitani, e non solo, a prezzi stracciati.

L’impresa era così clamorosamente enorme e così pubblicizzata che suscitò, ovviamente, l’attenzione della magistratura prima ancora delle forze politiche di opposizione che a Salerno davvero sono risibili ed a volte inesistenti.

Nella società che materialmente provvide ad acquisire tutti i suoli dell’area necessaria alla costruzione del SEA PARK confluirono le “grandi famiglie” salernitane ed è così che nel pieno degli anni 2000 ritorna sul proscenio della politica la vecchia abitudine tutta cittadina di includere nei “grandi affari” le note famiglie di industriali, di imprenditori, di commercianti, di affaristi ed anche della malavita organizzata.

Che la storia non si ripeta, è un grande alibi per tutti. Che possa ripetersi, anche” diceva e dice l’eccellente Massimo Chieli (Independent Aviation & Aerospace Professional, docente sia presso la “Sapienza Università” che presso la “Luiss” di Roma). E la storia, quella che aveva caratterizzato una buona parte dell’avventura politica dei due predecessori di De Luca, ovvero Carmelo Conte e Paolo Del Mese, puntualmente si ripete. E sono sempre le stesse famiglie, quelle quattro-cinque (non è qui il caso di elencarle perché sono poche, notissime e sotto gli occhi di tutti) che sono state sempre in mezzo ai grandi affari e ai grandi lavori pubblici di Salerno, soprattutto quando il lavoro pubblico poteva, e può, essere finalizzato ad un ritorno economico di grandi proporzioni come poteva e doveva essere la realizzazione del più grande parco marino d’Europa. Sì, proprio quelle grandi famiglie che nel luglio del 1993 un grosso politico nostrano, ristretto dietro le sbarre di Fuorni, aveva elencato e denunciato scrivendo un lungo memoriale ed inviandolo non solo alla Procura ma anche al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Nel giro di pochi anni queste famiglie che avevano prima esaltato Conte e Del Mese, che poi avevano provocato la loro caduta asservendosi al disegno politico-giudiziario di rivoluzione contro quel sistema di potere, furono subito disponibili a creare un nuovo personaggio politico e ad elevarlo a loro punto di riferimento per le grandi operazioni di ristrutturazione urbanistica della città e di creazione di nuove ed importanti strutture di pubblica utilità.

Quello che scrivo non è frutto della mia fantasia ma è stato tratto da un famoso discorso di Vincenzo De Luca quando nel dicembre del 2000 nell’ambito della presentazione pubblica del grande progetto di rivoluzione urbanistica e strutturale di Salerno (conferenza di servizi celebrata nel salone dei marmi del palazzo di città) rivolto alle grandi famiglie ed agli imprenditori disse: “Arricchitevi ma fate” (questa è solo la sintesi del lungo intervento). Ero presente quando quel giorno De Luca prima sferzò e poi apri le porte alle grandi famiglie; devo essere sincero, in quel momento pensai di aver assistito ad una delle parabole di Gesù quando chiamava a sé le folle; De Luca fu impressionante e convincente e muoveva le braccia proprio come Cristo. Sia chiara una cosa; sul piano squisitamente politico il discorso di De Luca non faceva una grinza, un politico che si rispetti deve dire proprio quello che il kaimano disse in quella occasione e che dice ancora oggi come governatore della Campania. Insomma se un politico non ha coraggio è meglio che rimanga a casa; e questo De Luca lo ha ribadito anche mercoledì 5 ottobre 2016 parlando, a Vallo della Lucania nella sede del Parco Nazionale, a molti sindaci del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni. E con quell’invito, che sembrava più un ordine forte – energico e senza possibilità di appello, partì la grande colata di cemento che doveva invadere e travolgere la città e tutto l’hinterland: la MCM, il SEA PARK, la rigenerazione della zona a monte del cimitero con laghetti ed attrezzature ludico-sportive, il palazzo dello sport, il fronte mare, la porta ovest, piazza della concordia, la stazione marittima, la cittadella giudiziaria, la lungoirno, il completamento del trincerone ferroviario, il termovalorizzatore, la grande centrale elettrica, le fontane, i giardini, ecc. Qualcuna di quelle faraoniche opere è stata portata a compimento, molte quelle abbandonate o soltanto avviate. Il tutto si incastrava molto bene in quello che in qualche capitolo di questa vicenda ho definito come il “quinquennium deluchianum”, cioè quel periodo in cui sembrava davvero tutto possibile e tutto realizzabile sotto la spinta possente del leader politico che piano piano aveva assunto il comando totale di tutto e di tutti.

Ma come accade da sempre e come accade sempre ecco apparire sulla scena, malgrado la bontà delle intenzioni e delle azioni di Vincenzo De Luca, anche le altre grandi famiglie, quelle cioè della malavita organizzata. Arrivano a Salerno intere schiere di imprenditori avventurosi da Casal di Principe (i famigerati ”casalesi”) ma anche dall’hinterland napoletano e finanche dall’agro nocerino-sarnese da sempre bacino immenso di voti per i personaggi politici vincenti. Tutte imprese che scalzano le poche grosse e le tante piccole imprese nostrane che sono costrette al palo o ad adeguarsi alla bisogna e ad entrare nelle altrettanto famigerate ATI (Associazioni Temporanee di Impresa) governate sempre e comunque dalle imprese che venivano da lontano. Insomma la città di Salerno dopo una pausa di sei-sette anni ritorna ad essere nuovamente invasa da personaggi poco raccomandabili e, nel migliore dei casi, ai limiti delle regole per l’ottenimento dei necessari certificati antimafia da parte delle varie Prefetture. Con le imprese casalesi, vesuviane e napoletane arrivarono anche molte inchieste giudiziarie abbastanza forti e debolissime reazioni delle forze politiche di opposizione (come scrivevo prima); in qualche caso, come nella campagna elettorale del 2006, l’opposizione strinse patti con il kaimano. Patti coronati dall’accordo di sostegno (in favore di De Luca e contro Alfonso Andria nelle amministrative di quel 2006) tra De Luca e il casalese Nicola Cosentino (allora responsabile regionale del PdL, poi viceministro del terzo governo Berlusconi ed attualmente detenuto in carcere con l’accusa di associazione camorristica) grazie ai buoni uffici dell’on. Edmondo Cirielli che proprio qualche mese prima aveva messo a segno il suo capolavoro politico votando, in sede di commissione parlamentare per i procedimenti di accusa, in favore della distruzione delle registrazioni (ordinate dalla pm Gabriella Nuzzi) a carico di De Luca ed alcuni suoi fedelissimi; registrazioni che avevano indotto l’Ufficio di Procura a chiedere per ben tre volte l’arresto dell’allora deputato De Luca e di altri. E pensare che il rappresentante del PD in quella commissione aveva votato in favore dell’utilizzo delle intercettazioni.

Quando sembrava che tutto potesse filare liscio ecco irrompere sulla scena il dr. Cosimo D’Andrea, finissimo commercialista e finanziere d’eccezione, vicino al partito socialista ma anche uno dei principali personaggi ambigui, tra camorra e rispettabilità, che la magistratura non tarda a piegare e mettere in ginocchio. Sicuramente più per la sua vicinanza all’ex ministro Carmelo Conte che per le presunte entrature direttamente nell’amministrazione comunale di Salerno del prorompente Vincenzo De Luca e nei grandi progetti partorite nel primo quinquennio della stessa amministrazione. Il dr. D’Andrea si trovava ristretto presso il carcere di Opera di Milano quando nel 2001 viene raggiunto dalla Procura Antimafia per essere sentito anche in merito ai due grandi progetti del SEA PARK e della MCM. Ecco cosa ho scritto più volte in passato su questo delicato passaggio giudiziario che avrebbe potuto cambiare la storia politica di Salerno, partendo ovviamente dalla descrizione di chi è stato e cosa aveva fatto D’Andrea.

—“”E’ stato, forse,  uno dei più temibili e sanguinari camorristi della storia della nostra provincia. E’ stato, certamente, la gola profonda più profonda” del pentitismo di maniera che mai sia stato amministrato dalla Procura della Repubblica di Salerno. Si chiamava Cosimo D’Andrea. E’ morto nel carcere di Poggioreale nel 2001. Ha raccontato, come spesso accade, di tutto e di più per non dire assolutamente niente. A dieci anni dalla sua morte la Suprema Corte ha condannato, per omicidio colposo, il medico Michele Galante che nel 2001 era primario dell’ospedale Cardarelli di Napoli dove D’Andrea fu ricoverato in fin di vita e poi dimesso per “comportamenti oppositivi e rifiuto di cure” e rinviato in carcere … Ma chi è stato davvero Cosimo D’Andrea, riconosciuto come capo di un’organizzazione camorristica che per decenni, e forse ancora oggi, spadroneggia in tutta la Piana del Sele ed anche oltre? A mio sommesso avviso è stato si un camorrista ma un “camorrista buono”, nel senso che aveva basato tutta la sua potenza sull’apparente ed imponente stazza fisica pur manifestando in più occasioni la sua magnanimità soprattutto nei confronti dei più deboli. Sulle sue capacità imprenditoriali sono state scritte numerose sentenze e centinaia di pagine investigative. Aveva la grande capacità di accaparrarsi patrimoni immobiliari immensi ma anche la sbadataggine di intestarli a parenti ed amici fino al punto di non poterli più ricondurre sotto la sua diretta proprietà; numerosissimi sono gli esempi in materia, sarebbe molto difficile ed anche rischioso andare a scavare in queste delicate pieghe. Fatto sta che alla fine dei suoi giorni si è ritrovato quasi in assoluta miseria dopo aver gestito, almeno così sostengono in tanti, milioni e milioni di euro. Aveva un difetto macroscopico, quello di parlare troppo e spesso in maniera esponenziale, alla stregua di “Pascalone ‘e Nola” al quale un po’ somigliava per la sua corporatura e per la sua verve dialettica. L’ultimo magistrato a sentirlo è stato Antonio Centore (DDA di Salerno) che lo interrogò presso il carcere di Opera a Milano alle 11.35 del 19 luglio 2001, pochi mesi prima che D’Andrea morisse. Un interrogatorio di oltre cento pagine dattiloscritte per dire tutto e niente. Il pm Centore colse l’occasione per porgli anche alcune domande sul Sea Park (oggi il processo è ancora in corso a Salerno), leggete cosa rispose il camorrista carcerato: “”Insospettabili!! I nomi non me li ricordo, perché li vidi su internet l’ultima volta e non me li sono scritti e me li sono dimenticati. Questi qua stanno facendo una delle più grandi iniziative d’Europa, vicino a voi, non ne sapete niente? …. Ma come vicino allo stadio Arechi e voi non sapete niente …..””. Il magistrato risponde che qualcosa aveva letto sul Sea Park ma solo dai giornali e il camorrista ribatte:  

“”E non avete capito niente…..e avete letto male, quelle sono sue cose distinte e separate, queste qua. Per quanto riguarda l’Ideal Standard il Comune ha messo De Luca ieri e oggi. Come si chiama il sindaco? …. De Biasi, benissimo, hanno fatto una convenzione con questa ditta che non da nessuna garanzia né di solvibilità né di onorabilità …… Come lo so ?  stai a sentire mi hanno detto …tu… noi mettiamo in mobilità 180 persone, tu devi riconvertire ….. e fare in modo di dare lavoro a questa gente …. Se tu ci fai questo favore noi ti diamo non so quanti ettari ed ettari vicino allo stadio Arechi, dove tu puoi fare questo grande acquario … che è il più grande d’Europa, significa il più grande d’Europa…debbono affluire 40-50milioni all’anno di spettatori….questo è un finanziamento di 3-400miliardi di lire…””. Il dottor Centore chiede a chi andranno tutti questi soldi e D’Andrea risponde: “”E a chi andranno, dottò, se ci sto io in mezzo vengono una parte, pure una parte a me…””. L’interrogatorio continua, arriviamo alla pagina 115, il magistrato chiede specificamente notizie sui soldi e D’Andrea dice: “”Ha capito ed allora me ne ha parlato a me dice <Cosimo vuoi intervenire in questa vicenda, perché questi soldi non ne tengono così, così, così, mi ha fatto parlare con qualcuno e mi ha spiegato tutto ….> e questo è il fatto del Sea Park””. A pag. 117 il dottor Centore affonda e chiede: “E De Luca c’entra qualcosa in tutto questo?”. Laconica la risposta: “”E’ lui, lui in campagna elettorale ha cavalcato il cavallo di questa cosa qua, che avrebbe portato a Salerno questa cosa, è lui che lo fa””. Al che Centore dice: “Va bene d’accordo, approfondiremo separatamente. Poi?”, gli fa eco il camorrista dicendo “”Ci volessimo fermare quasi?””. L’interrogatorio, dopo 118 pagine, finisce con la promessa di continuare in altra data per approfondire specifici argomenti; il verbale viene chiuso ed allo stesso viene allegata la bobina della fonoregistrazione. Poco tempo dopo Cosimo D’Andrea muore. Un interrogatorio inutile, 118 pagine difficilmente utilizzabili a dibattimento per la mancanza di qualsiasi prova oggettiva. Questi era Cosimo D’Andrea, un uomo che ha parlato tanto e ha detto tutto per non dire niente””—.

Dunque ci troviamo di fronte ad un verbale di interrogatorio che non è stato mai seriamente approfondito nei suoi punti cruciali anche perché D’Andrea morì a Napoli, dentro Poggioreale, sei mesi dopo quell’incontro nel carcere di Opera. A voler essere obiettivi e garantisti appare agli occhi di tutti che il D’Andrea disse “tutto per non dire niente” e disse “niente per dire tutto”; così, mi si obietterà, non si fanno i processi e non si va da nessuna parte; giusto, sicuramente giusto è la mia risposta. Peccato che in altre occasioni non abbia funzionato così. Nella storia giudiziaria salernitana ci sono stati due grandi processi basati sul nulla finiti nel nulla; uno rovesciò il precedente sistema di potere, l’altro lo ha fortificato. E neppure questo è giusto. Difatti per il processo “Fondovalle Calore” fu maciullata un’intera classe politica dirigente (quella di Conte) con arresti preventivi clamorosi e invece per il processo “Sea Park” la nuova classe politica dirigente (quella di De Luca) è stata fortificata e, forse, cementata per sempre anche per quelle richieste di arresto mai attuate e, forse, mai realmente volute.

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