SANITA’: cardiochirurgia, nomine all’ombra dell’ O.I.V.

Aldo Bianchini

SALERNO – Deve essere chiaro per tutti che l’argomento di cui sto scrivendo è di una importanza tale da indurre a mantenere, comunque, i toni bassi nell’analisi della situazione attuale del dipartimento di cardiochirurgia. Non bisogna, quindi, indulgere nei titoli ad effetto anche perché qualsiasi passo indietro di quella straordinaria struttura rappresenterebbe un passo indietro per tutti e la fine di un sogno nato dalle ceneri di un concorso che agli inizi degli anni ’90 assegnò la vittoria al giovane e promettente Giuseppe Di Benedetto contro il più noto ed esperto Gaetano Azzolina (da molti ritenuto più bravo di Di Benedetto), a disdoro di uno scatolone, pieno zeppo di elaborati, scomparso per sempre nei meandri segreti e mai sufficientemente esplorati di un’epoca che si contraddistingueva con furiose battaglie socio-politico-sanitarie. E se mai favoritismo politico ci fu, i fatti e la storia degli anni successivi hanno dimostrato che mai scelta fu più giusta e che molto verosimilmente quella fu l’unica grande scelta socialista in favore di tutti attraverso una sanità sconosciuta ai più di quel tempo.  E non solo per le disavventure giudiziarie di Azzolina ma anche, se non soprattutto, per il lavoro altamente professionale che Giuseppe Di Benedetto, con una meticolosità quasi maniacale, ha saputo mettere in campo per oltre venti anni in forza di scelte capillari nella metodologia da seguire e di scelte accurate nella ricerca ed acquisizione di tutte le professionalità necessarie al buon esito dell’avventure. In quegli anni, come oggi, sembrava di entrare nel reparto di un ospedale cantonale della Svizzera (e io sono stato in entrambe le realtà !!), tanto era ed è perfetta la sua organizzazione. Allora un manipolo di perfetti sconosciuti, ma dalle grandi capacità professionali, credette in un sogno; con il tempo quel sogno è diventato una realtà viva e palpitante grazie anche all’apporto di tutti i componenti di una vera e propria legione che aveva rapidamente ingrandito e sostituito il manipolo, senza rottamarlo ma affiancandolo per andare insieme verso il successo. Certo ci sono stati anche i momenti bui ma la luce dei grandi successi ha coperto sacrifici e ambizioni personali; tutti erano disposti a cedere qualcosa di proprio per il bene della struttura e per la realizzazione di quel sogno. Ma al di là di ogni indiscrezione, di ogni diceria, di ogni velenosa malignità, non va sottaciuto il fatto che quella che potremmo definire “un’isola felice” nell’ambito di una landa quasi desertica del resto del grande ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona non è stata mai “pienamente” asservita alla politica. Ora si vuole assoggettare quella splendida struttura sanitaria alla politica, quella con “P” maiuscola (non nel senso di grande politica ma di politica tendente ad accaparrare quanto più potere possibile, e la sanità è un enorme potere), con tutti i gravissimi rischi connessi che la politica porta con se e che l’autoreferenzialità fa lievitare a dismisura. Dicevo all’inizio che bisogna essere cauti nei giudizi perché “la sanità è di tutti” e che ad essa dovremmo tutti avvicinarci tenendo conto del bene comune che rappresenta e lasciando fuori della porta le mire di conquista di nuovi orticelli di potere. Per questo mi accingo a correggere lestamente un errore formale che ho commesso, nei precedenti articoli, affermando che l’esistenza della “cardiochirurgia d’urgenza” e la “cardiochirurgia di elezione” era apparsa con il pensionamento del primario Di Benedetto. Non è così, questa suddivisione esiste già da parecchio tempo anche se le due divisioni sono stati retti da un “unico primario” e creati per meglio organizzare il lavoro che, soprattutto, nel mondo della sanità è pur sempre perfettibile. Ed ora veniamo al problema reale che sembra affliggere il travaglio della successione apertasi con il pensionamento del primario che racchiudeva in se sia la conoscenza del mestiere che la totale dedizione dei suoi collaboratori. Sembrerebbe comodo e facile, come già scritto, nominare due primari (ora si chiamano dirigenti di dipartimento) per il governo differenziato di due momenti molto importanti della cardiochirurgia, l’urgenza e la elezione, se non fosse che in pratica i due momenti si fondono e si miscelano di continuo non essendo possibile una netta demarcazione tra le due diverse esigenze sanitarie. Del resto spaccare in due una struttura che ha sempre dimostrato la sua funzionalità, e che soltanto se unita può assicurare il massimo della sua potenzialità, sarebbe una vera iattura; ecco, allora, che scendono in campo (nel silenzio assordante di una stampa che fa finta di non sapere !!) 91 operatori sanitari con un appello angoscioso ed angosciante che ho già pubblicato nell’articolo di ieri e che ripropongo anche oggi:  “Il personale TUTTO di cardiochirurgia, in virtù del ventennale lavoro di equipe, che ha prodotto e produce ottimi risultati, è fortemente ANGOSCIATO da un eventuale cambio di gestione al vertice dell’UOC di Cardiochirurgia. E ritiene sia fondamentale, al fine di mantenere gli standard qualitativi, sia gli equilibri interpersonali, che venga confermata l’attuale gestione in corso”. Ma gli operatori, dando per scontato che la cardiochirurgia debba rimanere unita (parlano della UOC di cardiochirurgia !!) avanzano perplessità sul “cambio di gestione al vertice” della stessa UOC; in pratica, se interpreto bene l’italiano, nella cardiochirurgia di Salerno ci sono almeno 90 persone che vorrebbero continuare a lavorare con i sistemi dettati dal prof. Severino Jesu (che in pratica ha sostituito Di Benedetto dopo il pensionamento ed ha surrogato le peculiarità di Enrico Coscioni perché impegnato da anni in Regione). Ma ci sono almeno due aspiranti a tale prestigioso incarico, potrebbe essercene qualche altro se la scelta, invece di affidarla solo alla politica, venisse presa sulla base della corretta analisi della valutazioni da parte dell’ O.I.V (prima) e dell’ O.M.V. (poi) di tutti gli aspiranti all’incarico. Sembra, difatti, che in passato siano state effettuate specifiche valutazioni delle quali, come nello stile classico di questo Paese, non si è saputo più niente. Ammesso che esistono è giunto il momento di tirarle fuori e di depositarle sul tavolo dei giochi senza barare; altrimenti non si riesce proprio a capire a cosa servono i nuclei di valutazione e/o le commissioni di indagini. Sto ancora aspettando di conoscere l’esito di una commissione d’inchiesta, ad esempio, che fu nominata dalla ASL per indagare su un medico che in un anno aveva guadagnato circa 800mila euro. Ma, ovviamente, siamo alle solite e la politica avrebbe deciso di infischiarsene dei 90 operatori, delle valutazioni e delle oggettive necessità funzionali di una struttura fondamentale per il bene di tutta la sanità salernitana e di prendere due piccioni con una fava a costo di una sostanziale divisione della cardiochirurgia. Alla prossima.

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